Ritorno al Futuro: tutto quello che non sapevate sul film di Robert Zemeckis
Sapevate che nel primo script di Ritorno al Futuro, la macchina del tempo non era una DeLorean ma un frigorifero? E che Michael J.Fox non è stato il primo volto per il ruolo di Marty McFly? Ecco alcune delle curiosità più interessanti del film di Robert Zemeckis.
Siamo nell’estate del 1985, nel pieno di quel cinema d’intrattenimento per ragazzi che, da Star Wars (1977) di George Lucas, passando per E.T. – L’extraterrestre (1982) di Steven Spielberg e Gremlins (1984) di Joe Dante, ha caratterizzato il secondo periodo della New Hollywood. Un cinema principalmente fatto di teen movie (la “nuova” audience) scritti in modo da risultare apprezzabili anche dagli adulti, avvicinandosi a piccoli passi verso le estetiche e quel modo di fare cinema, tipico dei giorni nostri – a pellicole come Matrix (1999) delle Sorelle Wachowski. È in questa corrente cinematografica che si inserisce Ritorno al futuro (1985) di Robert Zemeckis. Attraverso un linguaggio semplice e pop, Ritorno al futuro elabora tematiche come il retaggio, il destino e i valori della famiglia, per mezzo dell’espediente narrativo dei viaggi temporali – di cui il cinema di genere è pieno di esempi da L’uomo che visse nel futuro (1960) di George Pal al più recente Avengers: Endgame (2019) dei Fratelli Russo – in modo strumentale e funzionale al racconto.
Una pellicola dal successo strepitoso che mise in cantiere ben due sequel di cui il capitolo successivo – Ritorno al futuro parte II (1989) – che nel dipanarsi della narrazione, memore della lezione magistrale de L’impero colpisce ancora (1980) di George Lucas come principe dei capitoli di raccordo di una trilogia cinematografica – delinea un intreccio elaborato tra passato, futuro, e presente alternativo, ma al contempo ben calibrato e di facile fruizione per lo spettatore.
È un immaginario, quello delineato da Zemeckis e Bob Gale (ideatore dell’idea alla base del concept), entrato prepotentemente nella cultura popolare tanto da essere citato ancora oggi in pellicole come il sopracitato Avengers: Endgame, e quel gioiellino di Ready Player One (2018) di Steven Spielberg, grazie anche a personaggi delineati in modo semplice e valorizzati da interpretazioni degne di nota, divenuti iconici come nel caso di Marty McFly (interpretato da Michael J. Fox), Doc Brown (interpretato da Christopher Lloyd), Lorraine Baines (interpretata da Lea Thompson) e Biff Tannen (Thomas F.Wilson).
Ciononostante però, pur essendo un film capace di emozionare almeno tre generazioni di spettatori – e di cui si pensa di saper tutto – Ritorno al Futuro riesce a regalare, ancora oggi delle curiosità davvero niente male, che adesso vi racconteremo.
Ritorno al Futuro: uno script vincente, che però nessuno voleva!
Fa un po’ sorridere visto il successo del film, ma riuscire a farsi produrre Ritorno al futuro fu una sfida di non poco conto per Zemeckis e Gale. Molti dirigenti di grandi case di produzione lo rifiutarono perché ritenevano lo script non all’altezza rispetto alle altre pellicole per ragazzi come Fuori di testa (1982) o La rivincita dei nerds (1984) di cui il cinema degli anni ottanta era pieno. La Disney stessa lo rispedì al mittente perché ritenevano che una madre che s’innamorasse (all’insaputa ovviamente) del proprio figlio venuto dal futuro – dal chiaro sotto testo freudiano – non fosse adeguata allo spirito dei film prodotti dalla casa di Topolino. In più, cosa non di poco conto, ma la carriera di Zemeckis fino ad allora non era esattamente delle più radiose.
Ciò che spinse la Universal Pictures a dare il via ai lavori, fu il successo commerciale de All’inseguimento della pietra verde (1984), che diede a Zemeckis parecchio credito – e visto il successo della pellicola, la cosa alla Universal non è per niente dispiaciuta. In ogni caso, l’idea alla base de Ritorno al futuro è attribuibile a Bob Gale, quando, guardando l’annuario di suo padre al liceo, iniziò a pensare a quanto sarebbe stato divertente conoscerlo da adolescente, e magari diventare amici.
Ritorno al futuro – la Universal voleva un altro titolo: Spaceman From Pluto
E non è finita qui per Zemeckis e Gale, perché l’allora capo della Universal – Sid Sheinberg – riteneva il titolo Ritorno al futuro di poco appeal per il grande pubblico. Così scrisse un memo a Zemeckis, invitandolo a cambiarlo in Spaceman From Pluto, giocando così sulle battute che, nel corso della pellicola, vengono fatte a Marty sulla sua possibile “natura aliena” da parte di Doc Brown.
