Pier Paolo Pasolini come è morto? Tutto quello che sappiamo sull’omicidio del regista e poeta
Teorie del complotto, versioni ritrattate dopo anni e nuove testimonianze: la morte di Pier Paolo Pasolini rimane avvolta nel mistero.
Pier Paolo Pasolini è stato senza dubbio uno dei più grandi poeti, scrittori e registi della Storia italiana, noto anche come sceneggiatore, attore e drammaturgo. Saggista e critico della società italiana dell’epoca, e personaggio pubblico, Pasolini è stato e sarà sempre visto come una figura controversa, al centro di polemiche e dibattiti; la personalità e il modo in cui Pasolini viene descritto e ritratto sono sempre stati influenzati dalle sue posizioni politiche, dai suoi scritti spesso duri nei confronti dell’Italia degli anni ’60, dalle sue ideologie e dal suo rapporto con la propria omosessualità. Pasolini era inoltre solito frequentare ragazzi molto più giovani di lui, talvolta minorenni, e spesso dietro un compenso in denaro, comportamento che veniva duramente condannato.
Nato nel 1922, Pasolini è scomparso all’età di 53 anni, brutalmente assassinato. Era il 2 novembre del 1975, le 6.30 circa del mattino, quando una donna trovò il corpo del poeta massacrato sulla spiaggia dell’Idroscalo di Ostia. Pier Paolo Pasolini, successivamente riconosciuto dall’amico Ninetto Davoli, era stato picchiato e travolto più volte dalla sua stessa auto. In fin di vita dopo le percosse, a portarlo alla morte gli urti e le ferite provocate dalla vettura che gli passò sopra. Colpevole dell’omicidio venne accusato Pino Pelosi, all’epoca diciassettenne, che nel 1982 ottenne la semilibertà e l’anno successivo la libertà condizionata, venendo poi nuovamente arrestato più volte per altri reati. Morto nel 2017 Pelosi ritrattò la versione dei fatti del novembre del 1975, aumentando ancor di più il dibatto attorno all’omicidio; un delitto, dopo 54 anni, ancora in parte avvolto dal mistero.
La confessione di Pino Pelosi
Furono molte le teorie dietro la morte di Pasolini. Giuseppe Pelosi dichiarò di esser stato avvicinato dal poeta alla Stazione Termini di Roma, di aver successivamente cenato insieme alla trattoria Biondo Tevere, vicino alla Basilica di San Paolo, per poi dirigersi insieme verso la periferia di Ostia. La zona, si disse, non era sconosciuta a Pasolini che spesso si era recato alla periferia della cittadina con altri ragazzi, affittando a volte le abitazioni vicine per passarvi la notte con alti partner. Pelosi disse che lui e Pasolini ebbero un’accesa lite fuori dalla macchina dello scrittore, dopo una pretesa sessuale fatta da Pasolini stesso e che Pelosi rifiutò. Secondo il ragazzo, fu Pasolini a minacciarlo con un bastone che poi Pelosi riuscì ad afferrare e che usò per picchiare Pasolini ferendolo gravemente. Successivamente Giuseppe Pelosi sarebbe salito in auto travolgendo più volte lo scrittore, provocandone la morte sfondandogli la cassa toracica. Condannato il 4 dicembre del 1976, le altre teorie sulla morte di Pasolini avevano già iniziato a circolare.
Una di queste riguardava sempre il coinvolgimento di Pelosi, ma sosteneva che non fosse solo e che si trattava di un gruppo o di una rapina finita male. Alla base di questa teoria c’erano alcune testimonianze da parte delle persone che occupavano le abitazioni vicino all’Idroscalo, che avevano sentito urla concitate che indicavano la presenza di più di 2 persone, insieme alle disperate grida d’aiuto da parte di Pasolini. Fu anche il racconto, prima ancora che venisse ritrattato, di Pelosi stesso, a far nascere dei dubbi: il bastone di legno con cui avrebbe ammesso di aver percosso Pasolini, era in realtà una tavoletta di legno deteriorata dall’umidità, talmente rovinata da risultare difficile che potesse provocare le ferite che Pasolini riportò. Allo stesso modo fu ritenuta inverosimile anche la possibilità che un giovane minuto come Pelosi avesse potuto sopraffare con facilità Pasolini, ma ancor di più, sugli abiti di Pelosi non vi erano tracce di sangue, nonostante avesse picchiato con forza il poeta con il presunto bastone, né tantomeno presentava segni o ferite che facessero pensare a una colluttazione.
