X: religione, libertà e politica nella trilogia di Ti West
La trilogia di Ti West X cattura per le sue citazioni alla storia del cinema horror e all'analisi lucida del femminismo americano.
Con la trilogia X – composta da X: A Sexy Horror Story, Pearl e MaXXXine -, Ti West ha riportato sul grande schermo una storia lunga generazioni. Da subito catturano l’estetica e gli stilemi orrorifici che si rifanno a diverse decadi dell’horror.
Una panoramica sul cinema di genere che parte omaggiando gli slasher movie degli anni Settanta, continua citando il sottogenere Southern Gothic per concludersi con un film in pieno stile anni Ottanta.
Il citazionismo però non prevale su delle sceneggiature che mettono al centro della narrazione il fermento socio-politico americano scandito dalle differenti ondate femministe, un’analisi lucida accompagnata da tematiche quali il divario generazionale, l’invidia che scaturisce dal vivere una repressione dettata dai ruoli di genere e la libertà raggiunta ad ogni costo.
X: A Sexy Horror Story, la seconda ondata femminista e il conservatorismo
1979, Texas. Alla presidenza siede Jimmy Carter, l‘America è in pieno fermento per via della seconda ondata femminista e della lotta per i diritti civili che sono in conflitto con la propaganda politica di quel tempo oltre a doversi scontrare con la pressione della religione cattolica che condanna aspramente la morale femminile.
In X: A Sexy Horror Story tutte queste contraddizioni trovano la giusta rappresentazione in una storia che mette al centro il divario generazionale, un soggetto che solitamente abita altri generi come la commedia, il romance e tanto più è facile trovarlo nei drama tanto più è inusuale in un horror soprattutto se accompagnato da tematiche quali la libertà sessuale e il piacere femminile.
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La scena iniziale del primo capitolo di X è accompagnata dalla voce di un predicatore che lamenta l’allontanamento di sua figlia dai principi religiosi a favore di uno stile di vita laico, fatto di vizi e mancanza di valori. La voce del predicatore – cristallina e decisa mentre accusa e condanna, concedendo raramente la speranza della salvezza – è la colonna sonora dell’intero film che va ad evidenziare ancor di più il comportamento dei protagonisti che sono in netto contrasto con la bussola morale religiosa che fa da sottofondo.
Come dicevamo, in quegli anni l’America è in pieno fermento socio-politico e la seconda ondata femminista vuole rivoluzionare l’immagine della donna associata da secoli ad un ideale stereotipato quanto irraggiungibile. Dopo la Seconda guerra mondiale – durante la quale gli uomini sono stati costretti ad arruolarsi e ad abbandonare le loro case e i loro lavori, le donne hanno assaporato la libertà di un nuovo ruolo sociale, la possibilità di entrare in ambiti lavorativi inaccessibili a loro fino a quel momento ed uno stile di vita differente -, la figura della donna è tornata ad essere associata al focolare domestico e al lavoro di cura.
Una moglie amorevole, una casalinga attenta, una madre premurosa sono gli unici ruoli a cui una donna può aspirare facendo diventare la figura idealizzata della casalinga degli anni Cinquanta un vero e proprio archetipo che con i suoi capelli cotonati e il grembiule lindo è arrivato fino a noi.
Durante i decenni successivi, l’agenda del movimento femminista si è focalizzata sull’importanza della libertà in ogni sua sfaccettatura, specialmente quella sessuale e legata al volersi riprendere il proprio corpo. Gli argomenti portati avanti dalle attiviste quindi non si riferiscono solamente alla sfera sessuale, che continua a detenere comunque molta importanza, ma anche alla sanità e alla medicina. Mentre le donne difendono il proprio diritto di decidere per il proprio corpo, le autorità continuano a rincorrere la tradizione religiosa e sociale che classifica le donne in santa o prostituta.
Ti West concentra i cambiamenti sociali e femministi di quegli anni con aperti riferimenti al cinema horror conservatore degli anni ’70 ed ’80. Riferimenti che sono solamente tecnici ed estetici, mentre per la narrazione sceglie di portare sullo schermo il riassunto della politica di quegli anni con un qualcosa in più. La vera chicca della trilogia X e soprattutto di X: A Sexy Horror Story è la rappresentazione del tempo che scorre, il risultato del cambiamento. Mentre Maxine gode della libertà del proprio corpo, Pearl non può essere altro che un’osservatrice invidiosa di una libertà che lei non ha mai avuto.
L’invidia e il divario generazionale
Come dicevamo, X richiama il cinema horror di fine anni 70 in cui il torture porn e gli slasher movie la fanno da padrona. Non sorprende quindi che il gruppo di protagonisti sia la crew di un film pornografico. L’incipit è classico e citazionista: i protagonisti si dirigono sul set del loro prossimo film The Farmer’s Daughters, il capannone di una fattoria nel bel mezzo del nulla che appartiene ad una coppia di burberi anziani.
