Ted Bundy – Fascino criminale: la storia vera dietro al film con Zac Efron
La storia di Ted Bundy, uno dei serial killer più prolifici della storia degli Stati Uniti, ha recentemente ispirato il film Ted Bundy - Fascino Criminale
Un convincente Zac Efron, in Ted Bundy – Fascino Criminale, ci porta con mano dentro la mente del serial killer più celebre degli Stati Uniti. Autore di almeno 35 omicidi ai danni di giovani donne negli Stati Uniti tra il 1974 e il 1978, Bundy è uno degli assassini più prolifici mai documentati. Omicida, stupratore, necrofilo, “un sadico sociopatico che traeva piacere dal dolore altrui. Diamo uno sguardo più approfondito alla sua crescita e alle indagini che lo condurranno alla pena di morte capitale nel 1989 su una sedia elettrica della Raiford Prison di Starke, in Florida.
Chi è Theodore “Ted” Bundy: la storia vera del mostro più famoso d’America che ha ispirato il film
Bundy nasce a Burlington il 24 Novembre 1946. Figlio di Eleanor Louise Cowell, con un padre la cui identità non fu mai determinata con certezza. I primi tre anni di età li vive a Filadelfia con i nonni materni, convinto che loro siano i suoi genitori biologici. Fin dall’inizio questa situazione alimenta una certa confusione riguardo i suoi dati anagrafici. La madre si comporta in maniera bizzarra, senza mai rivelare la verità al figlio, facendogli credere che lei fosse sua sorella e cambiando legalmente il proprio nome in Louise. Successivamente la donna conosce il cuoco John Culpepper Bundy, che sposa nel Maggio del 1951. In quell’occasione, Theodore decide di cambiare definitivamente il proprio nome in Theodore Robert Bundy.
Trascorre tranquillamente la sua adolescenza, impegnato ad assumere una buona condotta a scuola e a partecipare attivamente come membro dei Boy Scout locali. È un ragazzo timido, che esibisce vestiti sgargianti e molto meno adatti alla sua età. Comincia presto a manifestare degli impulsi criminali: viene accusato di spiare donne dalle finestre e di rubare vestiario nei negozi.
Un periodo di profonda depressione
Nel 1965 ottiene il diploma e una borsa di studio per l’Università di Puget Sound (Washington). Passano due semestri: conosce una ragazza molto giovane e proveniente da una famiglia di modeste origini, Stephanie Brooks. Per Bundy quella rappresenta la possibilità d’instaurare una relazione intima: lei rappresenta non solo il primo amore, ma anche la prima esperienza sessuale. La ragazza, dopo essersi laureata, tronca ogni tipo di legame, causando a Bundy uno shock dal quale non si riprese mai. La tendenza di Ted a non confidarsi e a manipolare gli altri erano aspetti di una personalità contorta, non adatti alla figura di una ragazza studiosa e appartenente a una ben differente classe sociale rispetto alla sua.
Un periodo di depressione durato due anni, difficile da superare anche per la comparsa improvvisa di una rivelazione devastante: la vera identità della madre. Louise Cowell, la donna che aveva cercato di farlo crescere come se fosse suo fratello, gli confessa di essere in realtà la sua madre naturale.
Sulla strada per il cambiamento
Nel 1969 Bundy ricomincia gli studi e si dedica ai corsi di psicologia e legge. Opera persino come volontario al centro telefonico della Seattle Crisis Clinic, un’associazione no-profit che cercava di dare assistenza ai bisognosi e alle vittime di stupri. In quello stesso periodo, ha l’opportunità di conoscere Carol Ann Boone, una donna che segna la sua vita, diventandone amica e confidente: un’esperienza singolare che viene descritta dettagliatamente dalla Boone nel libro Un Estraneo al Mio Fianco.
Nei due anni seguenti, Bundy decide d’intraprendere l’attività di sostenitore alle campagne politiche del Partito Repubblicano dello Stato di Washington, durante la quale stende un opuscolo per le donne riguardo la prevenzione dallo stupro. Successivamente inizia a fare domanda presso numerose scuole di legge per diventare avvocato. Intraprende nel frattempo una relazione con la giovane Elisabeth Kloepfer, una donna divorziata. Una storia che avrebbe definitivamente colmato ogni impulso, da parte di Ted, a fantasticare su delle potenziali violenze da esercitare su vittime indifese. Non è abbastanza invece, come vedremo in seguito.
Un’inspiegabile carneficina
Gli atti violenti da parte dell’attivista e aspirante avvocato non tardano ad arrivare. Il primo tentato omicidio avviene il 4 Gennaio del 1974: una vittima di nome Joni Lenz, 18 anni, viene picchiata a sangue nel suo letto con una spranga di ferro. La giovane riesce a salvarsi, nonostante abbia gravi lesioni riportate su tutto il corpo. Un mese dopo scompare Lynda Ann Healy, rapita dalla sua stanza seminterrata a Seattle. Macchie di sangue vengono trovate sul letto, mentre le lenzuole e il cuscino sono scomparsi.
