The Harder They Fall: la storia vera dietro al film Netflix
“Sebbene gli eventi di questa storia siano frutto di fantasia… Queste. Persone. Sono esistite”. I primi secondi di The Harder They Fall sono una dichiarazione d’intenti. Non ci gira attorno, non ne fa mistero: l’obiettivo è anche dare respiro ad eventi e volti troppo spesso secondari nel genere western. D’altronde è ormai una tendenza diffusa nel cinema di genere americano, come molta della new wave horror dimostra, con Jordan Peele in prima fila. Dunque sì, The Harder They Fall sarà anche finzione, ma le premesse e il contesto sono più che reali. Scopriamo la storia vera dietro il film diretto da Jeymes Samuel (conosciuto nel mondo musicale come The Bullits), disponibile su Netflix dal 3 novembre 2021.
The Harder They Fall, la storia del film
Rufus Buck (Idris Elba) è il killer più temibile del west. A tal punto che la sua cattura è accompagnata da una carovana di soldati armati e garantita da una gabbia ad alta sicurezza. Ovviamente tutto questo non basta a fermare la sua banda, capitanata dai suoi bracci destri Trudy Smith (Regina King) e Cherokee Bill (Lakeith Stanfield), che riesce a liberare il boss e a ricondurlo nella città natale di Redwood. Qui, si sperimenta una società indipendente, una comunità libera dal gioco dei bianchi ma sotto l’egida minacciosa di Buck. Nasce dunque una caccia all’uomo guidata da Nat Love (Jonathan Majors), bandito con una taglia di 10.000 dollari sulla testa e tutte le buone intenzioni di vendicarsi su Buck per i dolori del passato e non solo. Al suo fianco un’altra banda – tra cui ricordiamo Stagecoach Mary (Zazie Beetz), Jim Beckworth (RJ Cyler) e Bill Pickett (Edizione Gathegi) – destinata allo scontro finale con i rivali di un mondo nuovo ma ancora selvaggio.
The Harder The Fall – storia vera e personaggi realmente esistiti?
Nat Love, con il cui passato tormentato inizia The Harder The Fall segnando l’aspetto revenge del film Netflix, trae ispirazione da un vero cowboy del Tennessee. Le sue gesta selvagge e spietate si possono leggere nell’interessante autobiografia dal titolo Life and Adventures of Nat Love. Al suo interno racconta di essere nato schiavo nel Tennesse del 1854, imparando presto a domare i cavalli della piantagione del suo padrone. Libero grazie all’Homestead Act, Nat Love cavalcò l’ovest giungendo in Kansas con il soprannome di “Deadwood Dick”, guadagnato per la sua abilità da domatore.
Il west raccontato da Love assomiglia molto alla sua controparte di finzione: “non c’era alcuna legge – scrive – è un paese selvaggio guidato dalla potenza persuasiva di una Colt 45″. Conobbe inoltre figure iconiche come Buffalo Bill e Billy The Kid. Ovviamente, in qualità di autobiografia senza riscontro storico, ogni pagina di Nat è da prendere con le pinze, cercando di discernere fatti realmente accaduti da quelli che il cowboy avrebbe volute che accadessero.
Anche la sua controporte immaginaria è in realtà colta da personaggi realmente esistiti: Rufus Buck è infatti pensato a partire dal capo banda Buck, impiccato nel 1896 per crimini di omicidio e stupro. Da notare però che Buck aveva solo 18 anni, e il suo gruppo era composto per lo più da giovani e adolescenti. Rapinavano banche, uccidevano rappresentanti della legge e scatenavano il terrore tra l’Arkansas e Oklahoma. Secondo molti storici, Buck era un idealista: l’obiettivo ultimo dei suo sforzi aggressivi era incitare alla rivolta i nativi americani per la riconquista delle terre dell’Arkansas e dell’Oklahoma, invase con il sangue dai coloni bianchi. La storia è raccontata, con amor di romanzo ma parzialmente attendibile, da Leoncee Gaiter in I Dreamed I Wes in Heaven: The Rampage of the Rufus Buck Gang.
Da Rufus Buck a Trudy Smith: i personaggi di They harder they fall
Il personaggio interpretato da Zazie Beetz, Stagecoach Mary, non ebbe nulla a che fare con i due malviventi, né prese mai parte ad alcuna banda organizzata. Fu però una figura importante e decisiva nel selvaggio West.
Sappiamo infatti che fu la prima donna afroamericana impiegata nel servizio postale degli Stati Uniti d’America, e dunque parte del lungo percorso di emancipazione che vedrà nel secolo a venire la sua massima espressione.