Lo stesso Sheinberg, in virtù di questa scelta, voleva sostituire la celebre battuta “Mi chiamo Darth Vader, dal pianeta Vulcano“, “sono un viaggiatore spaziale da Plutone“. Fortunatamente intervenne Steven Spielberg, qui nelle vesti di produttore esecutivo che – fortunatamente per tutti – fece cambiare idea all’incaponito Sheinberg e alla sua crociata da Plutone. Negli anni ci si scherza ancora sopra, ma Sheinberg era troppo orgoglioso per ammettere che i suoi suggerimenti non erano uno scherzo, era tutto vero!
Ritorno al futuro: niente DeLorean nella prima bozza dello script
Con Ritorno al futuro la DeLorean DMC-12, auto non esattamente confortevole tanto da essere considerata una delle peggiori auto mai prodotte, venne romanticizzata così tanto da ottenere un successo clamoroso tra i fan del film. Zemeckis la scelse appositamente per via degli sportelli laterali che la facevano assomigliare a un’astronave – e per via della scena “da Plutone”, ma nelle prime bozze dello script, la macchina del tempo era un frigorifero utilizzato durante i test atomici degli anni cinquanta.
L’idea venne poi accantonata perché secondo Spielberg e Zemeckis, il rischio era che i ragazzini idealizzassero il film infilandosi dentro ad ogni frigorifero con il rischio di restarci chiusi dentro era alto. A Spielberg però l’idea piacque e non poco, tanto da decidere di riutilizzarla, seppur in chiave differente, nel prologo de Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo (2008). Oltre a questo però, il budget di Ritorno al futuro non consentiva di simulare un test atomico nel deserto del Nevada.
Nella terza bozza dello script invece, la macchina del tempo era finalmente una DeLorean, ma per avviare il processo spazio-temporale, Marty avrebbe dovuto guidare l’auto fino a un sito dove si svolgeva un test atomico. Ci sono volute quattro bozze di script per avere finalmente la DeLorean DMC-12 con il flusso catalizzatore, i 1,21 Gigawatt e le 88 miglia orarie entrata prepotentemente nell’immaginario collettivo.
Ritorno al futuro: screening-test in bianco e nero tra stupore e paura
Al primo test audience fatto su Ritorno al futuro, non venne detto ai fortunati spettatori il genere del film che sarebbero andati a guardare. Zemeckis e Gale raccontano che al momento della sequenza iniziale, quando Einstein, il cane di Doc Brown, viene spedito avanti nel futuro di un minuto e ventuno secondi (come i gigawatts), il pubblico – sulla scia di pellicole come Alien (1979), Blade Runner (1982) e La Cosa (1982) – temeva che sarebbe capitato qualcosa di male all’amico peloso.
La sequenza conclusiva del test audience di cui sopra, per via del fatto che la Industrial Light and Magic non aveva ancora ultimato la color correction in post-produzione, venne proiettata con i negativi originali in bianco e nero. Al pubblico l’idea piacque, ma l’effetto “nostalgico” non era assolutamente voluto.
Ritorno al futuro: Marty McFly il video-pirata e la sommossa popolare
Nella prima bozza dello script, Marty McFly non era esattamente uno studente modello, piuttosto un video-pirata. Tra i video piratati c’erano Incontri ravvicinati del terzo tipo (1977) di Steven Spielberg, L’impero colpisce ancora (1980) di Lawrence Kasdan, Nessuno ci può fermare (1980) di Sidney Poitier e Superman II (1980) di Richard Lester. L’idea venne fortunatamente scartata perché, a quanto pare, nessuna casa di produzione seria avrebbe prodotto un film in cui l’eroe ovvero il punto di vista principale della narrazione, era un video-pirata; e non solo, perché il film avrebbe dovuto avere un tono molto più apocalittico nel finale.
Sembra infatti che il terzo atto si sarebbe dovuto concludere con Marty che, dopo il suo concerto rock a ritmo di Johnny Be Goode, sarebbe stato testimone (e fomentatore) di una rivolta, poi sedata dalla Polizia. Questo, unito al fatto che la macchina del tempo – il frigorifero ovviamente – funzionava grazie alla formula segreta della Coca Cola, fece si di ritorno nei “suoi” anni ottanta, Marty avrebbe assistito a una linea temporale mutata dove il rock n’roll non è mai esistito, e Doc Brown è praticamente diventato l’uomo più potente del mondo grazie alla formula segreta datagli da Marty.
