Panic Room: la spiegazione e il finale del film di David Fincher
Dal regista di Seven e Fight Club, un thriller claustrofobico e agghiacciante con protagonista Jodie Foster nei panni di una madre costretta a trovare una via di fuga dalla sua stessa abitazione.
Dopo i grandi successi dei suoi precedenti film, diventati con il tempo dei veri e propri cult del genere, David Fincher si conferma per l’ennesima volta come un maestro dei thriller ansiogeni e dalle trame intricate grazie all’ ennesimo capolavoro Panic Room, quasi interamente ambientato all’interno di un appartamento nel cuore di New York.
Lo sceneggiatore David Koepp, noto per aver scritto in passato i primi due capitoli della saga di Jurassic Park, si ispirò alle notizie che circolavano agli inizi del 2000 riguardanti le panic room, delle camere blindate che venivano installate all’interno di abitazioni di persone facoltose per consentirgli un luogo sicuro in cui nascondersi in caso di violazioni di domicilio, effrazioni, tentativi di rapina, uragani e altre minacce. L’idea stessa della panic room, ossia di un posto in cui nascondersi in situazioni di pericolo, impenetrabile con le sue innumerevoli telecamere di sicurezza, radiotrasmittenti e sofisticati sistemi di allarme, è di per sé perfetta per l’ambientazione di un film atto a creare suspense in chi guarda.
Nonostante all’epoca dell’uscita nelle sale non abbia ricevuto l’acclamazione da parte della critica come le precedenti pellicole di Fincher, Panic Room ha ottenuto in seguito molti commenti positivi per via della sua capacità di mantenere alta la tensione dall’inizio alla fine, con diverse analisi che hanno sviluppato come sia riuscito a trasporre importanti tematiche quali la forza delle donne in situazioni di pericolo, le problematiche dell’adolescenza, la tecnologia di videosorveglianza sempre più presente nella vita di tutti i giorni e le complicazioni legate al diabete. In altre parole, non solo un intricato film thriller con lo scopo di generare panico e sgomento ma un’opera con solide basi su cui riflettere e interrogarsi in seguito alla visione.
Panic Room: un thriller claustrofobico ad alta tensione
Dai titoli di testa, con i nomi che risaltano in mezzo ai palazzi di una New York cupa e funesta e che si confondono con gli alti edifici che popolano la città, si riesce già a percepire una sensazione di inquietudine che pervade ogni angolo e che si insinua nello spettatore. Queste prime inquadrature mostrano la bellezza della metropoli dall’alto ma ci si sente come intrappolati e sospesi su un filo tra un grattacielo e un altro, come a simboleggiare l’angoscia che provano le due protagoniste rinchiuse dentro la stanza, che le protegge e al tempo stesso le condanna.
La storia inizia con la protagonista Meg Altman (Jodie Foster) e la sua figlia undicenne Sarah (Kristen Stewart) che si trasferiscono in un’abitazione dell’Upper West Side per cominciare una nuova vita. Il precedente proprietario dell’appartamento, un milionario di cui non si sa praticamente niente, aveva installato in una delle stanze una panic room per proteggersi dagli eventuali malviventi che potevano introdursi in casa. La camera è protetta da un porta blindata impenetrabile e al suo interno si può trovare praticamente di tutto, da un sistema di sorveglianza con molteplici telecamere a un interfono e persino un sistema per comunicare con l’esterno. Una sorta di prigione di massima sicurezza in miniatura, che può rappresentare la prospettiva di una vita migliore, più agiata e tranquilla, o un incubo senza via d’uscita.
Durante la prima notte nella nuova casa, tre delinquenti irrompono nell’appartamento con l’intento di rubare 3 milioni di dollari conservati nella camera blindata. La banda di intrusi, composta da Junior (Jared Leto), il nipote del precedente proprietario, Burnham (Forest Whitaker), un impiegato della compagnia di sicurezza dell’edificio e Raoul (Dwight Yoakam), un criminale assoldato da Junior, scopre ben presto che la casa non è disabitata come credevano ma prima di poter raggiungere Meg e Sarah, queste ultime riescono a svegliarsi in tempo e, attraverso una corsa all’ultimo secondo, si rinchiudono all’interno della camera blindata nella quale, sfortunatamente, non era stato collegato il telefono da usare in caso di emergenza.
