Editoriale | Checco Zalone e il suo Tolo Tolo. Siamo di fronte al nuovo Totò?
Fenomenologia di un comico diventato Re Mida del box office italiano con 5 film. Anche a spese della Marvel
Pugliese di nascita ma apparentemente neomelodico napoletano al primo inaspettato successo radiofonico di Siamo una squadra fortissimi, la canzone che accompagnò l’Italia in cima al Mondiale di Germania nel 2006, Checco Zalone ne ha fatta di strada. La tivù, Zelig e poi il cinema dal 2009.
Esattamente 5 film con i quali ha scardinato ogni già fragile equilibrio sul mercato italiano dei film in sala. Se la tanto decantata crisi del grande schermo imperversa nello Stivale da varie campane (scordate o meno che siano), questo comico di rima musicale e battuta sempre trascinanti, all’8 gennaio ha incassato con il suo Tolo Tolo ben 35,8 milioni di euro. Ma giusto nei primi 8 giorni di programmazione, essendo uscito il primo gennaio, e piazzandosi, soltanto con questo ultimo titolo, al 7° posto tra i film che in assoluto hanno incassato di più nei nostri cinema (ma destinato a salire ancora). In questa classifica di big il primo è Avatar con 65,6 milioni; alle costole Quo vado? con 66,3 e Sole a catinelle con 51,9 milioni, entrambi con Zalone protagonista. Cameron si piega al comico e al suo ex-autore Gennaro Nunziante “soltanto” con Titanic, 50,2 milioni incassati in Italia e 4° posto. Al 5° di nuovo Zalone/Nunziante con Che bella giornata, 40,4 milioni; e finalmente la “povera” Disney con Il Re Leone, 6° in classifica con 35,5 milioni incassati qui da noi. E mentre all’8°e al 9° troviamo La vita è bella e Alice in Wonderland, rispettivamente con 31,3 e 30,3 milioni totali, il fanalino di coda di questa top ten tutta italiana spetta niente meno che ad Avengers: Endgame con la cifra di 30,2 milioni di euro che ha fatto tintinnare le casse di casa nostra.
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Dati che la dicono lunga sui nostri gusti cinefili, intanto, se si pensa che proprio Endgame è il gigante Marvel col maggiore incasso globale di sempre (2,797 miliardi di dollari), ma per noi sta al decimo posto. E dando un’occhiata anche ai 14 milioni incassati nel 2009 da Cado dalle nubi, cifra comunque ragguardevole per l’esordio cinematografico di un comico televisivo, emergono alcuni dati di fatto. A noi italiani, al cinema, piace molto ridere, mentre ci teniamo a distanza di sicurezza dal dramma. E sicuramente ci piacciono moltissimo le commedie italiane. Sono ben 22 quelle presenti nella classifica dei primi 50 incassi assoluti in Italia, in realtà. E su tutti, ovviamente, sbandiera vittorioso Zalone.
Tolo Tolo. Da Pozzetto a Virzì
Dopo l’epurazione di Nunziante, primo deus ex machina del fenomeno Zalone, la sostituzione alla regia è stata dello stesso Checco, anzi, Luca Medici, suo vero nome, come si è voluto ricordare nel marketing intorno a Tolo Tolo. L’innesto alla scrittura ha visto invece l’inedita presenza di Paolo Virzì. Peccato che scarseggino sue dichiarazioni in proposito. Ad ogni modo il plot ha una prima parte molto simile a una commedia del 1995 con Renato Pozzetto. Anche in Mollo tutto il protagonista fuggiva in Africa per problemi di soldi, e incontrava un bambino col quale tornare in Italia da immigrato clandestino. Gli sviluppi però sono fortunatamente molto diversi tra i due film.
Nella prima parte di Tolo Tolo si ride di più e meglio, e si percepiscono chiaramente anche diverse buone idee di regia, in quanto a movimenti di macchina da presa ben amalgamati con il ritmo del racconto. I problemi e le ricuciture occorse alla produzione hanno fatto slittare l’uscita di un anno, e si vedono nella seconda parte del film, quella africana. Raccordi e linea visiva meno affascinanti che nella parte iniziale, pure nonostante location esotiche ed esplosioni cromatiche, tutto necessariamente si appoggia molto di più alla star, al comico. A volte è la corpulenza della prova a rivelare l’acerbezza di un regista. Cosa naturale tutto sommato, e non preoccupante neanche per un Re Mida come Zalone, anzi, Medici.
