Spring Breakers: che fine farebbe oggi il cult allucinato, disperato e realista di Harmony Korine
In occasione del suo inserimento all’interno del catalogo streaming sempre più ampio e interessante della piattaforma Mymovies ONE, torniamo a riflettere su Spring Breakers, uno dei film più controversi, scorretti eppure lucidi degli ultimi undici anni di cinema, nonché dell’intera filmografia di un autore anomalo, eppure mai così spietato e documentaristico come Harmony Korine
Presentato alla Mostra del Cinema di Venezia nel 2012 e subito dopo al Toronto International Film Festival, Spring Breakers fin da subito attira su di sé un’ondata apparentemente inarrestabile di polemiche, indignazioni e controversie, che cresce sempre più, raggiungendo il culmine al momento della sua uscita nelle sale cinematografiche globali, permettendogli più che abilmente di sfruttare la nomea di film scandalistico, divenendo in breve tempo un instant cult.
Spring Breakers è sulla bocca di tutti. C’è chi lo esalta – gran parte della critica internazionale – e chi invece sottolineandone la provocazione gratuita condotta tra contenuti espliciti e presentazione cruda e allucinata di una realtà giovanile nient’affatto veritiera grida allo scandalo, suggerendo nemmeno troppo sottilmente di boicottare il film, impedendone il successo, senza tuttavia riuscire a farlo.
In questo senso, risulta ormai storica la distanza, mai così evidente e politica, tra la posizione critica sostenuta da testate affini quali The Guardian e RogerEbert.com rispetto a The Hollywood Reporter, Variety, ma soprattutto Time, che boccia il film di Korine su tutta la linea, etichettandolo addirittura come film trash.
Richard Roeper di RogerEbert.com riflette sul parallelismo tra Spring Breakers e Natural Born Killers di Oliver Stone, lodando ampiamente il film di Harmony Korine, per il suo essere così fortemente debitorio di quell’immaginario psichedelico e violento preesistente, eppure capace di risultare a tutti gli effetti innovativo, ibrido e impegnato sul piano della denuncia sociale e politica.
Basti pensare all’estetica e ai linguaggi da videoclip musicale grezzo, crudo, kitsch e talvolta camp – per intenderci di molto repertorio MTV – cui ricorre Korine per l’intera durata del film, conoscendo più che bene quella realtà, avendo curato la videografia di artisti quali: Daniel Johnston, Sonic Youth, Will Oldham, Cat Power e Die Antwoord, perciò sfruttandola al meglio e per di più ribaltandola coraggiosamente, considerata la mancanza pressoché totale di freni inibitori propria del cinema di Korine.
Che lo si voglia o no, Spring Breakers è un vero e proprio caso cinematografico
Ecco perché risulta interessante perfino tornare alla storica stroncatura di Richard Corliss su Time che definendo il film come “spazzatura pop-art” non accetta che lo stesso venga visionato ai festival di Venezia e Toronto, in parallelo a titoli di veri e propri maestri quali Terrence Malick e Paul Thomas Anderson, come se la loro coesistenza in uno stesso concorso fosse nientemeno che un insulto.
Le ragioni? Per Corliss, il film di Korine è superficiale, delirante e fin troppo provocatorio. Gratuita l’esibizione del corpo femminile, e così della sessualità e delle sostanze stupefacenti. Una posizione che rimanda a molto moralismo del presente, tra inspiegabili capacità di rilevare ovunque l’oggettificazione del corpo femminile – cacciando una strega spesso e volentieri inesistente – e la volontà ingenua e infantile di nascondere la testa sotto il cuscino, pur di non osservare ciò che è carnalità e uso libero del proprio corpo e desiderio.
Due voci estremamente chiare quelle di Roeper e Corliss. Da una parte la volontà di riflettere a fondo sul cinema psichedelico, disperato e documentaristico al quale Harmony Korine dà vita con Spring Breakers. Dall’altra la negazione di ogni forma di ricerca autoriale che non coincida con il convenzionale.
Al pubblico di quegli anni e di questi non resta altro che calarsi ancora una volta nel vortice di follia tossica e divertimento allucinato rappresentato da Spring Breakers, scoprendone ulteriori pregi, oppure difetti, ma uscendone inevitabilmente turbati e sorpresi, di visione in visione.