Secondo alcune fonti, nacque intorno al 1832 in una piantagione del Tennesse. Ottenuta la libertà, segue l’amica Madre Superiora delle Orsoline nel Montana. In missione per Madre Amadeus ha viaggiato verso ovest per occuparsi della sopravvivenza e il supporto del lavoro evangelico delle suore. Per loro organizzava carrozze, carri, trasportando medicine e cibo. Viene però cacciata quando viene scoperta in un duello a fuoco, fatto che darà credito alle maldicenze che la vedevano dedita al bere e al fumare. Mary scappa dunque a Cascade, diventando l’unica residente afrodiscendente della comunità. Nel 1890 risponde dunque alla chiamata delle poste statunitensi. Epico il racconto che ne fa Miantae Metcalf McConnell in Mary Fields’ Road to Freedom: “In inverno, quando il passaggio di un cavallo o di un carro si è rivelato impossibile, si è gettata in spalle il sacco della posta e ha concluso il viaggio di trentaquattro miglia con le racchette da neve, nulla poteva scoraggiare il suo senso del dovere“.
Nonostante questo, non fu mai accolta nella comunità di Cascade, venendo spesso maltrattata e posta ai limiti della partecipazione sociale. Morì nel 1914, dopo aver perso il diritto di entrare nei suoi amati saloon a causa di una legge approvata nel 1889.
Allo stesso modo Trudy Smith, interpretata magistralmente da Regina King, è invece attestata come pericolosa assassina.
Infatti, “Treacherous Trudy”, soprannome protagonista anche di un dialogo con Zazie Beets, è storicamente accurato. In una recente intervista, Regina King ha raccontato di avere avuto da parte della produzione, e in particolare del regista, la totale libertà di interpretazione e creazione del personaggio.
D’altronde, racconta l’attrice, “non abbiamo abbastanza informazioni su Trudy Smith”, perciò l’immaginazione interpretativa ha potuto avere la meglio e forse regalare un personaggio ancor più vivo dei pochi dettagli consegnatici dalla storia.
Il punto di The Harder They Fall è dopo tutto questo: riportare al centro, con una comunicazione cinematografica pop e improntata alla coolness (non a caso si è accostato il film al Django Unchained di Quentin Tarantino), figure lasciate ai confini della storia-con-la-s-maiuscola.
Chi era davvero Cherokee Bill?
Più noto è invece Cherokee Bill, che non suonerò nuovo agli appassionati del genere. Il pistolero più veloce del West (o uno fra i tanti più veloci dell’epoca) era un fuorilegge unico nel suo genere, icona di un’eredità mista Cherokee e afrodiscendente.
Nato a Crawford Goldsby, veniva da antenati Sioux, messicani, neri e bianchi. Da giovanissimo rubava cavalli al fianco della Cook Gang, rapinando treni e uccidendo senza pietà chiunque provasse a porsi lungo la sua strada. Attestato è anche l’omicidio del cognato, ucciso durante una lite.
Il Maresciallo W.C Smith, che catturerà Cherokee Bill dopo una strenua caccia all’uomo, lo descrive come un “pazzo assetato di sangue che uccideva per pura passione; il più feroce fuorilegge dell’Oklahoma“. Come molti suoi “colleghi”, non raggiunse mai i vent’anni.
Del tutto diversi dal racconto di finzione furono invece invece Bill Pickett e Jim Beckwourth. Nella sua autobiografia, dal titolo Life and Adventures of James P. Beckourth: Mountaineer, Scout and Pioneer, and Chief of the Crow Nation of Indians, racconta la fuga dalla schiavitù in Virginia e la vita da venditore di pellicce ad alta quota. Nel 1820 abbandona ufficialmente la società bianca per unirsi al popolo Crow, una tribù di nativi americani. Durante la corsa all’oro riuscì invece a scoprire un passaggio attraverso la Sierra Nevada, noto poi come Beckwourh Pass e responsabile del boom demografico della California Centrale.
Di Pickett conosciamo invece la vita di attore teatrale e cowboy da rodeo, che gli valse un’importante fama a inizio XX secolo. Cresciuto in una famiglia di allevatori, si avvicina presto al “buldogging”, ossia “l’arte” di afferrare un toro per le corna. Si conquista così il titolo di “Dusky Damon”, iniziando a esibirsi in fiere e mostre di tutto il mondo. Infine, recitò in due film muti degli anni ’20: The Bull-Dogger e The Crimson Skull.