Thelma e Louise: la spiegazione del finale del film di Ridley Scott
In Thelma e Louise, Ridley Scott mette a ferro e fuoco il western facendo esplodere il sessismo tappa dopo tappa. Mettendo in luce lo stupro e poi la vendetta, non verso un singolo, ma verso l'Uomo.
Ogni donna è stata, almeno una volta, Thelma, fragile e indifesa, o Louise, dura e rigida. Questa è la forza di Thelma e Louise, il film di Ridley Scott con Susan Sarandon (Louise) e Geena Davis (Thelma), raccontare tutte le donne arrabbiate, imprigionate nella vita e nel corpo; e anche per questo motivo le due protagoniste sono state e sono ancora oggi icone della vita libera e indipendente. Non è molto importante se all’inizio Thelma è frustrata, sottomessa ad un marito/padre padrone, e Louise trincerata dietro ad un’apparente freddezza e austerità per nascondere le violenze subite in passato, è importante invece l’evoluzione fisica ed esistenziale che vivono. Tutto è utile a quel salto nel vuoto che rappresenta l’inizio di qualcosa di nuovo: una fuga verso il nulla, o forse verso il tutto.
Thelma e Louise: uno stupro e la vendetta
Thelma e Louise è un potente racconto di frontiera, un canto crudele e poetico di due cowgirl con la pistola, un urlo di battaglia on the road. Quello di Scott è un film che vive e si muove assieme alle sue protagoniste, è una storia di autodeterminazione, emancipazione femminile e ricerca di libertà. Tutto parte da una decisione presa d’impulso, per evadere dal quotidiano, trascorrere un weekend lontane da tutto e da tutti e scappare dalle urgenze del quotidiano, partendo a bordo della Ford Thunderbird di Louise. Vogliono divertirsi e per questo durante il tragitto si fermano in un locale, dove Thelma riceve le attenzioni di un uomo che tenta di violentarla. Questo è l’incaglio, l’evento che fa crollare il fragile castello di carte che le due si sono costruite intorno: parte da questo momento il vero viaggio delle due donne per cui ogni passo è propedeutico alla rottura di quei duri legacci, metafora dei preconcetti piccolo-borghesi che le tengono in trappola. Thelma balla con un uomo che pretende di averla, lei lo rifiuta, piange ma nulla fa desistere il maschio, lei ha solo un dovere: soggiacere al suo volere e al suo piacere.
Quando una donna piange in quel modo non si sta divertendo affatto
Questo dice Louise quando, non trovando l’amica, va a cercarla, la salva e, solo dopo, presa dalla rabbia, ascoltando le frasi ignobili di quello sconosciuto che ha tentato di violentare Thelma, spara. Solo un colpo di pistola può fermare, non solamente quell’uomo, ma il Maschio Dominante, quello che fa tutto ciò che vuole senza interessarsi della donna; e Louise diventa “giustiziera” della loro notte più lunga. Da ora in poi nulla sarà come prima (“Ora tutto è cambiato, tutto! Io voglio andare in Messico e ci andrò”) e iniziano a spogliarsi dei loro panni diventando guerriere che lottano per sé e per tutte le altre sorelle.
Thelma e Louise: la fuga per ricostruire/ricostruirsi
Le due fuggono, perché colpevoli, e si dimostrano all’inizio ancora legate a quella mentalità, machista e sessista in cui sono nate e cresciute, quella per cui non sono mai state ascoltate, capite, amate dal Maschio, ma usate, vessate, violate. Thelma voleva divertirsi, lei ci “era stata”, una donna sa a cosa va incontro se si comporta in un certo modo, questo diranno tutti, questo dice anche Louise per convincere l’amica a non andare dalla polizia e a fuggire. Mentre le due macinano chilometri su chilometri macinano come fanno con i pregiudizi e i preconcetti, delinquono e delinquono ancora scardinando ciò che sono e così si spogliano di tutto, allontanandosi dalla loro immagine iniziale, quella voluta dalla società, rassicurante e standardizzata. La dolce e fragile Thelma è molto più forte, sicura di quanto non fosse all’inizio – quel vestito bianco strappato dal violentatore lascia il posto a un paio di jeans e ad una maglietta nera con una stampa -, non si appoggia all’amica più avvezza alla vita di lei, ma agisce – la rapina nel piccolo supermercato. La spigolosa e algida Louise smette i panni della forte a tutti i costi per mostrare le proprie debolezze (“Non farmi domande, così non ti dirò bugie”).
