Berlusconi e il cinema: i film e le serie da vedere per capire il berlusconismo
Silvio Berlusconi è morto all’ospedale San Raffaele di Milano il 12 giugno 2023 dopo un periodo di ricovero. Ricostruiamo di seguitola traiettoria del leader di Forza Italia e soprattutto cosa ha rappresentato il berlusconismo per la nostra Storia recente attraverso i film che lo hanno indagato.
Dopo l’operazione smaschera-corruzione passata alla Storia con il nome mediatico di Mani Pulite (1992) – il prodotto Wildside a distribuzione Sky che più ne restituisce, attraverso la storia di sei personaggi di finzione, la temperatura è la serie 1992, seguita delle meno convincenti 1993 e 1994 –, nella politica italiana si produsse un vuoto di rappresentanza: la Democrazia Cristiana, inchiodata da Tangentopoli alle sue miserie, s’eclissa a grande vantaggio del Partito comunista, e a destra si apre uno spazio fino a quel momento impensato. Quello spazio viene occupato da Silvio Berlusconi, eletto Presidente del Consiglio nel 1994, appena pochi mesi dopo essere sceso inaspettatamente in campo. Un homo novus dall’ascesa dunque subitanea e folgorante: parvenu arricchito, rampante imprenditore, padrone di televisioni e squadre di calcio che s’improvvisa statista e ce la fa, da grande persuasore di masse qual è, pubblicitario consumato che sa adattarsi all’ecosistema della politica italiana.
Silvio Berlusconi: la sua fortuna politica dopo il crollo della Democrazia Cristiana
La sua fortuna è forse favorita da remoti fattori: il fallimento della destra moderata in epoca risorgimentale e la successiva affermazione del fascismo fecero sì che, nel secondo dopoguerra, negli anni del boom economico e di un serpeggiante sentimento edonista, anticomunista e antistatalista, si preparasse il terreno per la destra pop-populista – “pop-politica”, in riferimento al berlusconismo, è definizione del politologo Fabio Dei – che, negli anni Novanta, avrebbe brevettato Berlusconi stesso. Berlusconi si fece interprete, a modo suo, sia di uno spirito in parte già presente, di un carattere per così dire atavicamente italiano – la medietà magistralmente ritratta dalla commedia all’italiana e dal suo attore-feticcio Alberto Sordi, un mix irripetibile di vitellonismo e amoralità – sia di un desiderio nuovo, di un nuovo paradigma di leader–showman-capitano libertario e libertino d’industria e popoli che, proprio in virtù e non a dispetto del suo eclettismo, seppe calarsi nella parte di padre della patria e rassicurare i suoi figli sulle sue capacità di guidarli.
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Il berlusconismo, da intendersi quindi come deformazione ed estensione ideologica delle ispirazioni-guida del personaggio Berlusconi, designa allora un sistema culturale che è allo stesso tempo precondizione e conseguenza del successo politico del suo promotore: tra i caratteri che lo distinguono, oltre a quelli già citati, anche l’enfasi sul carisma come requisito fondamentale per la presa e la conservazione del potere e sul culto dell’immagine, declinabile in ramificazioni tentacolari di forme, tra cui quella iperplastica e ipercosmetica di corpi soprattutto femminili, più sfigurati che ‘corretti’ dalla chirurgia, puntualmente feticizzati e oggetto di un appetito sessuale che si fa quasi parodia di sé stesso. Da lì, anche la fallocrazia, il sessismo, l’omofobia, la svalutazione di ogni difformità rispetto al prestazionismo imperante che il berlusconismo ha promosso per decenni, quali basi e prerogative irrinunciabili del suo modello culturale.
Loro 1 e 2 (2019) e Arance e Martello (2014): la fine del ‘sogno’ berlusconiano
Per comprendere Berlusconi – ma soprattutto il berlusconismo – attraverso i film che si fanno carico di rifletterlo e di riflettervi, partiamo dunque dalla fine: in Loro 1 e Loro 2, capitoli di un film unico usciti a breve distanza l’uno dall’altro nella primavera del 2019, Paolo Sorrentino, reduce dalla sua prima esperienza seriale con The Young Pope, sposta la sua indagine da un Papa fittizio a un’altra incarnazione del potere, l’icona-Silvio Berlusconi. Toni Servillo interpreta Berlusconi e la sua maschera perché Berlusconi è ormai diventato la sua maschera, e i confini tra il sé e il simulacro del sé non sono più tracciabili.
Ninfette, paraninfi, lacchè e pagliacci di ogni risma si dimenano attorno a Lui: i Loro del titolo sono proprio i parassiti del sultano gaudente che rinnovano in suo onore il rituale orgiastico in un imperativo a godere che si è fatto meccanico e vuoto, stordimento pervasivo e illusionismo di potenza. Lui rifiuta la castrazione; Loro temono, senza di Lui, di dover fare i conti con una dissipazione che non intendono vedere, in un vuoto di affetti e morale che Sorrentino ci mostra – Storia e metafisica della Storia insieme – radicale, irredimibile. La fine della della gloria, il declino, lo smantellamento dell’impero sono difficili da accettare: della coscienza della caducità è depositaria la sola Veronica Lario, moglie malinconica di un Silvio-Priapo apparentemente instancabile, ma intimamente desolato e sconfitto che prova a farla ridere, senza riuscirci veramente, infilato dentro il costume di un’odalisca.
