Il giardino delle vergini suicide: la storia vera raccontata nel film di Sofia Coppola
Il giardino delle vergini suicide è un drammatico film del 1999, diretto da Sofia Coppola e con protagoniste Kirsten Dunst e Kathleen Turner.
Tratto dal romanzo di Jeffrey Eugenides – Le vergini suicide – il film è ambientato nel 1974 in un quartiere periferico del Michigan. Protagonista è la famiglia Lisbon, composta dai due genitori (James Woods e Kathleen Turner) e le loro cinque bellissime figlie: Therese (17 anni), Mary (16 anni), Bonnie (15 anni), Lux (14 anni) e Cecilia (13 anni).
A occuparsi dell’educazione delle cinque ragazzine è la madre, con i suoi modi di fare autoritari e bigotti. Sembra andare tutto bene all’apparenza, se non fosse che le cinque sorelle soffrono, vivendo una vita fatta di impedimenti, costrizioni e tabù. In estate, infatti, la più piccola della famiglia tenta il suicidio tagliandosi le vene nella vasca da bagno con l’immagine di un santino.
Gli assistenti sociali, che hanno visto le condizioni di sofferenza in cui le ragazze si trovano, chiedono ai genitori di far vivere alle loro figlie come ragazze della loro età. È per questo che la signora Lisbon organizza una festa che si rivela, però, molto più imbarazzante del previsto. Cecilia quindi, ancora sofferente, si butta dalla finestra togliendosi la vita. Questo è solo il primo evento che segnerà, con il passare del tempo, la fine prematura della vita di tutte le signorine Lisbon.
Il giardino delle vergini suicide: la storia vera raccontata nel film di Sofia Coppola
Sia il film che il romanzo si basano su una storia vera del 1974, in un’America borghese che sta cercando di uscire da un mondo fin troppo religioso, per entrare in un mondo molto più libero. Entrare nell’era moderna non era semplice, soprattutto se si considera la vita fatta solo di apparenze in cui le persone erano abituate a vivere.
Anche la famiglia Lisbon era perfetta in apparenza, ma scavando nel profondo troviamo solo vuoto e freddezza. I sentimenti che i genitori provano sono atipici: la madre ama le sue bambine, ma le ama nel modo sbagliato; vuole il meglio per loro, ignorando che il meglio non è fatto di costrizioni e proibizioni. In un mondo che sta evolvendo, la madre delle cinque protagoniste è ancora legata al passato; ella, infatti, vorrebbe che le sue bambine fossero sinonimo di purezza, negando loro di vivere una vita ricca d’amore.
Le ragazze allora, che vivono il periodo della vita più strano e difficile – l’adolescenza – tentano di ribellarsi nell’unico modo possibile: la morte. Che senso ha continuare a esistere senza amore, felicità e tutte quelle emozioni che ti fanno desiderare di essere vivo? A porsi questa quesito è, prima di tutte, la più piccola delle Lisbon, che tenta il suicidio due volte. Le altre seguono la sorellina in quest’ultimo viaggio, sperando di trovare – nella morte – tutto ciò che non hanno scoperto da vive.
In questo film così come nel libro e, ancor di più, nella storia vera, non interessa il motivo per cui delle giovani e belle ragazze hanno fatto tutto ciò. Non interessa, perché di fronte a un gesto esasperante come il suicidio non esistono ragioni valide che lo giustifichino.
Sembra un paradosso il fatto che proprio nella morte le sorelle Lisbon conoscano quel sentimento ignoto durante la vita: l’amore. A raccontare questa storia vera, nel libro così come nel film, sono un gruppo di ragazzini infatuati delle giovani ragazze: un amore puro e genuino, che spinge il gruppo di amici a scoprire anche il più piccolo dettaglio sulla sofferenza delle loro amate.
Una storia in cui amore e morte si confrontano, cercando di mostrarsi l’uno più forte dell’altra. La verità che ci rivela Il giardino delle vergini suicide, però, è che non esiste battaglia tra questi due sentimenti, così come non esistono vincitori e vinti.