Editoriale| Ridley Scott: filosofia, cadute e risalite di un genio
Alien, Blade Runner, Il gradiatore, Thelma & Louise sono solo alcuni dei film di Ridley Scott: regista poliedrico, creatore di mondi, narratore di donne e artefice di un cinema che non teme le cadute pur di sperimentare, di andare oltre ciò che è visibile agli occhi.
Il 30 novembre 1937 è una data importante per gli amanti del cinema: è nato Ridley Scott, il padre di Blade Runner e di Alien, di Soldato Jane e di Il gladiatore, autore che ha realizzato pietre miliari della storia del cinema, vinto Oscar ed Emmy, rinnovato i generi passando dalla fantascienza (Alien e Blade Runner sono il massimo esempio) al road-movie (Thelma & Louise) lavorando anche al film di guerra (Soldato Jane, Black Hawk Down). La sua è stata una carriera discontinua, fatta di alti e bassi; i film “sbagliati” non hanno oscurato i grandi titoli perché egli rimane un autore con una visione, con una capacità tecnica incredibile e con uno stile personale. Il suo cinema è ricco di fascinazioni, il mondo da lui raccontato è regolato da ordine e perfezione, e lui è un regista fertile, dallo smisurato immaginario, vario e multiforme, capace di plasmare la materia, saltando da un genere ad un altro, contaminandoli, e di realizzare film d’autore e film che rispondono alla logica del consumo.
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Ridley Scott: un grande creatore di mondi, storie e volti
Con I duellanti, il suo primo lungometraggio, modesto dal punto di vista produttivo, ha da subito colpito – vince il premio speciale della giuria al Festival di Cannes, presieduta da Roberto Rossellini – tanto da diventare esponente principale di una nuova generazione. Partito dalla pubblicità, è stato capace di creare mondi, storie potenti e tortuose, di mettere in scena la rappresentazione dei grandi dilemmi dell’umanità e dei complessi dubbi dell’uomo, di ritrarre volti indimenticabili che hanno stracciato la quarta parete entrando nelle vite degli spettatori. Ha spaventato, commosso, scosso il pubblico con film come Alien (1979), padre di tutti gli alieni del cinema che verranno dopo, Blade Runner (1982), massimo esempio della fantascienza cyberpunk – che ha avuto un sequel con Blade Runner 2049 di Denis Villeneuve -, Thelma & Louise (1991), manifesto femminista che ha rotto gli schemi e gli argini, Il gladiatore – che dà inizio al sodalizio con Russell Crowe e che gli è valso l’ Oscar.
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Scott ha costruito narrazioni che resistono al tempo e che arrivano a tutte le generazioni; chiunque conosce il monologo di Blade Runner “ho visto cose che voi umani non potete neanche immaginare”, chiunque ha davanti Demi Moore rapata a zero in Soldato Jane o Russell Crowe che veste i panni di Massimo Decimo Meridio. Scott dà vita vita a capolavori assoluti che rivoluzionano l’idea della fantascienza mostrando atmosfere claustrofobiche e apparizioni mortifere di uno xenomorfo, a film che sovvertono la guerra e tutte le sue regole.
Ridley Scott: le tematiche care al regista
Nonostante la sua carriera sia variegata, ricca di generi diversi, c’è un nesso che tiene tutto insieme, c’è un ritorno a tematiche ben precise che emergono e riemergono dalle sue opere che ruotano intorno allo scontro tra mondi differenti. La sua è una narrazione incentrata sull’antitesi tra “due”, personaggi, luoghi o società: il dissidio tra androidi e esseri umani che si danno battaglia per la supremazia (Blade Runner), quello tra uomo e donna in Thelma & Louise e nel Soldato Jane – declinandosi come ricerca di ciò che manca (libertà, ruolo nella società, richiesta di parità) -, quello tra Legge e legge della strada in American Gangster. Questa lotta può diventare scontro tra popoli e razze, tra uomo e ambiente, basti pensare a 1492: La conquista del paradiso o a Black Hawk Down; ancora una volta Scott sa mostrare ciò che avviene anche nella realtà, la lotta all’ultimo sangue tra chi colonizza e chi è colonizzato, tra chi agisce e chi subisce, tra chi è carnefice e chi è vittima. Emerge la figura di un uomo solo, spesso in balia del mondo, dell’universo (Sopravvissuto – The Martian con Matt Damon), in guerra con se stesso e con gli altri per salvare sé e l’umanità tutta.
Il regista racconta perfettamente il diverso, poco importa se replicante o alieno, se essere umano disorganico, che si distacca da tutto il resto; ciò che importa è rappresentare un qualcuno che rompe il corso abituale delle cose, che devia da uno schema prestabilito, che non rientra nella cosiddetta normalità. Il mostruoso xenomorfo, gli umanoidi ribelli perché resi schiavi, Thelma & Louise o Jane, Massimo Decimo Meridio, sono solo alcuni degli “stranieri” in una società che trova difficile da digerire chi è ritenuto “rivoltoso”, chi è un ribelle o chi semplicemente vuole trovare il proprio posto o vendicarsi.
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Scott spesso racconta le donne calate in mondi ostili ne esalta la femminilità, rendendole sovversive che non vogliono essere etichettate da i soliti luoghi comuni e così Ellen Ripley, Jane, Thelma, Louise, capaci di, pur essendo immerse in circostanze avverse, fronteggiare le loro sfortune e dare nuovo slancio alla loro esistenza, sono disposte a commettere qualunque cosa pur di non accettare le scelte e le definizioni altrui. Il viaggio estenuante in macchina, il non accettare sconti perché donna, l’essere membro di un equipaggio competente, apprezzato, che affronta le sfide senza tirarsi mai indietro sono queste le storie delle sue donne che si sacrificano, si mettono in prima fila, non sono braccio destro di un uomo, compagne di qualcuno ma sono soggetti e protagoniste della propria vita.
Ridley Scott: un autore di talento nonostante alcune cadute
La sua arte unica, rivoluzionaria e straordinaria, è però anche controversa. Certo, non sono mancati film, catalogati come catastrofici dai più, Un’ottima annata, Robin Hood, Legend, Hannibal, o opere meno riuscite, The Counselor, ma resta sempre e comunque uno dei più grandi narratori di mondi esteticamente perfetti, a tratti vicino all’espressionismo, per l’uso della luce, “cupa” e “opprimente”, e delle ombre, a tratti di una luce abbagliante e tagliente. Ridley Scott resta uno dei grandi nomi del cinema contemporaneo, di cui conosce ogni “parte”, dalla produzione (di opere sue, di altri, o di serie tv, per citarne alcune, The Good Wife e Numb3rs) alla regia, dai cortometraggi ai lungometraggi. Il suo è un cinema, figlio di una bulimia visiva, che si ciba di realtà, di letteratura (la geniale opera di Philip K. Dick, per ricordarne una), di ciò che ha visto e sentito, egli è autore di un talento inarginabile e di un occhio che va oltre, di un rigore quasi maniacale e di un’originalità creativa fuori dal comune.