Sky 3D Vintage: i fratelli Lumière, Georges Méliès e la stereoscopia
Non è semplice immaginare il pubblico cinematografico di inizio ‘900 con gli occhialini bicolore poggiati sul naso e la bocca spalancata per lo stupore nel veder letteralmente fuoriuscire dallo schermo quelle che venivano semplicemente chiamate Vedute animate. Eppure, se è vero che state leggendo questo articolo, significa che siete pronti a crederci. O, forse, il vostro scetticismo è pronto ad asserire che si tratta solo dell’ennesima bufala del web. Concedeteci pochi minuti della vostra giornata e saremo lieti di far luce sull’argomento e convincere anche i più sospettosi!
Sky 3D Vintage: i fratelli Lumière, Georges Méliès e la stereoscopia
La prima proiezione in 3D si tenne nel 1935, ad opera dei fratelli Auguste e Louis Lumière; gli stessi ai quali, convenzionalmente, viene attribuita l’invenzione del cinematografo, mostrato per la prima volta al pubblico quel leggendario 28 Dicembre 1895. Ma andiamo per gradi: il 6 Gennaio 1896 venne presentato un filmato di circa 45 secondi intitolato L’arrivo di un treno alla stazione di La Ciotat (la pellicola non era annoverata – come spesso si dice – tra le 10 proiettate esattamente 10 giorni prima nell’iconico Salon indien du Grand Café di Boulevard des Capucines a Parigi).
Sulle rotaie della cittadina della costa azzurra un lontano punto nero avanza (decentrandosi sulla sinistra) verso la macchina da presa posta alla destra dei binari, diventando il vertice di un inusuale angolo di 45° dotato di un lato sul quale inizia a definirsi l’imponente immagine di una locomotiva che viaggia verso lo spettatore e che, dopo aver praticamente bucato il limite dell’inquadratura, si ferma per permettere il fervente andirivieni di persone che avrà luogo nel terzo di destra del quadro filmico, sul quale si possono apprezzare forme umane di grandezza proporzionale alla loro distanza dal prodigioso mezzo di cattura delle immagini (l’unipuntualità del cinema delle origini intercettava il proprio canone nell’angolo retto che caratterizzava la scena di una frontalità assoluta) .
L’uso di un obbiettivo con un’apertura del diaframma molto ristretta dona all’inquadratura una profondità di campo mai vista prima.
Infatti sono tenuti perfettamente a fuoco tanto i soggetti estremamente vicini alla macchina, quanto quelli sensibilmente lontani, fino ad arrivare a delineare l’orizzonte lungo il quale il verde delle colline incontra l’azzurro del cielo. Il forte tratto documentaristico è il fil rouge di tutte le Vedute lumieriane, da L’uscita dalle officine Lumière (a tutti gli effetti il primissimo film ad essere mostrato al pubblico, girato nella loro Lione nel 1895) passando per Napoli, montaggio di oltre 4 minuti che racconta i paesaggi, la vita lavorativa e i poetici vicoli della città partenopea (1898); fino ad arrivare alla loro 28esima ed ultima pellicola datata 1905.
La cinepresa era a tutti gli effetti un personaggio del racconto, i protagonisti sapevano della sua presenza, salutavano guardando in macchina, ne erano incuriositi.
Dei due fratelli, Auguste ha sempre avuto un ruolo più che altro produttivo; Luois era il vero e proprio regista e “direttore della fotografia”. Se guardate attentamente L’arrivo di un treno alla stazione di La Ciotat, riuscirete a scorgere, anche se per pochi attimi, una donna che porta con sé due bambini: si tratta della moglie di Louis insieme a due nipotini.
Il 6 Gennaio 1896 nacque l’idea di tridimensionalità applicata alla settima arte
Sembrerà strano ma fu proprio il 6 Gennaio 1896 che i due fratelli iniziarono a meditare su cosa sarebbe potuto essere una Veduta animata che riuscisse a liberarsi dai limiti di quel telo bianco, iniziando a teorizzare la tridimensionalità. Come ogni svolta epocale nella fruizione cinematografica, l’evento scatenante fu la reazione del pubblico: nel momento in cui la locomotiva “impattò” l’angolo in alto a sinistra dello schermo, i presenti nella rudimentale sala cinematografica furono colti da un grande spavento. Saltarono dalle loro sedie, convinti che quel treno – emblema di una modernità da cui sarebbero stati, di lì a poco, sommersi – avrebbe squarciato il tessuto per piombare su di loro sotto forma di fascio luminoso.
Ci vollero altri 40 anni di studi per riuscire ad applicare il principio stereoscopico del 3D (conosciuto già dalla prima metà del XIX secolo) alla cinematografia.
Bisognava “solo” sovrapporre due immagini catturate da due obbiettivi posti parallelamente e ad una distanza uguale a quella che intercorre tra i nostri due occhi. Il grado di stereoscopia si amplifica (o si indebolisce) se la distanza degli obbiettivi aumenta (o diminuisce). Ovviamente, esperimenti validi a riguardo sono attestati già dagli anni ’20, proprio come Edison aveva brevettato il kinetoscopio (nient’altro che un cinematografo a misura d’uomo) nel 1888, 8 anni prima della “nascita del cinema”. Nel 1935, appunto, i due fratelli presentarono una nuova versione de L’arrivo di un treno alla stazione di La Ciotat applicando il metodo appena descritto non nella fase di produzione della pellicola, ma in quella di fruizione: proiettando, quindi, una doppia immagine con due proiettori perfettamente sincronizzati ed alla giusta distanza, aumentando notevolmente il grado di difficoltà del processo.
