Monica Vitti e Michelangelo Antonioni: una storia d’amore e film
Monica Vitta e Michelangelo Antonioni, una storia d'amore che ha cambiato il cinema italiano del secolo scorso.
Nata a Roma il 3 novembre del 1931 sotto il nome di Maria Luisa Ceciarelli, Monica Vitti fu sia la musa di Michelangelo Antonioni che la regina della commedia italiana di Mario Monicelli e Alberto Sordi. Lei non era solo un’attrice, ma un’interprete, una traduttrice capace di trasformare i personaggi da lei interpretati in donne tridimensionali, complesse, affascinanti, che hanno non solo influenzato i personaggi femminili a seguire, ma le sue stesse spettatrici. Grazie al suo charme, al suo umorismo e alla sua dialettica il suo lavoro ha lasciato un’impronta indelebile.
Monica Vitti si è spenta il 2 febbraio 2022, dopo pochi mesi dal suo novantesimo compleanno. La sua ultima apparizione risale al 2001 in occasione dei David di Donatello a seguito dei quali, a causa di una malattia degenerativa, decise di ritirarsi a vita privata a fianco del marito Roberto Russo.
L’incontro con Michelangelo Antonioni e la trilogia dell’incomunicabilità
Ragazza borghese cresciuta studiando in collegio convince i reticenti genitori a iscriversi all’Accademia nazionale d’arte drammatica dove si diplomerà nel 1953. Inizia così la carriera di Monica Vitti, calcando i palcoscenici italiani con opere drammatiche, da Tofano alla tragedia Greca sino a Brecht. Al dramma segue subito la commedia e il cabaret attraverso i quali l’attrice romana dimostra subito la dualità che segnerà tutta la sua carriera.
Il debutto al cinema risale al 1955 con un piccolo ruolo in Adriana Lecouvreur di Guido Salvini a seguito del quale inizia a lavorare come doppiatrice per numerosi film di Fellini. È così che due anni dopo Vitti ottiene il ruolo di Ofelia in Le dritte di Mario Amendola e un lavoro come doppiatrice per Il grido di Michelangelo Antonioni. Sarà in sala doppiaggio che conoscerà il regista, tra i due scatta un colpo di fulmine artistico e sentimentale. La loro relazione durerà una decina di anni e tra alti e bassi regalerà al cinema italiano dei capolavori immortali, ma prima di portarla sul grande schermo, desideroso di lavorare con lei, Antonioni sceglierà di dirigere Vitti nella sua prima e unica compagnia teatrale, mettendo in scena Io sono una macchina fotografica di Van Druten, Scandali segreti e ricorda con rabbia di Osborne.
L’avventura, La notte e L’eclissi
È il 1960 quando Monica Vitti, interpretando Claudia ne L’avventura, viene diretta da Antonioni in un lungometraggio. È l’inizio della lunga collaborazione tra i due artisti, che insieme hanno raccontato la nuova società italiana che pian piano si lasciava alle spalle il neorealismo per raccontare la contemporanea complessità: l’infelicità, l’incapacità di amare, di agire, l’essere o non essere di cuore. Vitti e Antonioni danno vita a quella che per il mondo è la trilogia dell’incomunicabilità composta da L’avventura, La notte e L’eclissi.
Nel 1962 con L’eclissi la coppia calca per la prima volta il red carpet di Venezia, sono passati cinque anni dal loro incontro e Monica Vitti è divenuta il volto delle donne borghesi nevrotiche e dolenti dell’incomunicabilità. I ruoli di Claudia, Valentina e Vittoria trasformano Monica vitti in una diva internazionale, ma è nel 1964 con il ruolo di Giuliana in Deserto rosso che entrà a far parte della storia del cinema.
Deserto Rosso: Michelangelo Antonioni, Monica Vitti e la fine del loro amore
Monica Vitti è, con bravura e intensità, la protagonista e bisogna riconoscere che la sua nevrosi è credibile e al tempo stesso non compromette la sincerità e violenza del breve rapporto d’amore.
Scrive così Moravia su L’Espresso del 1964 dopo che il primo film a colori di Michelangelo Antonioni lascia completamente basito il pubblico della venticinquesima Mostra del Cinema di Venezia. Deserto rosso indaga l’alienazione e la nevrosi della nuova società dei costumi, trasforma la realtà dissociata e angosciante contemporanea in un mito usando la donna, Vitti, come emblema per raccontare con sensibilità l’inquietudine della società.
Deserto rosso sarà un successo grazie anche alla collaborazione con il direttore della fotografia Carlo di Palma. Con questo film Antonioni vincerà il Leone d’oro, ma dirà addio alla sua musa. La relazione con Monica Vitti terminerà quando tra lei e Di Palma iniziò una travolgente storia d’amore. Vitti e Antonioni non lavoreranno più insieme, l’attrice diventò protagonista delle opere del suo nuovo compagno, lavorando con lui in tre diversi film degli anni ’70, Teresa la ladra, Qui comincia l’avventura e Mimì Bluette…fiore del mio giardino.
Nel 1985 inizia un altro lungo e importante rapporto con il regista Roberto Russo. I due si sono sposati dopo diciassette anni, nel 2002, poco dopo che Monica Vitti decise di ritirarsi dalla vita pubblica per problemi di salute.
Il mistero di Oberwald
Negli anni Ottanta, dopo essersi dedicata alla commedia per tanti anni, Monica Vitti scelse di tornare temporaneamente al cinema drammatico lavorando nuovamente a fianco di Michelangelo Antonioni con Il mistero di Oberwald (1981). Il lungometraggio per il piccolo schermo fu un esperimento, Antonioni scelse di addentrarsi nei territori della nuova tecnica di ripresa elettronica. L’adattamento dell’ampolloso romanzo di Cocteau si scontra tuttavia con la poetica di Antonioni, che anche dopo aver asciugato abbondantemente il testo di partenza, non riesce a restituire l’essenza dell’opera.
Il mistero di Oberwald non sarà un successo come le opere precedentemente realizzate dalla coppia, ma sarà ricordato per sempre come rappresentativo della svolta tecnico-espressiva del cinema e come l’ultimo incontro sullo schermo tra Monica Vitti e Michelangelo Antonioni.
Il sodalizio artistico tra Vitti e Antonioni resterà per sempre immortale, una pagina incancellabile della storia del cinema italiano.