L’omicidio di Pasolini e le teorie del complotto
Venne considerata anche la matrice politica, così come un omicidio omofobo, in particolare da parte di altre 3 persone che avrebbero seguito Pasolini e Pelosi in auto. A sostegno di questa teoria, un’intervista condotta da Franca Leosini a Ombre sul giallo, a Pino Pelosi, nel 2005. Pelosi dichiarò che l’omicidio era stato commesso da altre 3 persone, che parlavano con accento meridionale, a bordo di un auto targata Catania, improvvisamente giunte sul luogo dove lui e Pasolini si erano recati. I 3, mentre picchiavano Pasolini, avrebbero inveito contro di lui dandogli dell’omosessuale usando termini dispregiativi e offensivi. Dopo l’omicidio di Pasolini le autorità ricevettero effettivamente una lettera anonima che parlava di una Fiat targata Catania che aveva seguito la vettura di Pasolini. Nel 2008 Pelosi avrebbe fatto i nomi dei suoi complici, nello stesso momento in cui un’altra teoria si stava facendo strada. Sergio Citti, collega e amico di Pasolini, disse che lo scrittore aveva avuto un incontro con dei malavitosi per la restituzione delle copie del film Salò che questi gli avevano sottratto.
Non si tratta comunque dell’unica teoria che coinvolge la criminalità organizzata: la morte di Pasolini venne collegata anche alla lotta di potere nel settore petrolchimico. Pasolini sarebbe stato ucciso perché stava lavorando, prima della sua morte, al film Petrolio che riguardava un’indagine sul ruolo di Eugenio Cefis nello stragismo italianato legato alle trame internazionali e al petrolio. Nel 2010 alcune testimonianze raccolte dai proprietari della trattoria Biondo Tevere hanno fatto sorgere ulteriori dubbi e aperto nuovi dibattiti: quando questi parlarono dell’uomo in compagnia di Pasolini, descrissero una persona completamente diversa da Pelosi: un uomo altro 1, 70 metri, con capelli biondi pettinati all’indietro, mentre Pelosi, alto poco più di 1,60 metri, aveva capelli neri e ricci. Questa, insieme a un’altra testimonianza ignota, hanno portato alla riapertura del caso, dal quale sono emerse alcune tracce di DNA sui vestiti dello scrittore, che però non è stato possibile attribuire a qualcuno in particolare o a sapere con certezza quando collocarle nel tempo, se nei giorni precedenti all’omicidio o quella sera stessa.
La “vita violenta” di Pier Paolo Pasolini
Studiosi e parenti di Pasolini hanno spesso sostenuto che fu il suo stesso stile di vita a portarlo alla morte, legato al suo modo di vivere la propria omosessualità, e definendolo spesso dedito a pratiche violente. Da scritti e testimonianze, si parla di una tendenza del poeta sadomasochista, che coinvolge le teorie del complotto, secondo alcuni appositamente create per rendere la sua doppia vita non determinante nella sua morte. Nino Naldini, cugino di primo grado di Pasolini, anche lui scrittore e poeta e omosessuale, scrisse che l’attrazione del cugino verso i ragazzi più giovani “gli faceva perdere il senso del pericolo“: rituali dove si utilizzavano corde per farsi legare e poi farsi percuotere fino allo svenimento e la richiesta di violenza durante i rapporti occasionali che aveva. “Fino alle sette di sera era una persona, dopo era tutt’altra… a me gelava il sangue quando lo vedevo il giorno dopo le sue avventure notturne pieno di graffi e lividi“, dichiarò il critico, che conobbe Pasolini quando era ancora adolescente, Giancarlo Vigorelli. Molte altre personalità si aggiunsero a sostenere la tesi che Pasolini rischiò più volte di morire, richiedendo pratiche di estrema violenza ai ragazzi che frequentava o che pagava per il loro tempo, dando così adito anche alla teoria che Pasolini, vivendo una vita violenta fu in parte autore, sceneggiatore, regista e interprete del suo stesso tragico destino.