Tolo Tolo di Checco Zalone: la critica e il favore del pubblico. Come Totò?
Che abbia mescolato comico e drammatico, o meglio le disavventure di un evasore fiscale e il fenomeno dell’immigrazione clandestina è indubbio. Più liminale è il come. Forse per questo mix di risata e serietà, minime e massime, è stato paragonato al Benigni da Oscar, ma la distanza con il comico toscano è molto più in sostanza che in forma. Per la prima, regia, scrittura ed estetica, quelle di Benigni e Cerami sono di molto sopra rispetto a Zalone/Virzì. Per la forma, invece, lì si parlava dell’inferno in terra, un lager, quindi qualcosa di oggettivamente attuale ma paragonabile a seconda della sensibilità soggettiva dello spettatore: il viaggio della speranza di migliaia di persone verso un futuro, non migliore magari, ma possibile. Forse non l’inferno in terra, ma qualcosa di troppo spesso simile.
Non vuole fare e non fa politica Tolo Tolo, eppure in molti l’hanno preso un po’ troppo sul serio. Riguardo alle tante fazioni emerse dal pubblico, fanno sorridere alcune reazioni giunte da certa destra, che nonostante l’ammiccante coretto del villaggio africano dietro al menestrello bianco Zalone, che intonava con donne e bambini compresi la canzoncina dall’ameno ritornello “gnocca d’Africa” in cima ad altre smargiassate molto simili a quelle amate in tanti cinepanettoni, si sono voluti offendere per un personaggio con la faccetta nera ma in posture littorie a ricordarci allegramente di certi duci. Forse è la prova del nove che il film commercialmente funziona, ma pure emotivamente, perché in un modo o nell’altro scalda gli animi di quanti lo hanno visto. Accadevano cose simili intorno a Totò, dorato dagli incassi, baciato da una popolarità a volte controversa ma snobbato dalla critica fino a pochi lustri fa. Zalone riceve invece più salamelecchi dalla stampa specializzata del suo esimio collega.
Checco Zalone parla di Tolo Tolo: un film anti-salviniano? L’importante è fare soldi!
A prescindere da quali e quante fazioni, i numeri danno indiscutibilmente ragione a Zalone, che ha dichiarato di ispirarsi invece ad Alberto Sordi. Forse potrebbero risultare abbastanza vicini per il gap tra potenza comica e attualità dei propri modelli da una parte, e la regia meno virtuosa dall’altra. Sordi, è cosa nota, non era bravo come Monicelli dietro la macchia da presa. Per il nostro Luca Medici, autore di un film ammiccante a 360°, il discorso è un po’ diverso. Incredibile l’esplosività del successo ai botteghini, e ancor più notevole che nonostante una costruzione in sceneggiatura fatta ad hoc per prendere in giro tutti, e quindi per piacere a tutti gli altri, riesce non solo a piacere a tutti o quasi, ma molti addirittura lo osannano sui social come fosse un capolavoro. Si tratta di una commedia godibile sì, pur con i difetti del caso, ma studiata a tavolino come un mero progetto di marketing acchiappa-biglietti. Diciamo che 1.250 sale e una comunicazione promozionale ben calibrata, mescolata a un hype montato come dolce panna sul pubblico avido di clip e news da oltre un anno hanno dato i loro frutti. Visto l’andamento degli incassi forse non batterà Quo vado? né Sole a catinelle. Ma il 5° posto di Che bella giornata è in palio. A prescindere da questo, nell’Olimpo dei Re Mida italici mantiene eccome la sua presenza sulle vette del box office.
Infine c’è da ammettere che Checco è diventato una maschera. Amatissimo dai bambini come il Fantozzi di 30 anni fa, a forza di imitazioni e canzoni-parodia irresistibili tra Mediaset e YouTube, il personaggio di Luca Medici è assurto a icona indiscussa nel nostro immaginario collettivo. Come accadde per Totò passando per l’avanspettacolo. In verità il Conte De Curtis alla fine della sua carriera incontrò Pier Paolo Pasolini. Speriamo che Zalone incontri il nuovo PPP un po’ prima di Totò. Ne avremmo tutti bisogno.