Shining: teorie e significati oscuri nel film cult di Stanley Kubrick
E se Shining fosse la chiave per smascherare alcuni falsi storici come l’allunaggio dell’Apollo 11? Cosa si nasconde dietro la fatidica Room 237 e cosa c'entra Freud?
Uno dei titoli fondamentali della filmografia mondiale, uno degli horror che ha traumatizzato e affascinato generazioni di spettatori, uno dei film più citati e omaggiati della storia del cinema: Shining (1980) di Stanley Kubrick, paradossalmente non piacque affatto all’autore dell’omonimo libro dal quale è tratto, il mitico Stephen King, che dichiarò di non essere soddisfatto del modo in cui il regista “tradusse” il suo romanzo, tanto da sceneggiare personalmente un secondo film nel 1997. L’adattamento televisivo, dal titolo italiano Una splendida festa di morte, non resse il confronto con il primo e si rivelò un enorme flop.
Jack Nicholson nel suo ruolo più controverso e iconico veste i panni di Jack Torrance, scrittore in cerca di ispirazione che insieme alla moglie Wendy (Shelley Duvall) e al figlioletto accetta di fare da guardiano invernale in un hotel deserto, l’Overlook dove tempo prima un uomo era impazzito e aveva sterminato la sua famiglia. Una premessa per nulla rassicurante e che si rivelerà tragicamente premonitrice.
Il fascino di questo film horror costò al regista e alla troupe quasi un anno di lavoro e a Jack Nicholson uno sforzo inenarrabile tanto che l’allora compagna dell’attore, l’attrice Anjelica Huston, dichiarò che Nicholson tornava ogni giorno dal set completamente distrutto, si dirigeva dritto verso il letto e si addormentava subito.
Shining lascia un segno negli spettatori e tante sono le teorie dimostrate e presunte che spiegano l’incredibile fascino di questo film.
Gli stilemi classici del genere horror
Tanti sono i richiami ai classici film horror, come il motivo della casa stregata che Kubrick, in questo caso, rielabora trasformandola in un albergo isolato in cui si manifestano strani fenomeni soprannaturali. Il figlio della coppia protagonista, Danny, possiede il dono della “luccicanza”, un potere che permette di prevedere eventi futuri e passati e comunicare telepaticamente con altre persone “dotate”.
Molti sono i riferimenti meno evidenti al filone horror come il vampirismo, quando Danny esce dalla misteriosa camera 237 con dei segni sul collo; i morti viventi con l’inquietante vecchia che esce dalla vasca da bagno della stessa camera; la reincarnazione quando si scopre, con la celebre foto nella scena finale, che Jack è sempre stato il guardiano dell’hotel.
La luce del “male”
Kubrick ribalta però le regole del genere horror associando il “male” non più all’oscurità e alla notte ma alla luce. Le creature malvagie non sono più relegate agli antri oscuri e inarrivabili di un posto ma i misfatti, le vicende spaventose sono totalmente illuminate.
La prima volta in cui Jack Torrance entra nella camera 237, per esempio, le luci sono già accese: in un classico film horror, invece, questa scena si sarebbe svolta nel buio totale. L’intero Overlook Hotel è, infatti, sempre illuminato a giorno e le scene notturne sono poche: come quella finale nel labirinto innevato che coincide con l’epilogo positivo per la famiglia di Jack Torrance e la sua morte.
Basta anche solo citare l’accecante scena cult della comparsa delle due gemelline nei corridoi dell’hotel che invitano Danny a giocare o lo scontro tra Jack e Wendy nella luminosissima sala Colorado.
Ispirazioni freudiane
Stanley Kubrick, dopo l’uscita del film, ha più volte parlato dei riferimenti letterari ai quali, insieme al co-sceneggiatore Diane Johnson, si è ispirato. In particolar modo a un saggio di Sigmund Freud Il Perturbante in cui lo psicanalista tratta il tema della paura, un sentimento che sorge dalla novità, da ciò che ci appare insolito, elencando una serie di situazioni tipo che Kubrick ha utilizzato come “guida” per il suo film.
Il termine “heimlich” (“perturbante”) in tedesco ha due significati diversi: “non straniero, familiare, domestico, fidato e intimo” e un altro come “nascosto, tenuto celato in modo da non farlo sapere ad altri o da non far sapere la ragione per cui lo si intende celare”. Il nome dell’hotel di Shining contiene in sé questa “doppiezza”: in inglese il verbo “to overlook” sta a significare sia “controllare con lo sguardo” sia “lasciarsi sfuggire”. Quindi qualcosa di familiare e sicuro può trasformarsi nel peggiore incubo come accade nel film in cui un padre e marito diventa gradualmente un mostro dal quale fuggire.
Room 237
Tante sono le suggestioni presenti in Shining: l’odio di Jack nei confronti del figlioletto ricorderebbe la gelosia del dio Saturno verso i figli e rappresenterebbe l’impotenza dell’intellettuale verso la spensieratezza infantile.
Ma molte sono anche le interpretazioni mai confermate e che nel corso degli anni sono emerse da studi più o meno attendibili su Shining. Come quella fatta dal regista statunitense Rodney Ascher nel suo documentario Room 237. Secondo il regista il film conterebbe molti misteri e dettagli impercettibili e inspiegabili come il viso di Kubrick tra le nuvole, un’erezione, un adesivo con il viso di Pisolo, uno dei sette nani, sulla porta della camera di Danny che scompare nella scena successiva. Tante altre imprecisioni che non possono essere casuali data la nota precisione maniacale di Kubrick.
Inoltre secondo alcune teorie Shining parlerebbe del genocidio degli Indiani d’America, visto che l’Overlook Hotel è stato costruito su un cimitero indiano.
Il film parlerebbe anche dell’Olocausto: Jack utilizza una macchina da scrivere tedesca, in una scena comparirebbe un uomo con i baffetti alla Hitler, si farebbe riferimento alla seconda guerra mondiale attraverso il numero 42 costantemente presente nel film. Infine il film conterebbe addirittura una “confessione” da parte di Kubrick di uno dei falsi storici più celebri: il regista, infatti, secondo alcune teorie complottiste, avrebbe girato in studio l’allunaggio dell’Apollo 11 nel 1969 su incarico del governo americano. La stanza 237 sarebbe in realtà “la stanza della luna” e la moquette del pavimento riprenderebbe la geometria della base da cui è partito l’Apollo 11.
Teorie, queste ultime, di certo fantasiose ma che accrescono sempre di più il “mito” di Shining.