Sette minuti dopo la mezzanotte: il significato del film
In sette minuti dopo la mezzanotte, Bayona ossera con tenerezza e amore il suo giovane protagonista, analizzando nel profondo i sentimenti che ruotano attorno ad un malato e a chi gli sta vicino.
Un ragazzino e la sua mamma. La malattia. Il desiderio di normalità e la voglia di cancellare ogni cosa, il dolore, la sofferenza, tutto. Conor vive l’esistenza di qualsiasi tredicenne tra la scuola con i grandi problemi, che derivano da essa (i bulli) e di cui nessuno si accorge, e le difficoltà in famiglia – un padre assente, una nonna autoritaria – che passano in secondo piano perché c’è un’urgenza, la madre e la sua malattia. Racconta questo Sette minuti dopo la mezzanotte, adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo del 2011, scritto da Patrick Ness, sceneggiatore anche del film di Juan Antonio Bayona. La pellicola, un racconto di formazione, è un mix tra melò e fantasy, tra Voglia di tenerezza e il mondo fantastico di Il labirinto del fauno, che usa un romanzo per ragazzi per raccontare, ancora una volta, il rapporto madre-figlio (The Orphanage) e le paure – prima fra tutti quella della separazione – che animano i suoi personaggi.
Sette minuti dopo la mezzanotte: Conor e la sua mamma
Per Conor (Lewis MacDougall) le cose non sono facili: è solo un ragazzino ma deve sostenere una situazione pesante, la madre malata (Felicity Jones che si sottopone ad una dieta ferrea per rappresentare una donna invasa dal tumore, magrissima, occhiaie segnata, pelle diafana) di cancro modifica e plasma la sua esistenza diventandone centro. I lavori di casa, sostenerla quando sta male, accettare i dolori di colei che ti ha generato, strozzare in gola i racconti della vita di tutti i giorni. Conor sembra essere bravissimo a giostrarsi tra un attacco della mamma e le degenze in ospedale, c’è una cosa che lo salva, l’arte, i suoi disegni, unico svago che lo rende felice, una via di fuga dalla realtà. Nelle sue illustrazioni c’è un mostro, un albero di Tasso (nell’originale interpretato da Liam Neeson) che diventa amico, maestro, figura quasi paterna che aiuta Conor a vivere e ad accettare, per quanto possibile serenamente, ciò che gli capita. Il Tasso è metafora di un dolore esasperato ed esasperante, di una famiglia, di una rabbia taciuta perché vergognosa per Conor. Il ragazzino è/fa il coraggioso, non ha paura dei bulli che ogni giorno lo picchiano a scuola, non ha paura degli incubi che lo tormentano, non ha paura del mostro che sette minuti dopo la mezzanotte appare e gli racconta storie terribili di morte, ingiustizie e mali incurabili. Nulla è come appare, chi sembra cattivo in realtà e una vittima e viceversa, c’è una morale ma non è quella che Conor si aspetta. Una cosa è sicura, il giovanissimo protagonista non vuole essere il centro di una di quelle terribili storie, la sua sarà diversa dalle altre, la sua finirà bene.
Il racconto dell’accettazione
Conor non riesce ad accettare che la madre debba tornare in ospedale e rimanerci per un po’ di tempo, non comprende perché non possa stare a casa sua ma debba andare a convivere con la nonna, rigida, autoritaria, così diversa da loro. Tace con gli adulti che lo circondano i propri drammi, i propri problemi di bambino normale, come tanti, perché gli sembrano di poco conto: a scuola non è integrato, prende le botte senza reagire, senza ribellarsi come se quei colpi rendessero tutto il resto più sopportabile, come se i lividi fossero poca cosa rispetto ciò che sta dentro. Conor è sensibile ma è alle prese con qualcosa di più grande di lui che lo inchioda, conosce la dolorosa e inevitabile sorte della madre eppure non la traduce, resta lì, fermo, ad assistere allo sgretolamento dell’epica e mitica figura. La madre, colei che c’è sempre, la madre che gli ha insegnato tutto ciò che sa, la madre, una mamma che gli ha donato la dote del disegno. Come può vivere ancora un giorno così, costretto da un vuoto all’altro, a stare da solo ad aspettare? Ma d’altra parte come può vivere senza di lei? Lui vede ma non capisce tutto, il suo percorso è a stazioni e attraverso a lui si mette in scena anche il viaggio cristologico di sua madre che si prosciuga nel letto d’ospedale, che deve cambiare terapia perché nulla funziona.
Riesce a sopravvivere grazie al Tasso che, attraverso le storie fatte di amori perduti, figlie morenti e drammi ingestibili, lo fa crescere e lo aiuta ad accettare. Quello di Conor è un dramma profondo, abitato da paure e rabbia; lui rifiuta (la nonna, il male materno, la nuova famiglia del padre) ma non può rifiutare per sempre, non può mettere il silenziatore alla sua vita, non può continuare con le bugie e serve proprio a questo il Tasso. Accettare, scendere a patti con la vita vuol dire crescere ed è questo ciò che fa Conor, sfiancato, arrabbiato, disperato per ciò che sta capitando alla madre ma anche stanco di vivere qualcosa che non dovrebbe vivere.
Sette minuti dopo la mezzanotte: il racconto di chi si sente invisibile
Il ragazzino si sente impotente, si sente guerriero in solitaria e chiede e pretende di non essere più invisibile – come capita a tutti i piccoli grandi uomini del domani -, per gli adulti che lo attorniano senza partecipare alla sua crescita, per i compagni che lo guardano unicamente per picchiarlo e additarlo come il figlio di una malata, per il corpo docente che dialoga poco e male con lui, senza rispetto per Conor e per la sua storia. L’unico che cerca di capirlo e che cerca di smuoverlo è l’albero che vuole far uscire ciò che Conor ha dentro: il protagonista deve buttare fuori il dolore, la rabbia, il senso di colpa e lo fa grazie a quei personaggi strani, e riesce a fare luce nell’oscurità dei suoi giorni. Conor compie un percorso necessario per lui – che sta crescendo e che inevitabilmente deve fare i conti con le “cose” della sua età – ma che devono compiere tutti coloro che hanno a che fare con la malattia e con i sentimenti conseguenti ad essa. In Sette minuti dopo la mezzanotte, Bayona guarda quel ragazzino con tenerezza e amore e lo spettatore assieme a lui, si concentra su Conor, sul suo dramma e così facendo analizza nel profondo i sentimenti che ruotano attorno ad un malato e a chi gli sta vicino.