Editoriale | Tom Cruise: l’ingrediente segreto della saga di Mission: Impossible?
Tom Cruise è il cardine dell'intera saga di Mission: Impossible. Senza un attore con la sua dedizione e le sue capacità non avremmo mai potuto pensare che un'impressa impossibile potesse diventare possibile.
Mission: Impossible è un franchising che continua a generare profitti e, cosa più importante ancora, a portare dell’ottimo cinema action di qualità nelle sale. Sono diversi i registi che si sono succeduti alla macchina da presa, a partire nel 1996 da un autore come Brian De Palma, basandosi sulla serie televisiva omonima ideata dalla mente di Bruce Geller trent’anni prima. E poi dopo John Woo, J.J. Abrams, Brad Bird, fino agli ultimi due capitoli finali diretti da un fuori classe del genere d’azione come Christopher Quarrie. Cinque registi per un totale di sei film, numerosi sceneggiatori, un numero inverosimile di stunt e un unico comune denominatore: Tom Cruise.
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Tra gli attori più talentuosi della sua generazione, capace di mescolare azione e drammaticità rendendosi sempre credibile in ogni ruolo che ha nel tempo rivestito, l’interprete americano è stato il punto centrale di una serie di pellicole che, mentre diventavano di continuo più grandi e più rumorose, accrescevano di riflesso l’eccezionalità di Cruise, dandogli nel tempo una maturità che si è rivelata fattore principale dei successi della saga Mission: Impossible. Perché non potranno mai essere soltanto moto che sfrecciano sull’asfalto, sequenze concitate in acqua o salti nel vuoto da altezze impensabili a farsi da valore assoluto di qualsiasi pellicola, ma dovrà obbligatoriamente esserci qualcuno che, quelle scene adrenaliniche al limite dell’impensabile, sappia renderle reali. Ed è questo che Tom Cruise ha fatto. Ed è questo che lo rende la chiave di maggiore rilevanza della saga di Mission: Impossible.
La sovrapposizione di Tom Cruise ed Ethan Hunt in Mission: Impossible
Le missioni che, per definizione stessa dei film, si rivelano impossibili, non avrebbero saputo catturare tanto l’attenzione dello spettatore se questi non avesse costantemente creduto, minuto dopo minuto, fotogramma dopo fotogramma, corsa dopo corsa, che in fondo uno come Ethan Hunt fosse in grado di rendere quei momenti dei film, per l’appunto, possibili. La sospensione dell’incredulità che le pellicole di Mission: Impossible hanno richiesto è stata tale da dover incentrare su Tom Cruise tutta la riuscita delle operazioni dei blockbuster. E non si è trattato – o almeno non in maniera dominante – di scrivere un personaggio che sapesse sopportare prove estreme come la scalata del Burj Khalifa o l’aggrapparsi a un aereo di cui venissero presto aperte le porte. È stata piuttosto la fortuna e l’intuizione di aver scelto per la parte di protagonista un attore tanto dedito al proprio lavoro e alla veridicità della scena, che ha deciso di affrontare le varie produzioni senza l’utilizzo di stunt, cercando di rendere la realizzazione delle sequenze quanto più autentica si potesse ottenere.
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E così nel tempo, ma già dalla sua prima apparizione alla metà degli anni ’90, Tom Cruise è diventato sempre più la sovrapposizione di Ethan Hunt, della spia che tenta in tutti i modi di trovare una soluzione e, in fine, riesce nel proprio scopo. Ethan non sbaglia mai, non fallisce mai – o quasi. E questo suo essere costantemente pronto all’azione ritorna davanti allo schermo e non trova mai il dubbio del pubblico, che accetta l’inattuabilità che Hunt ha reso nel corso delle pellicole sempre più fattibile. E, nell’avanzare dei film – dal primo del 1996 fino al sesto, Mission: Impossible – Fallout – Cruise e il suo sembiante action hanno attraversato un percorso di formazione che ha reso il personaggio ogni volta più completo e sfaccettato, mostrando quindi non solo la forza fisica dell’attore, ma la sua bravura nell’aver reso Ethan Hunt adatto al suo diverso tempo e alle sue diverse età.
Tom Cruise è il cardine della saga di Mission: Impossible
Tom Cruise è il cardine, è il centro della saga, è il vero motivo per cui, con l’avanzare degli anni 2000, Mission: Impossible ha avuto ancora qualcosa da dire al cinema di intrattenimento. È la fiducia che un interprete ha riposto nel ruolo e che è riuscito ad attaccare alla propria pelle, rendendolo così distante dalla realtà eppure facendo sì che avesse ogni volta la capacità di far credere allo spettatore che quello che vedeva sullo schermo avvenisse veramente. Che Ethan Hunt fosse davvero l’unica persona vivente a poter sopportare una simile pressione o potesse passare il proprio tempo appeso a mani nude sugli strati rocciosi e rossi del Grand Canyon.
Non tanto aver reso autentico un personaggio immaginario, quanto aver fatto accettare al pubblico che il suo protagonista fosse l’uomo giusto per salvare ogni volta il mondo. Questo il lavoro svolto con maestria da un attore come pochi, un interprete che ha smesso di far pensare allo spettatore “Questa è una missione impossibile”, facendogli invece dire “Questa è missione per Tom Cruise.”.