Il regista Matteo Russo su Lux Santa: il mio film “è prettamente reale”

In sala a partire da mercoledì 22 gennaio 2025, dopo essere stato presentato in anteprima mondiale alla 76esima edizione del Festival di Cannes e poco dopo alla 41esima edizione del Torino Film Festival, Lux Santa, documentario d’esordio di Matteo Russo. Prodotto da Naffintusi, in collaborazione con Rai Cinema. Distribuzione a cura di Cattive Produzioni. Ne abbiamo parlato con l’autore del film Matteo Russo.

La nostra intervista a Matteo Russo

Lux Santa è cinema documentaristico, che pur osservando il realismo crudo dell’ambiente e universo sociale che racconta, sembra affacciarsi di tanto in tanto sul cinema di finzione. Sono suggestioni o è qualcosa a cui hai pensato?
In termini di linguaggio comunque, quello che mi sono posto fin dall’inizio era proprio questo. Porre lo spettatore di fronte a quel muro invisibile tra finzione e documentario. Premettendo però che è soltanto una prerogativa del linguaggio. Che a molto più a che fare con la macchina da presa, piuttosto che con la narrativa e la struttura drammaturgica. Perché poi alla fine tutto quello che viene detto e che accade nel mio film, è prettamente reale. È al 100% reale. Non ci sono mai stati momenti che abbiamo costruito. Quello che andavamo a fare di base, era questo. Noi portavamo i personaggi, anche se per me sono persone e non personaggi, nelle varie location del film, quindi i luoghi che tu vedi – soffermandoci per un attimo sul piano visivo, tutti quei luoghi a me interessavano particolarmente, proprio perché già raccontavano l’atmosfera di quelle situazioni umane -, interrogandoli e spingendoli sulle tematiche, senza mai fare alcun lavoro sui dialoghi. I ragazzi non hanno mai avuto da parte nostra una sceneggiatura con dialoghi. In linea generale, non hanno mai avuto una sceneggiatura. Non hanno mai letto nemmeno una pagina, una riga. Noi li portavamo sui luoghi e la magia, così come il reale, accadeva. Senza mai dir loro, o suggerire, la mia visione e idea di racconto. Volevo che fosse autentico e così è stato.

Restando sul punto. Quanto hai dovuto tagliare in fase di montaggio?
“In realtà molto. Tempo fa riguardavo immagini di backstage e mi sono trovato a guardare delle location che per dirti, avevo completamente rimosso. Avevo proprio dimenticato di averle girate. Quindi sono state tante le cose che abbiamo eliminato e soprattutto è stato fondamentale il lavoro che abbiamo fatto con Mattia Soranzo, il montatore del film. Anche perché, tutte queste tematiche che noi andavamo a sviscerare proprio nei luoghi, innescavano poi dei dialoghi nei protagonisti, che dovevamo chiaramente avere un senso. Proprio perché una narrazione minimale lì doveva esserci. Quindi insomma, è stato un lavoro molto intenso di montaggio, seppur poi in termini cronologici, il film come è stato girato, è stato montato. Mi spiego, il primo giorno realmente abbiamo avuto la scena del tatuaggio. Il penultimo giorno abbiamo avuto realmente la scena delle ceneri. Ed è chiaro che le ceneri potevano accadere solo in quel momento del film e del tempo cronologico. E poi l’ultimo giorno abbiamo avuto il carcere, che è al di là del film, proprio perché lo abbiamo girato già oltre la festa di Santa Lucia.

matteo russo lux santa cienmatographe.it

Il mondo che tu mostri e racconti, quello cioè di Rione Fondo Gesù, appare un po’ come Il signore delle mosche di William Golding, in mano ai giovani, rispetto al quale gli adulti restano estranei. Qual è il tuo punto di vista su questo?
“Esatto, quello che dici è vero. Il microcosmo del Rione, che poi include tutte le situazioni familiari dei ragazzi che il film racconta, si reggono totalmente sulle loro spalle. Sono loro a dover gestire il peso insormontabile di questa situazione fondamentalmente. E una delle prerogative della parte narrativa del film, era proprio quella di raccontare la distanza delle figure adulte, rispetto alla realtà giovanile. Perché poi se ci pensi, le figure adulte quando appaiono, lo fanno quasi soltanto per raccontare i loro problemi. Non raccontano mai qualcosa di bello, a parte l’anziano, che svela l’importanza delle tradizioni. Questi ragazzi sono soli ed essendo soli, si portano tutti i giorni addosso e sulle spalle, il peso di una gioventù perduta. Il film poi nasce dal fatto che loro questa gioventù, non l’hanno persa del tutto e la ritrovano proprio grazie a questa tradizione popolare della festa di Santa Lucia.

I tuoi ragazzi sono fantasmi che hanno fame di apparire. Lo svela quel momento in cui il reale irrompe sul reale. I giornali online non parlano di loro, perché non parlano di loro. Come leggi questa scelta così dolorosa?
Tieni conto del fatto che loro fin dall’inizio si pongono come obiettivo, quello di apparire sui giornali. E la loro fame, è una fama che appartiene all’intero Rione. C’è da fare una premessa sul contesto. Il Rione Fondo Gesù è visto dalla città, ma anche dalla cronaca, come un quartiere fortemente ostile. Quello di cui si parla esclusivamente per fatti di violenza, cronaca nera e microcriminalità. Il loro obiettivo invece è far apparire il loro Rione sui giornali, per qualcosa di bello, di estremamente bello. Cioè aver organizzato il fuoco più grande della città e loro comunque appagano la loro soddisfazione, proprio con questo. Il fuoco. Pensa quando Santino (uno dei numerosi volti del film) dice all’amico: “Pensavi che non venisse nessuno. Eppure guarda, sono venuti tutti!”.

Dalla bellezza, alla violenza. C’è stato qualcosa che hai ritenuto opportuno tagliare, oppure non è mai accaduto?
Mai. Il realismo crudo lo abbiamo mantenuto. Nessun taglio, non avremmo potuto fare altrimenti.