The Unsaid – Sotto silenzio: la spiegazione del finale del film
The Unsaid - Sotto silenzio è un thriller psicologico che si avventura nella tematica del suicidio e del trauma in modo tutt'altro che banale.
The Unsaid – Sotto silenzio è il thriller del 2001 diretto da Tom McLoughin, che vede Andy García nei panni di uno psicoterapeuta, Michael Hunter, il cui figlio Kyle (Trevor Blumas) si è suicidato. Passati tre anni, si prende carico del caso di Tommy (Vincent Kartheiser), che da bambino ha visto il cadavere della madre assassinata dal padre. Al compimento del suo diciottesimo anno d’età, il ragazzo sarebbe in teoria libero di lasciare l’istituto dove è tenuto, ma la direttrice, Barbara (Teri Polo), ex-studentessa di Michael, dubita che il giovane sia psicologicamente pronto…
The Undaid – Sotto silenzio racconta dell’incomunicabilità, dell’incapacità del soggetto sotto trauma a comunicare a parole il proprio disagio e di venire a patti con se stesso, iniziando con Kyle, passando attraverso Michael, fino a Tommy. Sono i gesti, quelli più inconsci, a parlare per i personaggi, insieme alle loro espressioni, ai loro sogni sogni, che altro non sono che “il subconscio che cerca di risolvere i problemi irrisolti”. Le inquadrature giocano in questo senso insieme all’interpretazione degli attori (anche se con il doppiaggio in questo caso di va a perdere un po’), García e Kartheiser.
Una colonna sonora gradevole, delicata e caratteristica accompagna un film carico di pathos e di tensione. Il risultato ci tiene avvinghiati sullo schermo immergendoci in una storia che si fa subdolamente cruda e quasi insopportabile a un tratto, finché noi stessi non cominciamo a dubitare che ci sia effettivamente una via per uscirne, come è successo per Kyle e vediamo succedere per Tommy. The Unsaid – Sotto silenzio non parla di soggetti perduti, ma persone da salvare o che avrebbero potuto essere salvate, del loro modo di lanciare dei segnali d’allarme inconsapevoli, ma lampanti per chi riesce ad ascoltare.
Tra Michael e il padre incarcerato di Tommy c’è uno scambio di terribili verità: se Kyle si è tolto la vita perché lo psicologo che lo seguiva abusava di lui, Tommy veniva abusato dalla sua stessa madre – ed è il motivo per cui il padre l’ha uccisa. Il ragazzo ha rimosso completamente questo particolare e non volendovi fare i conti ne rimane prigioniero, rifiutandosi di parlare dei suoi genitori e mostrando un rifiuto per il rapporto con il genere femminile.
Tommy, durante tutto il film, è ossessionato dall’idea di raggiungere, finalmente, la libertà: noi come lui stesso la interpretiamo come la libertà di uscire dall’istituto e poter vivere la vita di una persona normale, ma la libertà vera è un’altra. “Quella qui dentro”, le parole di Michael a fine film: la libertà non è esteriore ma interiore, è dal suo passato, da quel vortice di incomunicabilità e da rifiuto. Solo quando si è venuti a patti con il proprio passato e si è capaci di dare voce alle cose “non dette” si è veramente liberi e si raggiunge lo stato di normalità che più conta: la percezione di noi stessi.
The Unsaid – Sotto silenzio è un thriller psicologico che si avventura nella tematica del suicidio e del trauma in modo che è tutt’altro che banale, muovendosi a fondo e trascinandoci giù con esso, ma con una punta di ottimismo sul finale. Il risultato rimane impresso: non è uno di quei film che si lascia dimenticare facilmente.