Scott mette a ferro e fuoco il western, solitamente maschile, e fa esplodere il sessismo tappa dopo tappa, dalla città al Canyon; lo stupro e poi la vendetta, non verso un singolo uomo ma verso l’Uomo.
Thelma e Louise: due incontenibili Furie
Le protagoniste sono due inarrestabili Erinni che alzano sempre di più l’asticella, lasciandosi dietro reati e macchine della polizia; e un momento cruciale per arrivare alla fine del percorso è quello della vendetta, per la sua mascolinità “arrapata”, ai danni del camionista, incontrato sulla strada. Il cineasta in questo dialogo tra Thelma e Louise e l’uomo mette in scena la ribellione della Donna che non accetta più (i gesti osceni, le battute volgari) di essere ridotta a “puro genitale” (“odio essere chiamata fica” dice Thelma). Se l'”Adamo” di turno è “un cazzone” in erezione perenne (stato che aggiunge valore al Maschio per il maschio, amplificandone il sesso), Eva non vuole più essere spenta dagli uomini che la odiano ghettizzandola, umiliandola, violentandola, non può più accettare di essere semplicemente un oggetto sessuale e sessualizzato. Così di nuovo Thelma e Louise tirano fuori la pistola e sparano, ma questa volta i colpi sono diretti alla “protesi di virilità” (il camion), non è più solo vendetta per la Violenza subita ma lezione femminista, purificazione del gesto e del linguaggio – dicono al camionista: e se quei gesti venissero fatti a tua moglie/madre/sorella?.
Thelma e Louise: un salto nel vuoto che rappresenta un inizio
Quella di Thelma e Louise è una fuga verso libertà, una folle corsa che diventa Mito – molte sono le citazioni del film -, e tutta la pellicola significa proprio in virtù del finale. Quel salto nel vuoto prende il senso e dà senso a tutto ciò che c’è stato prima, è la perfetta conclusione della tensione e della spinta che muove e fa vibrare le due donne.
Circondate dalla polizia, impossibilitate a fuggire, le due sono davanti ad un bivio: consegnarsi o lanciarsi nel vuoto. Tornare indietro vorrebbe dire cancellare tutto, rientrare nella “casa paterna”, rivestire i vecchi panni, andare avanti aver lottato per qualcosa e, in qualche modo, concluso il percorso, un percorso per cui c’è ancora tanto, troppo da fare: è chiaro che manchi completamente la reciproca integrazione tra i ruoli.
Thelma: Senti Louise… non torniamo indietro!
Louise: Che vuoi dire Thelma?
Thelma: Non fermiamoci!
Louise: Non capisco…
Thelma: Coraggio!
Louise: Sei sicura?
Thelma: Sì… Dai!
Il viaggio delle due cowgirl assume un valore “universale” proprio perché non si tirano indietro, si immolano per la causa spingendo sul pedale dell’acceleratore, diventando delle eroine. Lo sguardo d’intesa e il sorriso, metafora di una sorellanza necessaria per compiere l’autodeterminazione, che le due si scambiano negli ultimi fotogrammi sono entrati nell’immaginario collettivo non rappresentando un momento di follia, né un momento figlio di emozione e impulsività, ma dichiarazione di dignità e libertà. L’auto sospesa nel vuoto è immagine da prendere a simbolo di un intero percorso in cui le due donne decidono di sparire per Esserci veramente, restando fedeli a loro stesse, in nome della lotta che hanno intrapreso; la loro fine rappresenta un nuovo inizio per se stesse ma anche per tutte le altre.