Francesca Comencini parla di Django e della rivoluzione femminista del genere western
Intervista alla regista della nuova serie Sky, il western Django, ispirato al cult di Sergio Corbucci
Dal 17 febbraio su Sky e in streaming su NOW la nuova serie originale Sky e Canal +: Django, omaggio al cult western di Sergio Corbucci diretta da Francesca Comencini (Gomorra – La serie) e scritta da Leonardo Fasoli e Maddalena Ravagli, con protagonisti Matthias Schoenaerts nei panni di Django, Nicholas Pinnock, Lisa Vicari e Noomi Rapace. Nel cast anche Manuel Agnelli, Vinicio Marchioni, Thomas Trabacchi e Camille Dugay.
Texas, fine 1800. Django raggiunge una città riarsa, sul fondo di un cratere: è New Babylon. Cerca gli uomini che hanno assassinato la sua famiglia, ma scopre che sua figlia Sarah (Vicari) è sopravvissuta e si trova sul posto. Ha ormai vent’anni e si appresta a sposare John Ellis (Pinnock), che di New Babylon è il fondatore e non vuole avere niente a che fare con suo padre. Ma Django non è uomo da arrendersi, e non lascerà nulla d’intentato pur di avere un’altra possibilità con sua figlia, diventando un alleato prezioso per Ellis mentre si trovano a difendere New Babylon contro la potente Signora di Elmdale, Elizabeth Thurman, impegnata in una personale missione il cui scopo è quello di liberarsi di questa comunità di ladri e peccatori.
Una rivisitazione femminista del genere western che vede al centro della narrazione donne forti e padrone del loro destino, scardinando così gli stilemi classici di questo genere che vedeva i personaggi femminili ai margini. Ne abbiamo parlato con Francesca Comencini.
“È stato molto catartico per me”, ci ha spiegato la regista, “è molto interessante raccontare queste donne all’interno di un genere che è stato un codice della virilità, con degli eroi maschili e con dei personaggi femminili protagonisti raramente. C’è un ribaltamento che per me è una grande felicità”.
Un genere che per la regista rappresenta una spinta alla ribellione: “Negli anni ’70 i western hanno saputo incarnare lo spirito di quegli anni, di libertà, di inquietudine, di rivolta, e lo hanno raccontato in maniera poetica, forse non frontale come i film di denuncia, ma in un modo che per noi ragazzi e ragazze dell’epoca era estremamente affascinante”.