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Pare che tra il pubblico del Salon indien nel giorno in cui il cinematografo vide la luce, ci fosse anche un uomo abbastanza sui generis. Baffi, pizzetto e cilindro erano i segni particolari di quello che era il direttore del Teatro Robert-Houdin di Parigi, dove ammaliava il suo pubblico con numeri di magia. Un semplice illusionista di nome Marie-Georges-Jean Méliès, meglio conosciuto col ridotto Georges Méliès.
Mentre la pellicola rumoreggiava fendendo il fascio di luce che originava pochi centimetri dietro di lei, Méliès venne totalmente rapito dal suo fascino; pur conoscendo bene le proiezioni della lanterna magica (una sorta di antico proiettore per diapositive fatte di vetro colorato) e dello stesso kinetoscopio Edisoniano che spesso intervallavano i suoi spettacoli.
Estasiato, chiese ai fratelli Lumière di vendergli uno di quei fantastici macchinari e, dopo averli sentito rifiutare, se lo fece costruire da un suo amico ingegnere.
Se così non fosse stato, non avremmo mai ammirato le pellicole di un uomo che venne definito Il Giotto della settima arte. La sua mente impresse su pellicola il mondo della fantasia, presentato grazie ad espedienti come la dissolvenza, l’esposizione multipla, il colore dipinto a mano fotogramma per fotogramma e, soprattutto, il montaggio. Un aneddoto racconta che Méliès ne capì le enormi potenzialità quando, mentre riprendeva una carrozza in strada, la macchina da presa s’inceppò ricominciando a funzionare dopo alcuni secondi. Sviluppando la pellicola assistette alla metamorfosi della carrozza in carro funebre. Saranno proprio quelle metamorfosi insieme a sparizioni, ingrandimenti fuori misura e sdoppiamenti dello stesso soggetto a dar vita alla più antica e prolifica sperimentazione sugli effetti speciali. Tra il 1896 ed il 1913 produsse più di 500 pellicole; noi ne conosciamo circa la metà, perlopiù in modo frammentario.
I primi mirabolanti romanzi di Jules Verne erano stati pubblicati una trentina d’anni prima; i loro temi, le loro ambientazioni facevano sentire le proprie eco nelle idee e nelle scenografie del regista illusionista. O meglio: le prime vere e proprie scenografie della storia del cinema che vennero allestite in uno dei primi studi di posa della storia del cinema; una struttura simil-serra costruita a Montreuil con pareti di vetro, in modo da poter sfruttare al meglio la preziosa luce solare.
Al suo interno Méliès arrivò a produrre fino a tre pellicole al giorno nelle vesti di regista, produttore ed attore. La sua entusiasta produttività fu anche la sua rovina. Vendeva le sue pellicole una ad una, senza percepire nessun diritto d’autore sulle singole proiezioni. Non riuscì mai a godere del successo che il suo lavoro stava raccogliendo in giro per il mondo, costretto a girare pellicole su pellicole per evitare il fallimento della sua casa di produzione, la Star Film.
Lui non l’ha mai saputo ma, cercando di aggirare il problema della contraffazione americana, ha girato il primo film in 3D; e non lo sapevamo neanche noi, fino a qualche anno fa!
Nel 2007 il restauratore Serge Bromberg stava lavorando su Il calderone infernale: datata 1903, la pellicola ci mostra un demone (Méliès stesso) gettare tre donne in un calderone. Dopo il loro ritorno sotto forma di spettri (esempio di sovrimpressione) anche il demone, colto (forse) da un gran senso di colpa, si abbandona alla stessa sorte. Bromberg aveva bisogno di alcuni fotogrammi che non era riuscito a trovare in Francia ma sapeva fossero reperibili in America. Non poteva immaginare che l’immagine impressa sulla pellicola d’oltreoceano non combaciasse con quella in suo possesso: nel tentativo di far valere un concetto di copyright che ancora non esisteva, Méliès aveva ripreso quella scena con due macchine da presa. Una delle due pellicole era destinata al Nuovo Mondo: in questo modo, Edison non avrebbe avuto il tempo materiale per plagiare (perché è esattamente quello che succedeva) il geniale mago.
Purtroppo il suo ingegno non bastò. Nel giro di poco tempo le idee cominciarono a scarseggiare, il pubblico a rumoreggiare e gli albori dell’industria cinematografica fecero capolino.
Il suo mondo fantastico, simulacro di una mente sognatrice, venne smantellato più velocemente di quanto lui avesse impiegato a concepirlo. Come se non bastasse il teatro che lo aveva visto nascere artisticamente, venne smantellato per far posto alle odierne Gallerie Lafayette, il grande centro commerciale della capitale francese. Nel 1925 rincontrò una delle attrici che lo aveva aiutato nella realizzazione di quei sogni ad occhi aperti e si sposarono. Insieme gestirono il chiosco di dolci e giocattoli della stazione di Paris-Montparnasse: ad un passo da quelle stesse rotaie francesi, per un’infima ma romanticissima ironia della sorte (nel 2011 Martin Scorsese racconta questo tormentato momento della vita di Méliès in Hugo Cabret, con una sensibilità che sembrava lontana dalle sue corde).
L’uomo che aveva predetto l’allunaggio col suo Viaggio nella luna, fu destinato a volare sempre basso.
Spesso non ci si rende conto di quanto ricordare sia importante. Lo sa bene Sky Cinema Vintage che dall’8 al 16 Ottobre ci farà dono di queste due fantastiche pellicole che vi abbiamo presentato (insieme ad altri 20 film della storia del cinema) in una versione tridimensionale che mai avreste immaginato e, soprattutto, che non è il frutto di subdole strategie di mercato “remake-iane”; ma semplicemente condivisione di scoperte, di entusiami, di voglia di sfruttare al massimo delle sue capacità un mondo di sentimenti che nessuno sa quanto ancora sarà capace di regalarci nei prossimi decenni.