A partire dal suo essere precursore sui tempi rispetto a moltissimi linguaggi e codici successivamente accolti come sensazionali e realmente maturi e realistici – vedi Euphoria di Sam Levinson – cui si sarebbe giunti di lì a poco.
Spring Breakbitch – Le ragazze di Disney Channel si ribellano
Ancor prima della parabola discendente per alcuni ed ascendente per altri di Bella Thorne, altra ex giovane star Disney – A tutto ritmo – sempre più alle prese con una coraggiosa volontà di sperimentare linguaggi differenti oltre al cinema, tra i quali il porno, quattro interpreti: Vanessa Hudgens, Selena Gomez, Ashley Benson e Rachel Korine scandalizzano le platee, mostrando un altro volto del loro essere interpreti, escluso quello innocente e puro garantito dalle produzioni Nickelodeon/Disney, cui prendono parte per programmi e periodi differenti in giovane età.
Ed è proprio interpretando le quattro cattive ragazze di Spring Breakers che questo nuovo volto prende forma, fin dalle primissime sequenze del film, fortemente orgiastiche nel loro mostrare sfrontato una lunghissima serie di partite di pallavolo tra corpi nudi, simulazioni sessuali, sbronze colossali, nonché veri e propri rapporti alla luce del sole, e ancora, davanti ad una folla evidentemente eccitata che non soltanto osserva, ma divora con lo sguardo quegli stessi corpi, desiderando di poterli toccare e usare, incurante del carattere ferocemente esibizionista dell’intera faccenda. Anzi, ciò che conta è proprio quello, l’esibizionismo.
Le ragazze di Disney Channel si ribellano, e Harmony Korine presenta loro la miglior opportunità possibile per farlo, sdoganando fin da subito la sessualità esplicita, centrale nel film e mai gratuita, piuttosto vera e propria arma psicologica capace di manipolare menti maschili ben più perverse, pericolose e tossiche, come quella del trafficante e spacciatore, Alien.
Non deve dunque sorprendere, osservare Vanessa Hudgens intenta a disegnare un enorme pene su di un foglio da disegno con su scritto “Spring Breakbitch”, dopo aver simulato un rapporto orale con lo stesso. O ancora, Ashley Benson puntarsi la canna di un’arma finta alla bocca, sparandosi dritta in gola grandi quantità di vodka. Così come costanti abusi di sostanze stupefacenti fruite sui corpi nudi delle stesse, o simulazioni di rapporti sessuali – e omosessuali – a tre o quattro, in compagnia del miglior James Franco visto fino ad oggi.
Spring Breakers va fino in fondo, senza mai risparmiare alcunché allo spettatore, quasi mai capace di godere del visibile, in quanto spietatamente cupo, sporco, squallido, violento e ribelle.
Una ribellione che è emancipazione sessuale e più in generale identitaria e che trova sfogo liberatorio e in qualche modo orgasmico nel lasciarsi andare senza porsi alcun freno, alla mente creativa, pop, allucinata, dolce e delirante di Harmony Korine, che nel firmare Spring Breakers diviene autore del film più lucido, disperato e realista di sempre sul disagio giovanile e il crollo del sogno americano.
Faith torna a casa – La necessità della fuga, il desiderio del ritorno
A scanso di equivoci, che Spring Breakers non tratti esclusivamente di droga e sessualità appare chiaro fin da subito, non appena la Faith interpretata da Selena Gomez viene inquadrata da Korine attraverso una serie di primi piani che la vedono pur sempre relegata ai margini, comunicando fin da subito un disagio ed una perdizione che coincide ben presto con la necessità di fuggire, e di trovare un proprio posto nel mondo, nonostante la consapevolezza del dolore e che quel posto nel mondo non esista affatto, o almeno, molto difficilmente, essendo poi dichiaratamente irrisolta.
