The Illusionist: la spiegazione del finale del film con Edward Norton
The Illusionist si presenta subito come una riflessione sul concetto stesso di finzione e di racconto, di affabulazione e mascheramento della realtà.
Svelare il trucco è un tabù che negli spettacoli di magia è fortemente rispettato, ma The Illusionist, film del 2006 diretto da Neil Burger e liberamente ispirato da un romanzo breve di Steven Millhauser, ci offre proprio la soddisfazione di vedere un magnificente trucco di magia e lentamente scoprirne il trucco. Il protagonista del film è Eduard Abramovitz, in arte Eisenheim, è un professionista della magia, con un particolare interesse per la necromanzia. Innamorato di Sophie, si espone alle ostilità del violento principe Leopold, fino a causare la morte dell’amata. La sofferenza per la perdita spinge il protagonista a provocare il principe tanto da andare incontro all’arresto da parte dell’ispettore Uhl, a cui è affidato l’ingrato e complesso compito di svelare l’arcano dietro gli spettacoli di Eisenheim e la morte della giovane Sophie.
The Illusionist si presenta subito come una riflessione sul concetto stesso di finzione e di racconto, di affabulazione e mascheramento della realtà, cancellando o quanto meno mettendo in confusione il limite che esiste tra una menzogna e una bugia a fin di bene. L’ispettore Uhl ha qui il ruolo di raccontare, di presentare i fatti oscuri per poi svelarli piano piano con lo scorrere delle immagini sullo schermo, tenendo per mano lo spettatore durante il cammino della scoperta di un mondo fatto di ingiustizie reali e di oniriche risoluzioni. Neil Burger e gli sceneggiatori non mancano di affacciarsi ai temi di ingiustizia sociale e, soprattutto, di violenza contro le donne e contro i più deboli in generale, affermando anche come totalmente vincente un approccio non violento, che sappia anteporre l’astuzia e la bontà d’animo alla furiosa vendetta d’onore. Di fronte all’arguzia che ha portato Eisenheim e Sophie a poter vivere insieme lontani dal male che li accerchiava non si può che rimanere ammirati dalla consapevolezza di sé e del mondo che il mago dimostra di avere.
Il finale di The Illusionist diventa quindi una sorta di agnizione fiabesca, un riconoscimento delle potenzialità dell’intelligenza contro i corti mezzi della brutalità manesca. Saper guardare oltre le apparenze permette all’ispettore/narratore e al mago in primis, di trarre vantaggio dallo scorrere degli eventi per il grande colpo di scena finale. Lo spettacolo più grande a cui lavorare alacremente, come suggerito appunto dalla coppia di protagonisti, è la vita: un’occasione irripetibile in cui dare il meglio di noi stessi per poi andarsene (davvero o per finta, questo è un altro discorso) coperti da scroscianti applausi o tra lo sgomento generale. Il personaggio interpretato da Edward Norton è il simbolo di questa eleganza di pensiero, di questa lucida astuzia che non rinuncia ai sentimenti per trarre linfa vitale. Il finale di The Illusionist è il trionfo di questa storia d’amore, ma anche quello della soddisfazione del pubblico di vedere svelato il trucco, di saper spogliato l’inganno: sia quello che finora aveva mortificato il pubblico convincendolo della morte della principessa Sophie, sia quello, ben più soddisfacente, che nega questo dolore e vede invece uscire come sconfitto su tutti fronti l’antagonista per eccellenza, cioè il principe Leopold. Persino l’ispettore Uhl che come ruolo istituzionale dovrebbe essere dalla parte dell’aristocrazia invisa al mago e agli spettatori, non può che arrendersi di fronte alla magnificenza del gesto di Eisenheim e del sentimento amoroso che lo ha spinto a osare così tanto. Perché in fondo, il mago ha fatto esattamente questo, visto che con la sua magia ha sfidato tutti: l’ispettore, il principe, le credenze popolari e il pubblico.