Papillon: la spiegazione del finale del remake con Rami Malek
Remake dell’omonima pellicola del 1973 con Steve McQueen e Dustin Hoffman, nel 2018 il film Papillon ha portato di nuovo in scena la tragica ma speranzosa storia di Henri Charrière, un prigioniero innocente che era riuscito a fuggire dalla temibile colonia penale della Guyana francese dopo ben 9 tentativi di evasione.
In un periodo ricolmo di remake, sequel, prequel, spin-off e qualsiasi altro mezzo utile per fugare la progressiva mancanza di idee che imperversa nel cinema di tutto il mondo, non stupisce vedere perfino i grandi classici rimaneggiati con lo scopo di ottenere una versione più moderna, sofisticata e attuale. E nella lunga lista di rifacimenti in chiave odierna si è aggiunto nel 2018 anche Papillon, film originale del 1973 con protagonisti gli insormontabili Steve McQueen e Dustin Hoffman che davano forma e carattere all’ultima sceneggiatura scritta da Dalton Trumbo, il quale aveva ripreso il soggetto dal romanzo di autobiografico di Henri Charrière che documentava con minuzia di particolari le incredibili torture e i metodi efferati che il sistema giudiziario adottava in quell’epoca e che egli stesso in prima persona aveva subito prima di riuscire a fuggire.
Ancora oggi, Papillon viene considerato come una delle pellicole di maggior successo ambientate in carcere, capace di mostrare in tutta la sua spietata brutalità la crudezza e la disumanizzazione che i detenuti erano costretti a sopportare all’interno di uno dei sistemi carcerai peggiori al mondo, ossia la famigerata colonia penale della Guyana francese, partendo da un direttore inflessibile di fronte alla più flebile disobbedienza fino ad arrivare alle guardie che, in alcuni casi, si trasformavano in molestatori disposti a tutto per vessare i detenuti. In una situazione disperata in grado di far perdere la ragione alla più assennata delle persone, il protagonista del film riusciva a conferire una nota di speranza e forza con la sua notevole capacità a reagire alle devastanti torture che gli venivano inflitte e a non perdersi d’animo nonostante i continui e ripetuti fallimenti nel corso dei vari anni di prigionia. Prima di riuscire a scappare, Henri Charrière tentò ben nove fughe suddivise in un periodo di tredici anni, effettuate tra Saint-Laurent-du-Maroni, l’isola di San Giuseppe, l’isola del Diavolo, in Colombia e infine in Venezuela. L’ultima evasione, avvenuta dall’isola del Diavolo, lo portò fino a Caracas nel 1945 dove riuscì finalmente a ricostruire la sua vita senza doversi preoccupare dell’estradizione.
Papillon documenta con dovizia di immagini i differenti tentativi di fuga architettati dal protagonista e la sua irriducibilità nel non fermarsi di fronte agli ostacoli più evidenti, rappresentando la fermezza e il coraggio di non arrendersi mai, di non perdere mai la fede nelle proprie capacità, nemmeno nelle circostanze più sconfortanti in cui mollare sembra la soluzione più semplice e adeguata. Nella sua immensa solennità, il mito Steve McQueen si era fatto carico di incarnare un personaggio indimenticabile dalla forza singolare e destinata a entrare nella storia, coadiuvato dall’incredibile sintonia messa in atto con il suo co-protagonista Dustin Hoffman. In questa versione uscita nel 2018, a riprendere le redini dei protagonisti Henri ‘Papillon’ Charriere e Louis Dega sono rispettivamente le due star Charlie Hunnam e Rami Malek, che fino a quel momento non avevano mai dovuto subire il confronto con le leggende del passato e che, grazie a una buona armonia stabilita tra di loro, sono riusciti a non sfigurare eccessivamente nell’adattamento più pulito ed elegante diretto da Michael Noer. La pellicola riprende apertamente e con gli stessi toni taglienti le diverse vicende della storia originale, operando alcune modifiche a livello di intreccio, soprattutto in occasione del finale, ma mantenendo immutato un Papillon che, con il viso da birbante di Hunnam, sembra perfino più sbruffone della versione precedente.