“Mi sono rotta di vedere tutti i giorni le stesse identiche cose. Sono tutti depressi perché vedono sempre le stesse cose. Si svegliano nello stesso letto di sempre, nelle stesse case e vedono sempre gli stessi deprimenti lampioni. Una sola stazione di servizio, il prato, che non è neanche verde, ma è marrone. Tutto è sempre uguale, tutti sono tristi. Io non voglio finire come loro, me ne voglio andare da qui. Questo è molto più di uno Spring Break, è l’occasione di vedere qualcosa di diverso”
Reduce da un’importante collaborazione con Larry Clark, autore di film tutt’oggi considerati taboo e anomali, come Kids o Ken Park, Harmony Korine conosce fin troppo bene il significato profondo del disagio generazionale vissuto da quei giovani tossici, perduti, eppure sognatori, raccontati da Spring Breakers, tanto da concentrare gran parte del suo film sulla necessità della fuga e la condizione giovanile della perdizione, che è geografica, ma soprattutto identitaria ed esistenziale.
Una perdizione vissuta soprattutto dal personaggio di Faith, quella che più di ogni altra osserva, scruta, giudica e comprende, per poi allontanarsi, abbassando il capo e la voce, mantenendo il silenzio e sfogandosi tra le lacrime.
Eppure, nel prendere parte alla spirale di violenza, le quattro giovani del film perdono la propria debolezza e sentimento di abbandono, trovando ben presto la perdizione, muovendosi incappucciate come fossero vampiri, passando dall’esibizione sfrontata dei loro corpi, alla protezione degli stessi, commettendo rapine a mano armata come fossero un nonnulla, idealmente protette dal mantra “facciamo finta di essere in un film o in fottutissimo videogioco”, affinché tutto, o quasi, vada per il meglio.
Ed è solo con l’arresto che il sogno finisce e Faith torna a casa, riflettendo sulla necessità della fuga ed il conseguente desiderio del ritorno.
Io volevo essere un bastardo – Il vero sogno americano, Spring Break per sempre
Se l’umanità mostrata da Spring Breakers fino alla seconda metà del film coincide con uno squallido sottobosco di delinquenti di mezza tacca, tossici, performer, spacciatori, derelitti di varia natura, gangster in erba, papponi e prostitute, è solo con l’arrivo in scena dell’Alien interpretato da James Franco che Harmony Korine realizza la più coraggiosa, spietata, delirante e ossessiva critica al sogno americano tanto suggerita dall’intero film.
Alien si professa diverso, dice di venire da un altro mondo, di non aver mai desiderato una carriera da medico o da campione come molti altri coetanei, bensì di aver sempre voluto essere un bastardo, rincorrendo un’ideale di successo, criminalità e di sogno americano raggiunto attraverso l’esibizione di una camera da letto colma di armi – un vero e proprio arsenale da fine del mondo –, denaro e donne al suo servizio.
Eppure, presentato come personaggio maschile idealmente forte, pericoloso e temibile, perciò convinto di manipolare, Alien diviene manipolabile e manipolato, nella sequenza più probabilmente sadica eppure decisiva dell’intero film che ribalta nel corso di pochi attimi quella logica di uso e abuso del corpo femminile, illusoriamente esposto come semplice oggetto del desiderio, e in realtà arma mutevole, ben più consapevole rispetto ai personaggi maschili, degli effetti e conseguenze di tutta quella violenza, caos, disperazione e logiche di sopravvivenza che le hanno condotte fino a lì.
Due momenti: la sottomissione di Alien, costretto a praticare una fellatio alla canna di due pistole, forzatamente inserite nella sua bocca da Candy e Cotty (Rachel Korine) e la rivisitazione disperata e già di per sé simbolo del crollo del sogno americano e poi del suo stesso destino, dell’indimenticabile Everytime di Britney Spears, colei che l’Alien di James Franco definisce come: “un angelo caduto sulla terra, se ne è mai caduto uno”.
Spring Breakers non è un film di angeli, eppure in qualche modo lo è.
Le sue protagoniste, possono essere infatti figure angeliche, seppur maledette, desiderose di perdere la propria innocenza, eppure traumatizzate dalle conseguenze della stessa, e dall’accettazione della morte.
Un film che molto difficilmente si sarebbe potuto pensare e produrre oggi e che fortunatamente è figlio di un’altra Hollywood e di un’altra epoca, durante la quale il sesso e il corpo ancora non subivano i dettami sociali, politici, moralisti e conservatori dell’oggi.
Disponibile in streaming sulla piattaforma di MyMovies ONE, Spring Breakers vi aspetta a partire dal 15 agosto.