Alessandro Gassmann: “Il Grinch insegna che la diversità non esiste”
Alessandro Gassman è il doppiatore de Il Grinch, l'atipica favola sul folletto verde che vuole rubare il Natale. Dal 29 novembre al cinema, prodotto da Illumination
In occasione della presentazione del nuovo Grinch, Alessandro Gassmann ha raccontato come ha vissuto il doppiaggio del protagonista. Di seguito la sua esperienza e il suo rapporto con i cartoni animati, le favole, ma anche con il Natale e il cinema italiano. Il film, diretto da Peter Candeland, Yarrow Cheney e Matthew O’Callaghan sarà nelle sale italiane a partire dal 29 novembre, distribuito da Universal Pictures.
Alessandro Gassman: “Il Grinch, un film per grandi e piccoli”
Che tipo di sfida ha rappresentato per te il personaggio del Grinch, eccentrico e sopra le righe?
“Io sono un appassionato del Grinch e per me è stato un grande onore e vorrei ancora ringraziare per questa possibilità. Intanto ho imparato tante cose perché doppiare un protagonista così bello, con una sceneggiatura così perfetta, che fa ridere grandi e piccoli, che commuove, è stato un impegno. La costruzione di questi film è come quella di un film con personaggi veri, quindi non significa fare una farsa, ma interpretare personaggi reali. Sembra vero. La versione americana con Cumberbatch sicuramente mi ha aiutato, ma è stato fatto un lavoro di adattamento molto ben fatto, che rimane per me una lezione. Ho imparato tanto e sono contento dei risultati”.
Recitare solo con la voce che tipo di esperienza è, senza costumi, né trucchi?
“Doppiare è anche un mestiere fisico. Io mi aiuto molto con il corpo, se devo fare una scena faticosa cerco di essere affaticato, se devo mangiare, mangio veramente. Cerco di assecondare il personaggio più che posso. Per doppiare bene bisogna essere degli attori, perché si tratta di interpretare. Poi l’espressività del Grinch è perfetta: è un lavoro molto delicato. Seguire Benedict Cumberbatch è stato d’aiuto anche perché abbiamo delle voci entrambi basse, anche se la sua è più metallica, pulita”.
Alessandro Gassman: “Il messaggio de Il Grinch è l’inclusione”
Le favole del Dr Seuss avevano sempre un messaggio, quale pensi sia quello del Grinch?
“Se devo trovare un messaggio è l’inclusione. Il Grinch come tutti quelli che appaiono “cattivi” dimostra fin da subito che il fatto che sia così chiuso nasconde altro e lo spettatore non vede l’ora di scoprirlo. Io parto dal presupposto che non esistono persone cattive, quindi il Grinch rappresenta in realtà tutti noi. Il Grinch non è solo un cartone natalizio, mi piace soprattutto perché lui è un diverso, è verde, mentre gli altri sono rosa. Questa è la storia di una comunità che accetta il diverso e ti fa capire che la sua diversità infondo non esiste. Basta una piccola parola detta da una bambina dolce e buona a un cattivaccio, per farlo cambiare”.
Come hai lavorato sapendo che questo Grinch è diverso rispetto a quello interpretato da Jim Carrey.
“Questo nella sua interezza è più riuscito, perché il cartone è il mezzo più interessante per raccontare un personaggio come quello del Grinch. Intanto la tecnologia avanzata e la qualità di questo film è altissima. Senza nulla togliere al film di Ron Howard questo fa un passo avanti. Non so se si può parlare di una ripartenza, ma questo è il nuovo Grinch”.
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Quali cartoni guardava Alessandro Gassmann da bambino?
“Guardavo i cartoni che all’epoca vedevano tutti i bambini, ossia la Disney. Il mio preferito, non so perché, era Pomi d’ottone e manici di scopa. Durante l’infanzia ho sognato tutte le notti che la mia finestra si aprisse e il mio letto si sollevasse sul mondo, volando senza avere freddo, in assoluta sicurezza”.
Come regista, come ti rapporti con l’animazione?
“L’animazione americana ha questa capacità: di raccontare grandi storie, con grandi tematiche, coinvolgendo grandi e piccoli, facendoli divertire ed emozionare allo stesso tempo. Gli americani hanno una percentuale di infantilità che rimane molto più evidente nel corso della loro vita. Rimangono molto più bambini, meno critici di noi. Sono straordinari e liberi, li invidio molto in questo senso”.
Il Grinch è un cattivo all’inizio. Il cinema italiano non riserva personaggi così, sono più cialtroni. Forse il più cattivo che hai interpretato è in Razza Bastarda. Mancano, essendo una sfida per gli attori?
“In Razza Bastarda non era un cattivo, ma un ignorante con il cuore grande alla fine. Io credo che i cialtroni sono il pericolo maggiore. Sono cattivissimi. Io ho sempre pensato che il personaggio che mio padre interpreta nel meraviglioso Sorpasso sia il personaggio più presente nella vita di tutti i giorni”.
Un cattivo che ti ha sempre affascinato?
“Io sono un fan dei film horror e sono sempre stato affascinato da Frankenstein. Il film che invece mi ha fatto più piangere è stato King Kong”.
Come si è evoluta la tua capacità di doppiatore da La strada per Eldorado a Il Grinch e se nel corso di questi anni c’è stato qualcuno a cui avresti voluto dar voce
“In Eldorado eravamo in due, con Gianmarco Tognazzi, ed erano due personaggi più semplici, mentre Il Grinch ha un percorso diverso. Qui è stato molto più impegnativo per me, con un personaggio più centrale. Diciamo che per quello che riguarda l’animazione sono molti gli esempi che mi sono piaciuti. Posso dirti però che il sogno di doppiare il Grinch c’era perché è quello che mi piace di più, proprio per la sua scorrettezza. Tira una pallina di neve in faccia a un bambino, leva una marmellata dalle mani di una nonnina: che non è quello che vorrei fare nella vita. Però tutti noi a un certo punto se troviamo una signora avanti con l’età a fare la fila avremmo voglia di darle un calcetto in culo (poi non lo facciamo perché siamo brave persone)”.
Che rapporto hai con il Natale?
“Io non sono credente, quindi rispondo in maniera laica. Da bambino si celebrava a casa di mia zia, con decine e decine di persone. Da uomo sposato ho sempre deciso con mia moglie e mio figlio di fare il Natale in tre. Abbiamo una casetta in montagna e stiamo lì spesso. Ho sempre avuto un problema con le feste comandate, con tutto ciò che è comandato veramente”.
C’è una performance nel montaggio che ti affascina particolarmente?
“Il doppiaggio di Gigi Proietti del Genio della Lampada credo che sia uno degli esempi più straordinari di pirotecnia vocale al quale abbia mai assistito. Secondo me lui resta uno dei più grandi doppiatori italiani, non solo per questo, ma per tutte le sue interpretazioni”.