Nei tre stati dello Utah, Oregon e Washington, tra la primavera e l’estate del ’74, almeno cinque ragazze scompaiono in circostanze misteriose. Gli investigatori non sono del tutto convinti che dietro a queste sparizioni ci sia un unico assassino a operare dietro le quinte. Il 17 Giugno del 1974 la giovane Brenda Baker viene ritrovata morta in un parco. I rapimenti si susseguono a ritmi vertiginosi, tanto da confondere le forze di polizia locali. Non si riusce a stabilire un coordinamento logistico efficace per delineare il profilo dei killer di donne. Theodore Bundy si sente protetto da questo fitto alone di mistero, attraverso la quale si perdono le tracce dei potenziali sospettati.
Spariscono due ragazze il 14 Luglio del 1974, adescate sul lago Sammamish da un uomo distinto, affidabile e dalla prestanza fisica importante: si faceva chiamare Ted. Non se ne sa più nulla del rapimento di Denise Marie Naslund e Janice Anne Ott.
Scacco matto per Ted Bundy
L’8 Novembre del 1974, nello stato dello Utah, Bundy tenta di rapire Carol DaRonch, presentandosi travestito da agente di polizia. Lei sale sul Maggiolino di Bundy, convinta che sarebbe stata portata a una stazione di polizia per fare una regolare denuncia. La ragazza riesce a divincolarsi dalle azioni sconsiderate dell’omicida, e con tutte le forze riusce a sfuggire al suo controllo. Saranno proprio DaRonch e la corrente fidanzata di Ted Liz Kloepfer ad avere un ruolo di spicco nell’arresto del killer.
Nel 1975 Bundy continua a mietere vittime in un nuovo stato: il Colorado. Almeno quattro giovani donne scompaiono misteriosamente fra il gennaio e l’aprile di quell’anno. Il 16 Agosto del 1975 si mobilita la task force di Washington, occupandosi delle ricerche e focalizzandosi su una lista di venticinque sospettati. Bundy non rientra nella rosa dei sospettati, ma quel giorno un ufficiale dello stato dello Utah, Bob Haywood, nota un maggiolino Volkswagen di colore chiaro, come era stato accuratamente descritto dalla vittima sopravvissuta Carol DaRonch. Vengono trovati una spranga, un passamontagna, un rompighiaccio e delle manette all’interno dell’abitacolo. Bundy viene arrestato e condannato per l’aggressione di Carol.
L'”innocente” Ted Bundy a piede libero
Ted non ne vuole sapere di rimanere in prigione. Riesce a evadere due volte durante la sua detenzione: la prima avviene il 7 Giugno del 1977, durante il trasferimento per un’udienza preliminare. Bundy pianifica la fuga dopo essersi rinforzato ginocchia e caviglie simulando la caduta. Salta dalla finestra del tribunale di Pitkin, nella contea di Gunnison, sempre in Colorado. La seconda invece avviene il 30 Dicembre dello stesso anno. Ted sparisce, lascia il Colorado e si dirige in Florida, compiendo una serie di efferate uccisioni. La fuga di Bundy continua così come la sua scia di morte: il 15 Febbraio del 1978 si introduce nel dormitorio della Chi Omega, con sede a Tallahassee, e armato di quercia uccide e sevizia due ragazze, riducendone in fin di vita altre due, picchiandole selvaggiamente.
Il 9 Febbraio del 1978 uccide anche la dodicenne Kimberly Diane Leach e viene arrestato nuovamente, alla guida di un auto rubata: il poliziotto in servizio non era consapevole di aver catturato uno dei killer più ricercati d’America.
Theodore “Ted” Bundy: il processo e la pena di morte
Tra il 1979 e il 1980 in Florida si tiene il processo, seguito con estrema attenzione dai mass-media di tutto il mondo. Durante lo sviluppo di questo, Bundy insiste per difendersi da solo in aula. Colpito da un’improvvisa mania di protagonismo, Ted ottiene uno spazio esclusivo davanti gli obiettivi per diventare una vera e propria celebrità. Nonostante, però, riesca a mettersi in primo piano, supportato da un gruppo ben nutrito di persone e sostenitori che lo ritengono innocente: la corte dichiara l’imputato colpevole di 36 omicidi. Nel 1986 riesce a evitare l’esecuzione della pena capitale per due volte. Negli anni di carcere, cerca di tenersi in contatto con la sua compagna di università, Ann Boone, e offre la propria assistenza agli investigatori che si occupavano del caso Green River Killer, assassino seriale dello stato di Washington.
Il 17 Gennaio viene ufficialmente proclamata la definitiva sentenza di morte. Alle 7.06 del 24 Gennaio 1989 Ted Bundy viene giustiziato sulla sedia elettrica; alle 7.16 ne viene dichiarato il decesso. Il corpo viene cremato e le sue ceneri disperse sulle Taylor Mountains, nella contea di Sonoma, California.