Papillon: recensione del film con Charlie Hunnam e Rami Malek
Henri Charrière, soprannominato Papillon per via di una farfalla che porta tatuata sul torace, è un venticinquenne scapestrato che prova a sopravvivere come piccolo scassinatore nella Parigi degli anni ’30, lavoro che lo porta a frequentare persone poco raccomandabili. Nonostante egli abbia un alibi confermato dalla sua innamorata, il ragazzo finisce per essere accusato di un omicidio non commesso e, in seguito, condannato ai lavori forzati presso la temibile colonia penale situata sull’Isola del Diavolo, nella Guyana francese, una prigione infernale dalla quale nessuno è mai riuscito a fuggire. Il remake ci offre un leggero squarcio della vita di Papillon nella capitale parigina e del suo viaggio per raggiungere il carcere, espandendo l’introduzione piuttosto che buttarci a capofitto nell’anima della storia, come invece aveva preferito fare la pellicola originale.
A bordo della nave per il Sudamerica, Henri conosce colui che si rivelerà il suo più fidato compagno di prigionia e devoto amico, un celebre ed eccentrico contraffattore chiamato Louis Dega, il quale ha portato con sé una discreta quantità di denaro che gli permetterà di resistere finché sua moglie non provvederà a chiarire la situazione per cui è stato mandato ingiustamente in carcere. Il giovane possiede ancora una forte speranza verso il sistema mentre Papillon, al contrario, è consapevole che non c’è più alcun modo di risollevare le sue sorti tramite i metodi giudiziari, capendo sin da subito che l’unico modo per riacquistare la propria libertà è di scappare al più presto dall’isola verso la quale è diretto, per quanto impossibile gli venga raccontato. La sola via di salvezza è pianificare una fuga e ricominciare una vita altrove, lontana dalle persona amata e che in poco tempo lo dimenticherà.
In seguito a un tentativo di rapina a bordo della nave, Henri salva Louis e viene punito severamente dalle guardie per la sua insubordinazione. A questo punto, rendendosi conto del pericolo che incombe e dei benefici che entrambi possono offrire nei confronti dell’altro, Papillon e Dega formano una solida alleanza attraverso la quale il primo tenterà di organizzare delle fughe utilizzando il denaro finanziato dal secondo e, con il tempo, questa improbabile collaborazione si trasformerà in una splendida e durevole amicizia. Una volta arrivati sull’isola, il direttore del carcere redarguisce i nuovi arrivati con il suo discorso di introduzione, che spiega come ogni possibile tentativo di fuga sarà rigidamente punito con punizioni sempre più crudeli: alla prima prova, il detenuto sarà costretto a restare due anni in isolamento forzato con il quantitativo minimo di pane e acqua, al secondo tentativo, la pena si estenderà per cinque anni e, se nonostante questo il prigioniero continuerà a pianificare delle evasioni, egli sarà giustiziato di fronte a tutti gli altri carcerati. Questa presentazione non scalfisce minimamente l’animo di Papillon che, in coppia con Dega, inizia i lavori forzati e particolarmente faticosi nella giungla dell’isola.
Un giorno, mentre Papillon e Dega sono impegnati a trasportare il cadavere di un prigioniero ghigliottinato, una guardia inizia a frustare il giovane contraffattore. Per salvare l’amico e notando al contempo una finestra di opportunità, Henri colpisce la guardia con un sasso e scappa nei meandri della giungla nel suo primo tentativo di fuga. Purtroppo, però, egli viene facilmente catturato dalle guardie che lo portano nella cella dove dovrà scontare due anni di isolamento. Sentendosi in colpa per ciò che è successo e cercando un modo per essere riconoscente nei confronti dell’amico che lo ha salvato, Dega decide di inviare supplementari razioni di cibo a Papillon in modo che si mantenga in forze e riesca a superare facilmente i prossimi due anni. Quando il traffico di porzioni supplementari viene scoperto dal direttore della prigione, quest’ultimo impone al ragazzo una pena supplementare nella speranza di ottenere il nome del compare che lo sta aiutando, costringendolo a rimanere sei mesi in completa oscurità e dimezzando le già precarie razioni di cibo. Nonostante il periodo trascorso e le sue condizioni di salute, Papillon si rifiuta di tradire l’amico e viene tenuto per il restante tempo nelle stesse condizioni, riducendolo a un ammasso di pelle e ossa tenuto in piedi dai pochi insetti che trova a passeggiare nella sua cella.