Mentre gli altri iniziano a girare le loro scene, Maxine (Mia Goth) decide di esplorare la tenuta e si dirige verso il grande stagno dietro la baita.
Lontana da occhi indiscreti, è libera di essere se stessa. Si toglie i vestiti e inizia a nuotare, ignara che Pearl, la proprietaria della fattoria interpretata anch’essa da Mia Goth, la sta osservando. Questo momento è topico perché la nudità di Maxine, al contrario degli altri momenti del film in cui si trasforma in un oggetto sessuale per la videocamera e per Pearl stessa, non rappresenta nulla. Il corpo nudo di Maxine viene percepito per quest’unica scena in maniera neutrale, è solamente una ragazza che si sta godendo una nuotata. Tranne per Pearl.
È qui che scatta l’ossessione della donna che vede la giovane con un misto di gelosia, ma anche con un desiderio che forse era assopito. Maxine ha tutto quello che Pearl non ha più, come un corpo giovane e una forte libido, e qualcosa che lei non ha mai potuto avere ossia la libertà sessuale e una forte connessione con la propria sessualità. L’invidia di Pearl nasce dal divario generazionale e dalle conquiste del movimento femminista, conquiste che sono avvenute mentre la donna invecchiava.
Pearl continua a seguire Maxine dallo stagno fino al capannone, dove la giovane donna si prepara per girare la sua parte in The Farmer’s Daughters. L’invidia di Pearl si trasforma in furia omicida quando vede la giovane godere della lussuria in piena libertà, senza giudizi da parte degli altri presenti.
Tornata in casa, Pearl tenta un approccio con suo marito, ma viene rifiutata da Howard spaventato che un amplesso potrebbe causargli un infarto. L’invidia per Maxine, il desiderio di poter vivere la giovinezza in un Texas diverso e meno conservatore e il rifiuto da parte di Howard sono un mix letale che la portano ad uccidere uno ad uno tutti i protagonisti fino a tentare di togliere la vita anche a Maxine che, però, ha la meglio.
Quando un poliziotto ispeziona la casa il mattino seguente, il telepredicatore continua a mettere in guardia sulla perdita dei valori e sul male che è celato dietro la lussuria per poi svelare che Maxine è sua figlia.
Pearl e la repressione femminile nella rigida Texas degli anni Dieci
In X: A Sexy Horror Story il passato di Pearl si intuisce facilmente, ma Ti West decide di dedicare a lei il secondo capitolo della trilogia svelando le origini della sua furia omicida. Una rabbia che è strettamente legata alla repressione della sua femminilità e dei suoi sogni sostituiti da una realtà deludente e claustrofobica rappresentata dalla vita monotona in una fattoria rurale nella Texas del 1918.
Pearl, una giovane donna con il sogno di diventare una ballerina e di lavorare nel cinema, è costretta nella fattoria della sua famiglia. Con suo marito Howard lontano per via della guerra, la ragazza si ritrova a vivere di nuovo da sola con i genitori, ad occuparsi della fattoria e di suo padre che è costretto in sedia a rotelle completamente paralizzato.
Come è successo in X: A Sexy Horror Story, anche in Pearl è centrale il divario generazionale. Il rapporto tra Pearl e Maxine è molto simile a quello tra Pearl e sua madre Ruth. Le ambizioni di Pearl sono motivo di risentimento per Ruth che considera sua figlia una sognatrice senza talento e la spinge a prendersi cura della famiglia invece di sognare Hollywood. Eppure nel terzo atto del film, vediamo Pearl frugare nell’armadio di sua madre da dove tira fuori un abito rosso sgargiante molto diverso rispetto ai vestiti cupi e trasandati che indossa Ruth lasciando immaginare al pubblico che anche lei avesse avuto un carattere molto più estroso e dei sogni, speranze probabilmente troncate dalla malattia del marito.
Quando conosciamo Pearl, la ragazza è oramai rassegnata: suo marito è partito per la guerra e l’influenza spagnola l’hanno obbligata a restare isolata. La speranza di una vita migliore si riaccende quando incontra David, il proiezionista del cinema dove si è rifugiata per godersi qualche ora lontana da casa. David con i suoi racconti di luoghi che lei non ha mai visitato e la velata idea di farle vivere la vita che ha sempre desiderato lontana dal Texas diventa un faro nella speranza per Pearl, la promessa di una vita migliore regalando allo spettatore la scena, immediatamente successiva, con lo spaventapasseri nel campo di grano. Una citazione al Mago di Oz, ma anche un inno alla sensazione di libertà e leggerezza che le è stata a lungo privata.
