Peacock: la spiegazione del finale del film con Cillian Murphy
Un impiegato di banca, la vita apparentemente tranquilla che scorre a Peacock e una ferita psicologica che sanguina nello scorrere del tempo: Peacock è un thriller psicologico delicato e agghiacciante dai molteplici significati.
Peacock di Michael Lander è uno di quei thriller psicologici che lasciano attonito e in stato interrogativo lo spettatore fino alla fine della vicenda raccontata: il finale narrativo appare anzi abbastanza chiaro e delineato, ma ad essere tante e stimolanti sono le domande che il personaggio interpretato da Cillian Murphy genera, lasciandoci in un silenzio di riflessioni che apre ad una ricca sfumatura di interpretazioni e significati.
Peacock, la trama del film: un impiegato da una duplice vita sul filo di un segreto
John Skillpa (Cillian Murphy) è un impiegato di banca che da circa un anno vive da solo nella sua casa di Peacock, dopo la scomparsa della madre. La sua è una vita tranquilla, nella quale non c’è spazio per alcuna compagnia, complici anche la sua introversione e riservatezza che lo difendono da qualsiasi possibilità di legame con l’ambiente che lo circonda.
Agli occhi del vicinato John appare un bravo ragazzo, il cui alone di mistero è frutto del lutto mai superato per la perdita della madre. Eppure in casa di John sembra esserci anche qualcun’altro: una donna che inavvertitamente prende le sue sembianze e viene scambiata per sua moglie. Quando infatti un treno deraglierà nel suo giardino e la donna finirà sulle pagine dei giornali, la sua vita casa e lavoro sarà invasa da una spasmodica attenzione del vicinato, che costringerà John a dover necessariamente familiarizzare con il mondo esterno.
Una ferita da rimarginare e un passato da sotterrare
Il nucleo di Peacock e di tutto quello che accade nell’arco dei 91 minuti del film nasce da una ferita, che probabilmente si sanerà solo a metà. John non riesce a liberarsi del fantasma della madre e da quando non c’è più, pur di lasciare intatte le abitudini che la donna aveva in casa, inizia a compiere lui stesso i suoi gesti. Indossa i suoi abiti, prepara la colazione e assapora la tranquilla vita del vicinato da dietro le finestre. Poco dopo si veste, trangugia la colazione che si è preparato lui stesso poco prima ma nei panni di sua madre, e per il resto della giornata è John, o almeno fa di tutto per cercare di esserlo.
Due eventi però gli generano una crisi esistenziale: il deragliamento di un treno nel suo giardino e il ritorno di Maggie (Ellen Page), che scopriremo essere una ragazza pagata dalla madre in passato, e che ha costretto i due ad avere rapporti sessuali. Da quegli episodi è nato un figlio, di cui John ignorava l’esistenza e che lo richiama ad un ruolo di responsabilità a lui nuovo. Il treno invece piombato nel suo giardino, proprio quando indossava l’abito di sua madre lo costringe a fingere di avere una moglie di nome Emma. Ne panni di Emma, John inizia a rendersi conto di sentirsi libero, di poter interagire e aiutare gli altri come mai gli riesce nei panni di se stesso.
Ma questo suo desiderio di essere padre e soprattutto un genitore migliore, non come sua madre, si scontra con l’ombra di sua madre, che lo spinge a vestirsi come lei, a fingersi donna, dandogli una tranquillità di muoversi nel mondo e di aiutare il prossimo in un modo a lui sconosciuto. Si genera in un lui quindi una crisi identitaria, risucchiato da un conflitto dal quale cerca in tutti i modi di salvarsi per ricominciare.
Peacock: il significato del film e le sue molteplici interpretazioni
Peacock si presta a diversi significati ed interpretazioni, legati ai piani di lettura del film. C’è il significato strettamente legato alla vicenda di John, che cerca di riprendersi la sua identità, di liberarsi del ricordo/fantasma della madre che si impossessa di lui, lasciandoci nel dubbio di quanto lui ne sia cosciente fino in fondo di questa crisi di identità.
Riconosce e percepisce che in lui avvenga questo cambiamento, che mantiene una certa ritualità ad un’ora precisa del mattino ma altre volte in momenti inaspettati della giornata. Ma quali gesti e azioni compia si accorge di scoprirlo solo dai racconti di chi gli parla del suo altro sé, Emma, che si comporta e prende decisioni diverse da lui. Non ci è dato sapere però quanto fino in fondo la coscienza di John nei panni di Emma si oscuri.
Nel terminare l’analisi del primo piano di lettura di Peacock, vediamo che John alla fine deciderà di inscenare un omicidio, far credere di essere morto e assumere per sempre i panni di Emma. Una vittoria a metà, perché da un lato la scelta appare per John quasi una liberazione, ma dall’altra significa non essere riuscito a vincere l’ombra della madre, con cui resta un irrisolto rapporto di odio e amore.
Il rovescio della medaglia però è quello di riuscire forse a compiere il gesto a lui più caro: far allontanare il figlio da Peacock, restargli lontano per impedirgli di provare tutto il dolore e l’inadeguatezza genitoriale che sente aver ereditato dalla madre. Ed in fondo questo significa essere riuscito a salvare almeno una piccola parte di sé.
Peacock, il secondo piano di lettura del film
La vicenda di John va analizzata però anche al di là della storia in sé, offrendoci un piano di lettura squisitamente psicologico che ha a che fare con l’essere umano in sé. La doppia identità di John, il suo desiderio di vestire dei panni diversi perché in conflitto con l’io sociale, quello di figlio senza madre di cui deve portare la maschera, invitano a riflettere sui numerosi frammenti che compongono le nostre identità.
Non è da escludere infatti che in un secondo piano di lettura, John indossi i panni della madre non solo per colmare una mancanza ma anche perché forse si sente più vicino ad una sensibilità ed identità femminile, che in un paesino chiuso in sé non può manifestare per non sentirsi totalmente ritagliato fuori dalla vita sociale. Paradossalmente però riesce infatti ad avvicinarsi agli altri, a comprenderli e ascoltarli solo quando è vestito da donna, dalla moglie di John.
Complessivamente inoltre John è l’emblema di un conflitto interiore che ciascuno di noi, con il proprio vissuto, deve affrontare in determinate fasi di vita, prima su tutte quella del distacco dai genitori. Ciò ci fa comprendere quanto la loro capacità di saper vegliare, consigliare ma stando dietro le quinte è fondamentale per consentire ad un figlio di riconoscersi come individuo che sia capace di camminare sulle proprie gambe. Senza correre il rischio irreversibile di ritrovarsi ad essere inconsciamente una protesi del genitore, incapace di percepirsi come entità singola.
Ma un altro aspetto da non sottovalutare è quanto nel film emerga il profondo legame che si genera con un genitore, e quanto gli intoppi e gli sviluppi perversi di questa relazione possano incidere gravemente sulla psiche di un figlio. In Peacock percepiamo come possa essere labile un ricordo, che preserva la delicatezza di gesti e attenzioni che vorremmo rivivere, ma anche l’amarezza di quanto le zone erronee di un rapporto macchino anche l’amore più viscerale.