The Interpreter: la spiegazione del finale del film con Nicole Kidman
La verità è la chiave di lettura di The Interpreter, una verità che scotta, fa male, fa agire impulsivamente, ma che alla fine risolve le circostanze rimaste sospese.
The Interpreter è un thriller politico del 2005 diretto dal compianto Sydney Pollack (Tootsie, La mia Africa), interpretato da Nicole Kidman, Sean Penn, Catherine Keener e Jesper Christensen. La pellicola è entrata di diritto negli annali di Hollywood soprattutto perché è stata la prima ad essere girata realmente all’interno del quartier generale delle Nazioni Unite a New York City, permesso che – invece – venne negato ad un certo Alfred Hitchcock per il suo Intrigo Internazionale.
The Interpreter racconta la storia di una brillante interprete, la Dottoressa Silvia Broome (Nicole Kidman) che lavora per le Nazioni Unite a New York City. Africana da parte di padre, prima di trasferirsi negli Stati Uniti d’America, Silvia ha vissuto parte della propria vita a Matobo (Africa), da dove è poi partita per laurearsi a Parigi e arrivare infine a lavorare nel Palazzo di Vetro. Una sera, a lavoro terminato, Silvia sta rincasando, ma si accorge di aver dimenticato alcuni effetti personali molto importanti: mentre si trova nei pressi della sua cabina da interprete, senza volerlo ascolta la conversazione di due uomini che pensano di essere soli. Alle orecchie di Silvia arriva la voce di uno dei due che parla di un complotto e di un omicidio.
Evidentemente spaventata, Silvia corre fuori dall’edificio quando si accorgono che la donna li sta ascoltando. Il giorno dopo, Silvia ripensa a ciò che ha sentito e capisce l’obiettivo dei due è Edmond Zuwanie, presidente del Matobo. A questo punto vengono chiamati a proteggere la donna e ad indagare sul complotto due agenti dei servizi segreti Tobin Keller (Sean Penn) e Dot Woods (Catherine Keener). Inizialmente tra Silvia e Tobin sembrano esserci degli attriti, avvalorati dal fatto che – dopo alcune indagini – l’agente scopre che la donna, in passato, è stata coinvolta in alcune rivolte e che i suoi genitori e sua sorella sono stati uccisi dalle mine seminate proprio dagli uomini di Zuwanie. Poco più tardi Silvia, scopre che anche suo fratello Simon è morto a causa di Zuwaine, alimentando così il suo odio nei suoi confronti.
The Interpreter: la spiegazione del finale
Gli spari intorno a noi c’impediscono di udire. Ma la voce umana è diversa dagli altri suoni. Essa può essere udita al di sopra dei rumori che seppelliscono tutto il resto, perfino quando non grida, perfino se è solo un bisbiglio. Perfino il più lieve bisbiglio può essere udito al di sopra degli eserciti, quando dice la verità.
Questa frase che, praticamente conclude The Interpreter, è pronunciata da Zuwaine, mentre Silvia lo tiene in ostaggio con una pistola puntata alla testa. La pellicola, infatti termina con Silvia, che intende uccidere da sola colui che – di fatto – la resa orfana e ha seminato l’orrore e il terrore nella sua terra. In suo soccorso arriva Keller che le impedisce di compiere un gesto così estremo dettato dall’odio e non dalla ragione. Il presidente che aveva pianificato il falso complotto per ottenere maggior visibilità, viene messo sotto accusa, mentre Silvia – espulsa dagli Stati Uniti a seguito dei fatti accaduti – lascia New York per ritornare a casa, in Africa.
Questo il finale di un thriller ben realizzato che solo nell’epilogo svela un Keller diverso, meno cinico ed evidentemente innamorato, mentre la brillante interprete presa coscienza di un comportamento che non le si addice, accetta di ritornare “a casa” con l’unico rammarico di non aver potuto coltivare meglio il sentimento che stava nascendo con Tobin.
La verità è la chiave di lettura di tutta la pellicola, una verità che scotta, fa male, fa agire impulsivamente, ma che alla fine risolve circostanze rimaste sospese. Nelle ultime battute si intuisce che Keller, seppur addolorato per la morte improvvisa della propria compagna, prova un sentimento per Silvia che, probabilmente, raggiungerà in Africa, una volta che entrambi avranno definitivamente elaborato il lutto per le rispettive perdite come suggerisce lo stesso Tobin con la frase “che riposino in pace”.