Più tardi, Mitsy, sua cognata, le confida che la chiesa locale è alla ricerca di una ballerina protagonista del loro prossimo spettacolo. Questo inaspettato risvolto le donano il coraggio per tornare da David e dargli la bella notizia, ma la conversazione cambia immediatamente il percorso e il proiezionista le fa vedere un film pornografico. Un gesto che non solo definisce David come la persona che è realmente, ma è anche un cerchio che si chiude e un riferimento ad X: A Sexy Horror Story.
A cena quella sera, la madre di Pearl racconta di aver trovato un volantino del film di danza che Pearl aveva visto in città solo un paio di giorni prima. Quando Pearl confessa a sua madre che è decisa a presentarsi all’audizione, la rabbia repressa delle due donne emerge. Ruth ammette di provare vergogna per la figlia, di considerarla senza talento e che il suo destino è vivere una vita come la sua. Esattamente come Pearl in X: A Sexy Horror Story, Ruth è un’osservatrice silente che colpisce al momento giusto. Il suo discorso non è distorto dalla rabbia, ma rispecchia quello che realmente pensa di sua figlia perché la conosce e, nel profondo, sono uguali.
Le maschere cadono e la vera natura di Pearl esce fuori. La ragazza, che fino a quel momento aveva ucciso solamente degli animali quando credeva di non essere vista, uccide sua madre spingendola nel caminetto acceso e la rinchiude agonizzante in cantina per poi tornare da suo padre, una vittima attonita che ha assistito a tutto.
Prima di ucciderlo, però, Pearl decide di farlo conoscere a David. Quando il ragazzo non ha la reazione che la ragazza si aspetta, Pearl lo uccide con un forcone e lo dà in pasto ad un alligatore nello stagno prima di uccidere anche suo padre, l’ultima persona che la tratteneva a quella vita.
Con indosso il vestito rosso di sua madre, Pearl si presenta con Mitsy all’audizione convinta di ottenere la parte. Dopo la sua esibizione, la commissione dice a Pearl che non è ciò che stanno cercando, che non ha un aspetto abbastanza americano.
Nel finale le parole di Ruth risuonano non più come un litigio furioso in cui la rabbia ha avuto il sopravvento, ma come una profezia. Dopo aver ucciso i suoi familiari e David, Pearl non ha altra scelta che cedere alla repressione e vivere per il resto della propria vita – il primo film lo conferma – nella fattoria che odia, a fare un lavoro che disprezza e ad essere solamente una moglie. Non c’è nessuna luce della ribalta per Pearl, ma solamente la vita che ci si aspetta che lei viva.
MaXXXine conclude la trilogia X con un film che mette al centro la religione e la voglia di libertà della protagonista
West decide di concludere la trilogia X con un altro capitolo dedicato a Maxine ambientato sei anni dopo gli eventi del primo film. Anche in questo caso a farla da padrona sono le atmosfere, la nostalgia per un cinema horror degli anni Ottanta le cui tecniche ed estetica vengono ripresi e riportati in vita. Purtroppo, però, il film non aggiunge nulla di nuovo al discorso, ma ricalca le medesime tematiche affrontate negli altri due lungometraggi.
Maxine, dopo aver ucciso Pearl ed essere fuggita dalla fattoria, è decisa a dare una svolta completa alla sua carriera. Nella pornografia è riuscita a crearsi un nome, ma vuole lasciarsi quel mondo alle spalle per diventare un’attrice hollywoodiana.
Dopo gli anni Dieci con la repressione femminile e la libertà duramente guadagnata degli anni Settanta, gli anni Ottanta vengono associati all’indipendenza da tenersi stretta con Ronald Reagan alla presidenza che rischia di oscurare tutti i passi avanti fatti.
Il film si apre con Maxine che partecipa ad un provino per The Puritan II, il secondo film horror di una serie diretta dalla regista femminista Elizabeth Bender.
Elizabeth rappresenta una nuova figura, quella della donna in carriera che per mantenere il successo faticosamente ottenuto deve lavorare molto più dei suoi colleghi uomini, obbligata a dimostrare costantemente progetto dopo progetto che è realmente brava nel suo lavoro e che i suoi film precedenti non sono stati frutto della fortuna. Ti West con Elizabeth apre le porte ad un dibattito che è acceso da molto tempo oramai e che è diventato centrale negli ultimi anni ossia il ruolo dell’horror nel cinema. Considerato da molti di serie B rispetto ad altri generi, l’horror in realtà riesce a parlare allo spettatore in modi inusuali utilizzando un linguaggio che spesso è innovativo.
Come accennavamo, Elizabeth è uno dei pochi elementi nuovi che aggiunge un ulteriore importante tassello al discorso portato avanti da Ti West nella sua trilogia. Un finale che regala a Maxine la sua tanto attesa vendetta, la proclamazione a star, ma soprattutto la sua agognata libertà. Una libertà che si è conquistata e che rimarca anche nell’ultima scena quando, fiera e piena di gioia, recita che suo padre ripeteva come un mantra: “Non accetterò mai una vita che non merito“.