Il Ritorno di Mary Poppins e l’importanza dei colori
Attenti a scegliere il palloncino giusto. Così come lo sono stati i creatori de Il ritorno di Mary Poppins nello scegliere i colori del film
Pochi sono i film che, in questo 2018, hanno sprigionato la fantasia di un’intera tavolozza di colori. Sgargianti, festosi, dalle tinte definite e vivissime. È quanto di meraviglioso c’è all’interno de Il ritorno di Mary Poppins, non più solo un mondo in cui l’impossibile si trasforma in qualcosa di assolutamente e divertentissimamente possibile, ma in cui è la luminosità della tintura usata a dare tono al film disneyniano, che determina la natura gioiosa della pellicola nonostante le avversità verso cui la famiglia dei Banks va dirigendosi.
Se l’umore di Michael Banks, diventato grande e assunte le sembianze del britannico Ben Whishaw, ondeggia tra le lagune della malinconia e gli ostacoli delle preoccupazioni finanziarie, sono i colori che lo circondano – e che il personaggio stesso indossa – a dare la carica per poter affrontare la situazione, in cui Mary Poppins torna più giocosa e spavalda che mai. È di verde che i nuovi pargoli a cui badare sono vestiti. Pixie Davies, Joel Dawson e Nathanael Saleh, rispettivamente nei ruoli dei fanciullini Annabel, Georgie e John, si sostengono come trio e le sfumature smeraldo, pastello, olivastro e menta ne sono specchio lampante. La banalità della speranza che non è per nulla banale quando si ha la grinta e la saggezza dei bambini per poter affrontare i momenti bui di una famiglia, non perdendo mai la fiducia, anche nei risvolti peggiori.
Il ritorno di Mary Poppins – Saper scegliere il palloncino del colore giusto
È la calma del blu del soprabito di Mary Poppins a sopraggiunge sorvolando i tetti di Viale dei Ciliegi 17, con quel rosso infuocato delle labbra, del cappello, dei dettagli, che sta per una sola dichiarazione: la tata perfetta praticamente sotto ogni aspetto è tornata e, come sempre, fa sul serio. E di colori, la cara Mary Poppins, ha gusto da vendere. Sono, infatti, di tonalità splendenti i suoi mondi, di un’incredibilità che non colpisce solo per l’improbabilità di poter tuffarsi nelle profondità degli abissi con un accesso preferenziale dalla propria vasca da bagno, né per l’animosità del pubblico e delle maestranze che un music hall animato può regalare. È il bilanciamento delle scelte scenografiche e del reparto costumi a colpire, così armoniosi nell’accostamento fatiscente di migliaia di colori, da rendere l’universo ora gestito da Emily Blunt non solo impeccabile, ma di un colorismo visivo da rimaner stampato negli occhi.
E la scelta dei giusti colori torna costante ne Il ritorno dei Mary Poppins e nelle vesti che i protagonisti si ritrovano a indossare. Se la tata si lascia andare alle gradazioni più rosate per i suoi regni di animazione, è dei colori principali che si investono i piccoli Banks, che di giallo, violetto e azzurro fanno il loro marchio distintivo nei mondi unici e paralleli in cui hanno la fortuna di essere trasportati. E dover associarsi al palloncino giusto – e perciò ad un colore che si rifà a se stessi – è la chiusura più importante per il film di Rob Marshall, che riempie il cielo di sognatori e puntini, intenti a dipingere di stupore l’azzurro e cristallino cielo.
Il ritorno di Mary Poppins – Dai lampionai di Lin-Manuel Miranda ai costumi di Lin-Manuel Miranda
Colori che, se smorzati dalla fuliggine dei lampionai, vengono illuminati dalle fiammelle accese dagli stessi lavoratori con i panni stracciati, la cui genuinità – simile a quella dei loro compari spazzacamini – rimane intaccata e si esprime con il gioco di luci che vanno loro stessi a creare nelle notti di Londra. Un’intera sequenza ballerina in cui la gang capitanata da Lin-Manuel Miranda arde di luce propria, tralasciando i colori, ma solo per donare atmosfera alla notte dei simpatici lampionai. Diverso dal nero dei cappotti che popolano la banca in cui lavora il genitore. Il grigio che appesantisce le anime e penetra nelle stanze degli uffici di funzionari e banchieri, le cui smorte e massicce costruzioni appesantiscono gli umori dei loro lavoratori e visitatori. E cosa può creare più contrasto con i vicoli nebbiosi della capitale inglese se non l’astrusità sottosopra della cugina strega – per l’occasione russa – Meryl Streep, che aggiunge un ulteriore espressività al film. Quella dell’assurdo più esagerato, vistoso e scombussolato. Parrucca aranciata e trucco pesante per un abbinamento da vera fattucchiera, che spicca mentre si dimena nel suo pezzo musicato ne Il ritorno di Mary Poppins.
Un merito gigantesco da attribuire alla costumista Sandy Powell e alle sue intuizioni visuali, che vanno confluendo nella cura per gli abiti e, appunto, i colori. Come l’effetto porcellana che rende omogenea l’entrata nel vaso dei protagonisti in carne ed ossa e trasmettete, attraverso i vestiti, la cura che, per un simile universo di magia, era necessario. Il ritorno di Mary Poppins vive di questa fantasmagorica visione colorata e brillante senza cui non potrebbe sussistere. È la necessità prima per bambini e adulti, per qualsiasi pubblico: trovare la tinta con cui affrescare questo mondo e fare in modo che non solo ci rappresenti, ma riempia di calore e festosità la vita.