Il giovane riesce a resistere fino alla fine del suo periodo di isolamento e viene così mandato all’infermeria di St-Laurent-du-Maroni in modo da ristabilirsi e recuperare le forze, ma soprattutto la sanità mentale che finge abilmente di aver perso, così da ricominciare a prendere parte al più presto ai lavori forzati. Henri si riunisce con Louis e insieme pianificano una nuova fuga attraverso un uomo chiamato Celier che ha un aggancio per trovare una barca con la quale sperano di arrivare alla costa sudamericana. Per riuscire nel loro intento, Papillon aggiunge al loro piccolo team di evasori un quarto ragazzo di nome Maturette che viene molestato da una delle guardie. Durante una serata di intrattenimento conviviale tra i vari responsabili della prigione, Dega fa ubriacare le sentinelle cosicché, in una rocambolesca fuga, i detenuti riescono a superare le mura che circondano il carcere ma, nella caduta, proprio Louis finirà per rompersi una gamba e renderà il tentativo di fuga decisamente più disparato. I quattro raggiungono la barca che gli era stata promessa ma, una volta in mare aperto si rendono conto che una tempesta incombe su di loro e che l’imbarcazione è gravemente compromessa. Celier tenta quindi di uccidere Dega, considerato il membro del gruppo più debole ora che è infortunato e, durante la lotta, finisce per rimanere ucciso lui stesso. Fortunatamente, i tre sopravvissuti riescono a raggiungere in seguito un convento colombiano dove vengono assistiti dalle suore.
Papillon: la spiegazione del finale del film
Purtroppo, la ritrovata libertà e la adorata pace che tanto avevano agognate sono destinate ben presto a spezzarsi in quanto, scoperto della loro provenienza dal carcere dell’Isola del Diavolo, la Madre Superiora del convento decide di chiamare le guardie affinché vengano a prenderli per scontare la loro pena in prigione. A Papillon stavolta aspettano cinque anni di isolamento dopo essere stato vicinissimo alla sua tanto desiderata fuga e, alla fine di questo periodo, per lui non rimarrà nient’altro che soggiornare nelle alte scogliere dell’Isola del Diavolo, dalle quali nessuno nemmeno osa immaginare di scappare, poiché troppo vecchi, emaciati o disperati per farlo. Henri ritrova per l’ennesima volta Louis, che è stato confinato in quel luogo in seguito al loro tentativo di evasione e che, ormai, è troppo stanco e sfiduciato per tentare un’ennesima volta. Egli è rassegnato al suo triste destino e non possiede più alcuna speranza per il futuro, rimanendo così solamente il guscio vuoto del giovane che un tempo era. D’altro canto, Papillon non ha alcuna intenzione di mollare e dopo giorni di complesse elucubrazioni, arriva all’idea di legare insieme delle noci di cocco per costruirsi una sorta di zattera che lo porterà al largo con un giusto calcolo del movimento delle onde.
A seguito della spiegazione del suo piano, Papillon chiede a Dega di seguirlo, ma quest’ultimo ha ormai compiuto la sua scelta di rimanere sull’isola per finire di vivere lì la sua vita. La delusione nel sapere che la giustizia non lo ha rilasciato è così profonda che ormai non gli resta nulla per cui lottare, relegandolo a un’esistenza spersonalizzata composta da una routine labile e priva di significato, proprio come quella che è la sua vita. Apatico e sconsolato, spoglio di qualsivoglia emozione e desiderio, a Dega non rimane niente se non salutare per l’ultima volta il suo caro amico e augurargli ogni fortuna per il difficile tentativo che lo attende. I due si salutano sulla scogliera e, con il rinnovato senso di speranza che stavolta sarà quella vittoriosa, Papillon si getta in acqua e, grazie al suo calcolo esatto, riesce a sopravvivere e a farsi trasportare dalle onde verso l’amata libertà. Ora è di nuovo un uomo libero e padrone di se stesso e finalmente ha l’opportunità di ripartire da zero con la sua vita, a cominciare da un libro che racconta minuziosamente le sue incredibili e sofferte memorie. Il film chiude abbinando alla nota di speranza e al lieto fine della storia di Henri, il ricordo drammatico delle persone che si apprestavano a dirigersi verso la colonia penale della Guyana francese per vivere il loro inferno personale, alcune volte senza nemmeno possedere una colpa da espiare.
Più di 80.000 prigionieri furono inviati alla colonia penale della Guiana francese, la maggior parte dei quali non fece mai ritorno in Francia.