A quel punto, i rapinatori faranno di tutto per costringere le due donne a uscire dalla panic room e Meg e Sarah dovranno cercare in tutti i modi di inventarsi una maniera per contattare aiuto. I disperati tentativi delle protagoniste, per quanto ingegnosi ed elaborati, sembrano che non portino a niente: l’astuto segnale per mezzo di una torcia e del codice morse arriva al vicino di casa che però non sembra interessato ad aiutarle; in seguito, Meg riesce a collegarsi al telefono principale e a chiamare l’ex-marito Stephen, ma prima che possa informarlo degli eventi, i rapinatori tagliano la linea lasciandole nuovamente nel più totale silenzio.
Panic Room: il precipitare degli eventi che anticipano il finale
Anche gli stratagemmi architetti dai malviventi falliscono miseramente e, attraverso una svolta inaspettata, Junior decide di abbandonare il colpo, lasciandosi scappare che nella cassaforte ci sono molti più soldi di quanti ne aveva fatti credere ai suoi complici. Prima che possa andarsene, egli viene sparato alle spalle da Raoul, il quale minaccia Burnham di finire ciò che si è iniziato e di farsi venire in mente un’idea per raggiungere i soldi se non vuole fare la stessa fine. Da quel momento in poi si ha un incalzante susseguirsi di avvenimenti al limite della tensione. Dopo aver ricevuto la chiamata, Stephen arriva a casa di Meg e viene preso in ostaggio da Burnham e Raoul, il quale lo picchia quasi a morte.
Vedendo il padre ridotto in quelle condizioni, Sarah ha una crisi a causa del suo diabete e, attraverso una sequenza adrenalinica, si ha uno stravolgimento degli eventi: Meg corre fuori dalla stanza per prendere il kit di emergenza per la figlia ma prima di riuscire a rientrare nella panic room, la donna incontra per il corridoio Raoul con il quale ha una colluttazione. La donna riesce a disarmare il malvivente e a prendere la pistola ma, nonostante questo, entrambi i rapinatori riescono a inserirsi all’interno della camera blindata e a lasciarla fuori. Prima che questa venga chiusa, Meg riesce a lanciare dentro la siringa per l’insulina e nel contempo a far sì che Raoul si stritoli la mano nella porta. Non potendo iniettare il medicinale alla figlia, sarà Burnham che, mostrando compassione per Sarah e per sua madre, le salverà la vita.
Panic Room: un finale rapido ma carico di angoscia
Dopo una delle sequenze più emozionanti, il film si avvia quindi verso una conclusione molto veloce, ma non meno carica d’ansia. I due poliziotti, avvisati precedentemente da Stephen, arrivano all’abitazione ma non risolveranno niente in quanto Meg sarà costretta a mentire per evitare ripercussioni sulla ragazza che sarà presa in ostaggio. Una volta che i due malviventi recuperano i soldi ed escono dalla stanza, Meg riuscirà a colpire con una mazza Raoul, il quale viene poi sparato, ma mancato, da un ancora vivo e vegeto Stephen. Per evitare che l’uomo uccida Meg, Burnham sarà costretto a uccidere il complice mostrando come lui fosse realmente solo interessato ai soldi e non abbia mai voluto che alla famiglia venisse fatto del male. Nonostante questo suo gesto, egli non riuscirà ad allontanarsi dall’abitazione e sarà fermato dai poliziotti che erano rimasti nei paraggi per accertarsi della situazione. Poco dopo, si vedrà come Meg e Sarah, sopravvissute incolumi all’accaduto e, forse più forti di prima, ricominciano la ricerca per una nuova abitazione.
David Fincher riesce a creare un thriller ad alta tensione con note drammatiche, ambientandolo quasi esclusivamente all’interno di un’abitazione e riuscendo a imprimere nello spettatore il senso di claustrofobia di una camera che rappresenta un’ancora di salvezza e contemporaneamente una prigione senza via d’uscita. David Koepp bilancia perfettamente i temi drammatici del film con la necessità della suspense, introducendo e analizzando tematiche importanti senza far rallentare la storia ma piuttosto enfatizzando i momenti di tensione attraverso un uso geniale dei contenuti per la creazione di pieghe inaspettate nello svolgimento degli eventi. Nonostante Jodie Foster non sia stata la prima scelta per il ruolo di Meg, dopo aver visto il film non si riesce a immaginare nessun’altra attrice nei panni di questa madre forte, disposta a inventarsi qualsiasi modo per proteggere la figlia. Per quanto tutti gli attori siano calzanti nella propria parte, è lei che riesce a trascinare lo spettatore verso un vortice di terrore che permane anche dopo la visione del film. Una protagonista femminile tenace per un film che vi farà avere paura di rimanere soli in casa.