Ritorno al futuro: lo strano caso di Eric Stoltz e Marty McDermott
Che no, non è da intendersi come uno spin-off de Il curioso caso di Benjamin Button (2008), ma del fatto che per quanto Michael J.Fox fosse l’attore che fin da subito era nella testa di Zemeckis e della Universal per il ruolo di Marty McFly (nel primo script McDermott), la parte andò inizialmente a Eric Stoltz per via della sovrapposizione tra le riprese de Ritorno al futuro e Casa Keaton (1982-1989) dove recitava lo stesso Fox. Stoltz, scelto personalmente da Zemeckis e Gale, fu indicato per via della sua intensa performance attoriale in Dietro la maschera (1985) di Peter Bogdanovich.
Dopo circa sei settimane di lavorazione Zemeckis e Gale capirono che per quanto bravo, la parte di Marty McFly non era nelle corde del giovane Stoltz, a detta di Thomas F. Wilson infatti, il piglio di Stoltz sul set era troppo serio e aggressivo. Nella scena della caffetteria e del primo incontro tra Marty e Biff – di cui un frame è ancora nel negativo originale – Stoltz lo spinse contro il bancone così forte da procurargli una contusione. Le riprese vennero bloccate. Stoltz licenziato e Wilson non riuscì a prendersi una meritata rivincita.
Con sei settimane bruciate per un casting sbagliato, Zemeckis e Gale fecero di tutto per richiamare Michael J. Fox, riuscendoci, ma tenendo bene a mente che – per via delle regole rigide imposte dalla Paramount che non ammettevano assenze per progetti altri allo show – Fox recitava dalla mattina al pomeriggio per Casa Keaton, e dal tardo pomeriggio fino all’alba per Ritorno al futuro. Uno sforzo titanico per il giovane attore e per la Universal visto che rigirare le scene di Stoltz costò alla produzione 3 milioni di dollari – ampiamente recuperati visto che il film ne incassò globalmente 380.
Oltre a Eric Stoltz, per la parte poi andata a Michael J. Fox furono considerati Ralph Macchio e un allora semi-sconosciuto Johnny Depp. L’attore di The Karate Kid – all’apice della popolarità – rifiutò perché non riuscì ad andare oltre la lettura dello script. Per Macchio infatti, Ritorno al futuro era un film su “un ragazzino, un auto, e delle pillole di Plutonio” e non riusciva a capirne il senso.
Ritorno al futuro: Doc Brown, Harry Lloyd e Ai confini della realtà
Nella scena iniziale di Ritorno al futuro viene mostrata una fotografia di un orologio con una piccola immagine di Harold Lloyd appeso alla lancette dei minuti tratta da Preferisco l’ascensore (1923). L’omaggio non è casuale, è infatti un riferimento al climax del terzo atto, quando Doc Brown si appenderà all’orologio per collegare il cavo elettrico – necessario a scatenare la reazione nucleare per il viaggio temporale.
Un ulteriore omaggio è legato al primo episodio della serie originale de Ai confini della realtà (1959) – “Dove sono finiti tutti?“ – dove viene mostrato un uomo girare per una piazza in evidente stato confusionale chiedendosi se sta avendo un brutto sogno. La scena non solo ricorda l’arrivo di Marty a Hill Valley nel 1955, ma venne girata nella stessa location: la Courthouse Square degli Universal Studios.
Ritorno al futuro e l’entusiasmo del Presidente Reagan
A quanto pare, lo stupore di Doc Brown sul fatto che un attore potesse diventare Presidente degli Stati Uniti divertì moltissimo il Presidente Ronald Reagan, tanto da chiedere al proiezionista di interrompere la proiezione e rimandare la scena. Il Presidente era un grande fan della saga, tanto da utilizzare la citazione finale “Dove stiamo andando non avremo bisogno di strade” durante il discorso sullo Stato dell’Unione del 1986. Ciò non toglie comunque, che la parte dello script in cui viene citato il Presidente Reagan, dovette ottenere l’approvazione dell’ufficio presidenziale, per il via libera. I produttori infatti temevano che lo stupore di Doc Brown riguardo Reagan potesse risultare offensivo nei suoi riguardi.
Secondo la Ronald Reagan Presidential Library, il Presidente guardò il film per la prima volta, a Camp David, il 26 Luglio 1985 – tre settimane dopo il rilascio nelle sale cinematografiche – assieme alla moglie Nancy e Mark Weinberg. A quanto pare però, il riferimento a Jane Wyman, prima moglie di Reagan, creò un forte imbarazzo tra il Presidente e la First Lady al momento della visione.