Ossessione? Solo sesso e niente eros. Ecco il film da vedere (su Netflix e Prime Video)
Ossessione, miniserie Netflix in quattro episodi, adatta Il danno, romanzo di Josephine Hart, ma non si dimostra all’altezza né della fonte narrativa né del suo primo omonimo adattamento cinematografico. Ecco perché. E perché non è del tutto un male.
Netflix ricava dal romanzo bestseller della scrittrice irlandese Josephine Hart, Il Danno (1991), Ossessione, una miniserie in quattro episodi che non altera il plot del libro ma, al solito, nel tentativo di attualizzarlo, ne addomestica i significati, banalizzandolo e consegnandolo all’archiviabilità. Non tutti i mali, però, vengono per nuocere: Ossessione può e deve diventare, infatti, l’occasione per recuperare l’adattamento del romanzo diretto da Louis Malle, sempre disponibile su Netflix e ugualmente su Prime Video, nonché l’opera narrativa dell’ingiustamente dimenticata Hart.
Chi è Josephine Hart, l’autrice del bestseller Il danno, da cui è tratta la miniserie Ossessione
Josephine Hart (1942-2011) è stata una scrittrice irlandese, prematuramente morta di cancro a 69 anni. Ha vissuto un’infanzia segnata dall’educazione cattolica e dall’amore per la poesia, unico strumento di redenzione dal dolore e dai lutti: ancora piccola, si è ritrovata a dover testimoniare la morte tragica e precoce di tre dei suoi sei fratelli. La tragedia sarebbe diventata, non a caso, la sua vocazione di scrittrice. Ventenne, trasferitasi a Londra e avviatasi allo studio del teatro, cambia repentinamente strada e si dedica all’editoria: nel giro di qualche anno, si fa un nome nel campo e, in poco tempo, diventa anche produttrice di spettacoli teatrali, un compromesso tra la sua antica passione di ragazzina e l’esigenza di proteggersi, di non esporre sé stessa al confronto ustionante con quella materia emotiva che, nel teatro, trova solo una sublimazione parziale. Alla scrittura narrativa arriva tardi, quando ha già quasi cinquant’anni. Il suo romanzo più celebre – bestseller internazionale – è Il danno, pubblicato nel 1991. L’anno successivo Louis Malle decide di adattarlo per il cinema e ne fa un film con protagonisti Jeremy Irons e Juliette Binoche.
Oggi quel suo primo successo editoriale è tornato d’attualità perché Netflix ha appena reso disponibile agli abbonati una miniserie in quattro episodi, dal titolo Ossessione, che aveva l’ambizione non solo di sottrarlo alla dimenticanza e all’obsolescenza, ma anche di grattar via un po’ di polvere e di attualizzarlo. Eppure, Il danno non aveva alcun bisogno di essere attualizzato perché è già di per sé più che attuale. Ossessione ha, quindi, il merito – l’unico – non tanto di valorizzare il testo da cui parte, testo che anzi tradisce, ma di rendere urgente una duplice riscoperta o, per i più giovani, una scoperta del tutto nuova: del romanzo di Josephine Hart e del suo primo omonimo adattamento da parte di Louis Malle. Disponibile questo ultimo in piattaforma: sia su Netflix sia su Prime Video.
Il danno: un romanzo ‘psicoanalitico’ di cui Malle e i suoi attori restituiscono finemente il carattere destabilizzante
Il romanzo, con estrema rapidità di tratto, insegue il compiersi di una profezia sinistra, il cui esito, pur senza contorni tragici definibili, si presagisce fin dalle prime pagine, grazie alla narrazione vertiginosa e insinuante di cui è capace l’autrice: Stephen Fleming, un chirurgo affermato, cinquantenne, alto funzionario di governo, è calamitato dall’enigmatica Anna Barton, fidanzata del figlio Martyn. L’attrazione tra loro è fatale – e Fatale è anche il titolo della traduzione francese del testo – e risveglia nell’uomo una pulsionalità troppo a lungo repressa. “Vedo solo te”, le dice lui dopo un incontro sessuale consumato fugacemente contro le porte di una chiesa, e lei replica, secca: “Non sembri aver visto molto nella vita”. Anna ha colto nell’uomo sedotto – ed è riuscito a sedurlo in virtù di quell’intuizione – la contrazione vitale, il sacrificio del desiderio e del corpo all’ambizione e all’apparenza. Quando, però, l’erotismo congelato di Stephen si slatentizza, liberandosi, l’appetito fisico assume per lui un carattere rovinosamente impellente. La seduzione di Anna – chi è davvero questa donna? In lei convivono maschile e femminile, attività e passività, colpa e innocenza, e di certo la sua psicologia esprime un’egosintonica perversione –, s’iscrive invece nel terreno della coazione a ripetere.
Il titolo del romanzo, Il danno, richiama il significato etimologico di trauma, dal greco “ferita; lacerazione”: il trauma è una rottura – un danno, appunto – che s’incide nella memoria affettiva dell’inconscio e chi lo subisce, nella speranza sempre inconscia di riuscire finalmente a dominarlo, tende a ripeterlo, passando così dalla condizione passiva di vittima a quella attiva di carnefice, anche se la questione si radica perlopiù nella spinta inconscia, da cui la coscienza è agìta ben al di là della volontà. Anna Barton è stata prima ‘presa’ in un rapporto incestuoso con il fratello; poi, quando è riuscita a liberarsene attraverso l’amore ‘esogamico’ per Peter, ha assistito al suicidio dello stesso fratello, distrutto dal suo abbandono.