Ambientato nell’ultima estate berlusconiana, Arance e martello (2014) di Diego Banchi, alias Zoro, segue invece le proteste per la chiusura di un mercato rionale elevandole a osservatorio privilegiato dello stato di salute politica del Paese, tra inerzia della Sinistra e resistenza del berlusconismo. Berlusconismo che si avvia, però, al suo colpo di coda.
Ginger e Fred (1986): Fellini, pioniere dell’antiberlusconismo
È significativo che, se l’ultimo grande autore a confrontarsi con Berlusconi è stato Sorrentino, il primo fu il suo maestro Fellini: nel 1986, Berlusconi non era ancora il Berlusconi politico, ma sì il monopolista televisivo. Fellini guardava alla televisione come a un medium foriero di potenzialità espressive, ma se la prese più volte con le televisioni berlusconiane per le interruzioni pubblicitarie che finivano per sminuzzare i suoi film e comprometterne la coerenza.
In Ginger e Fred (1986), una coppia di ex ballerini di tip tap, riuniti da un programma televisivo dedicato a vecchie glorie delle spettacolo dimenticate, si ritrovano a esibirsi insieme dopo decenni di lontananza. Il programma televisivo in cui dovrebbero esibirsi è nel palinsesto della tv privata del Cavalier Fulvio Lombardoni, allusione neanche troppo velata a Berlusconi. I due ex artisti, ciascuno malconcio o immalinconito per motivi propri, riescono a portare a termine il loro numero con grande fatica, nella piena consapevolezza della loro alienazione rispetto al contesto: la pubblicità e la confezione sono più importanti del programma stesso e dei suoi contenuti, dei talenti che dovrebbero animarlo.
Da Aprile (1998) al Caimano (2006) : Nanni Moretti allo specchio con Silvio Berlusconi
C’è un altro grande autore del nostro cinema, Nanni Moretti, che incrocia Silvio Berlusconi, e lo fa due volte: la prima in Aprile, il secondo film diaristico del cineasta romano, realizzato nel 1998. Il film si apre nel 1994, con lo stesso Moretti che apprende dal telegiornale di Emilio Fede che Silvio Berlusconi ha vinto le elezioni. È l’occasione giusta per fumarsi un’enorme canna consolatoria. Moretti, di fronte all’inatteso risultato, accarezza l’idea di realizzare il film sull’uomo del destino, ma presto l’accantona a favore di un altro progetto: un musical. Successivamente recupera le motivazioni, ma anche questa volta il film non si fa: la vittoria della Sinistra e soprattutto la nascita del figlio Pietro, rispettivamente nel 1996 e nel 1998, s’impongono all’attenzione dell’autore, che rimette nel cassetto il soggetto del suo film immaginato – e metacinematograficamente immaginario – su Berlusconi.
Il Caimano – di nuovo, un film su un film su Silvio Berlusconi: Bruno Bonomo, produttore di B-Movie caduto in disgrazia, ritrova un po’ di entusiasmo quando la giovane regista Teresa gli propone una sceneggiatura sul Cavaliere – quadruplica i corpi del leader per evidenziarne l’ubiquità. C’è Berlusconi-Berlusconi, nelle immagini d’archivio; c’è il Berlusconi interpretato da Marco Pulici (che presto abbandona la nave); c’è Berlusconi interpretato da Elio De Capitani; c’è, a sorpresa, il Berlusconi dello stesso Moretti, con cui il regista-interprete apparentemente s’identifica, dando voce alle sue parole. Che cosa vorrebbe comunicare, con questo scambio d’identità? Si tratta di espediente straniante o, per dirla con Gaber che cita Gian Piero Alloisio, di un “non temo Berlusconi in sé, ma Berlusconi in me”? Berlusconi è ovunque, soprattutto – e perniciosamente – dentro di noi.
Berlusconi nel cinema non fiction: le ‘biografie’ non autorizzate
Il primo film d’inchiesta realizzato sulla figura di Berlusconi, tra privato e pubblico, è Quando c’era Silvio(2005): l’unico inserto di finzione riguarda Karl Marx; per il resto, la narrazione condotta da Enrico Deaglio, introdotto da una magnetica Lella Costa che legge Collodi, analizza punto per punto la parabola professionale e personale di Berlusconi, dall’ascesa improvvisa alla china, gravata dal volume di illeciti. Di impianto investigativo, ricordiamo anche il documentario Belluscone – Una storia siciliana (2014), iniziato dal regista e montatore palermitano Franco Maresco e completato dal suo amico critico Tatti Sanuineti: un’indagine intorno alle amicizie pericolose del Cavaliere in Sicilia.
Definito come “autobiografia non autorizzata di Silvio Berlusconi”, Silvio Forever (2011) è, invece, un documentario scritto di giornalisti Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo, già autori del libro-denuncia La casta, il cui narratore Neri Marcorè ripercorre la vita di Berlusconi grazie anche a numerosi interventi testimoniali: tra questi, quello – in difesa del figlio – di mamma Rosa. Simile per impianto e intenzioni, il documentario del 2012 S.B. – Io lo conoscevo bene, diretto da Giacomo Durzi e Giovanni Fasanella.
Tra i film su Berlusconi concepiti per il pubblico straniero, ricordiamo Sua maestà Silvio Berlusconi (2006), di Stéphane Bentura e, dello stesso anno, Berlusconi: Affaire Mondadori, di Mosco Boucault. Del 2003 è invece Citizen Berlusconi (il presidente e la stampa), di Andrea Cairola e Susan Gray.