Ciò ha rappresentato per lei un nodo traumatico: apparentemente sopravvissuta all’impatto che questo ha avuto per la sua psiche, una psiche impreparata e incapace di elaborare e bonificare simbolicamente l’inimmaginabile del dolore, ha trovato come soluzione ripetere quel che ha subìto imponendolo ad altri. Quando la madre di Anna conosce Martyn, fidanzato e promesso sposo della figlia, non può fare a meno di notare la somiglianza con il proprio figlio perduto, il fratello-amante della giovane. Scegliendo un uomo simile al fratello e tradendolo con il padre, Anna replica il doppio trauma della perdita violenta e dell’incesto, ma questa volta non è più impreparata come la prima volta, non è più lei soltanto la vittima.
Juliette Binoche, nel film di Malle, riesce a mimetizzare l’ambiguità del personaggio: la sua Anna si fa ‘usare’ sessualmente da Stephen, e infatti il suo corpo si abbandona al sesso come un fantoccio e risponde allo stimolo erotico ora selvatico ora acquiescente. La manipolazione sottile che esercita non si esprime mai in termini grossolani, ma in accenti leggeri, di sottili scarti rispetto a una generale, eloquente, enigmatica apatia. Jeremy Irons, nervoso nel corpo che sussulta alla scoperta di un piacere non più disciplinato dal dover essere, restituisce insieme con eleganza ed efficacia non tanto l’ipocrisia del personaggio, quanto la sua impotenza di fronte all’urgenza dell’esperienza erotica come via verso un nuovo sé, forse quello più autentico.
Ossessione senza ossessione: una miniserie aliena alla scrittura del desiderio, e che, per questo, manca il punto
Ossessione, diretta da Glenn Leyburn e Lisa Barros D’Sa, aggiorna il tempo dell’ambientazione, cambia qualche nome, accentua le implicazioni masochistiche della relazione tra Stephen – nella serie William – ed Anna, ma nella sostanza conserva il plot: le differenze, nell’operazione di trasferimento della storia dal codice autarchico della narrativa a quello multimediale dell’audiovisivo seriale, riguardano soprattutto l’apertura a una sensibilità altra, che potremmo definire woke, con particolare attenzione alla questione del consenso. Ma Il danno, come aveva ben compreso Louis Malle, oltre che sul trauma e le conseguenze di sopravvivergli senza averlo elaborato, è un romanzo sul desiderio, un desiderio che si rivela nel corpo e si mostra ingovernabile, illogico, sconveniente, un desiderio che, se seguito fino alle sue estreme conseguenze, conduce per forza alla rovina e alla perdita, alla deposizione del potere.
Di desiderio, in Ossessione, non c’è traccia. Come scriveva Marguerite Duras, “quel che è all’origine dell’erotismo non è il sesso, bensì il desiderio e il desiderio non si placa con il sesso; il desiderio è un’attività latente, che somiglia alla scrittura: ciascuno di noi desidera come scrive, sempre”. Nella scrittura di Morgan Lloyd Malcolm, la sceneggiatrice di Ossessione, non solo non riesce a incagliarsi il desiderio dei personaggi, ma neppure essa stessa somiglia al desiderio, ha forma di moto desiderante. Non scrive mai il desiderio, come invece la scrittura filmica di Malle riesce a fare. È tutta chiusa nella preoccupazione di adeguarsi a un presunto spirito del tempo, priva di qualsiasi trascendenza rispetto al compitino adattativo: adattativo rispetto al romanzo e rispetto alle coordinate culturali prese a riferimento.
Anche il modo in cui viene rappresentato il rapporto tra dominio e sottomissione nella sessualità dei protagonisti è comunque riconducibile a un’intenzione di ordine ‘vigilanza’, e infatti viene introdotta e sviluppata dalla serie la tematica del BDSM, una modalità di strutturazione – e, quindi, di controllo – della pratica sessuale. “Per non lasciarmi influenzare, ho scelto anche di non vedere il film con Juliette Binoche e Jeremy Irons che dal romanzo ha tratto Louis Malle. In quel caso, so che i due protagonisti non andavano d’accordo sul set: gli attori che avrei scelto per i miei Anna e William avrebbero invece dovuto fare il contrario, rispettandosi e sentendosi protetti”: ha dichiarato.
Eppure, se anche Juliette Binoche e Jeremy Irons sul set non si sono piaciuti, hanno saputo incanalare l’antipatia nella resa della passione tra i personaggi – in realtà di uno dei personaggi per l’altro, in quanto il desiderio di Anna è sempre altrove: la sua persona “importante” è un’altra, come argutamente osserva Ingrid, moglie di Fleming – e hanno saputo farlo perché non hanno avuto paura dei sentimenti sgradevoli. Il danno è invece un’opera piena di sentimenti sgradevoli e affronta proprio ciò che è disturbante. E nulla è più disturbante di quel che desideriamo senza sapere perché. Peccato che Ossessione vada da un’altra parte, rifiutando di confrontarsi sia con il mistero del capovolgimento traumatico – da subìto ad agìto – sia con quello ancora più grande dell’emergere di un desiderio erotico depredante. Ma, se manca l’occasione di elaborare una scrittura autonoma e convincente, ne offre un’altra al suo pubblico: l’invito a cercare il testo da cui proviene e, magari, leggerlo. E, ancor meglio, a recuperare anche l’adattamento magistrale di Louis Malle.