Alessandro Rak ci svela i misteri di Yaya e Lennie e della sua Napoli esasperata, anarchica e storica
Il regista napoletano Alessandro Rak ci parla del suo nuovo film, Yaya e Lennie – The Walking Liberty, al cinema dal 4 al 7 novembre 2021.
Dopo il successo ottenuto con L’arte della felicità e Gatta Cenerentola, Alessandro Rak torna a dirigere un lungometraggio d’animazione con Yaya e Lennie – The Walking Liberty. Prodotto insieme a Mad Entertainment e Rai Cinema, il film sarà nei cinema soltanto dal 4 al 7 novembre. Abbiamo raggiunto Alessandro Rak al telefono per parlare con lui del suo nuovo lavoro e di alcune delle tematiche presenti nel film.
Alessandro, da cosa siete partiti per ideare il film di Yaya e Lennie?
“In realtà, il progetto iniziale riguardava un altro lungometraggio, ma poi è uscito un film della Disney che assomigliava troppo a quello a cui stavamo lavorando e abbiamo dunque dovuto cambiare rotta e trama e lanciare una nuova produzione. Allora ho messo sul tavolo un vecchio romanzo di John Steinbeck, Uomini e Topi, che è la storia di questi due uomini, di cui uno un po’ tardo di comprendonio, che cercano la loro dimensione esistenziale nel paesaggio della Grande Depressione americana. Abbiamo ripreso questo rapporto umano ma l’abbiamo fatto tra due persone di età diversa: Yaya è un’adolescente, mentre Lennie è molto più grande di lei, ma sono comunque due ragazzi che, allo stesso modo, cercano la loro dimensione esistenziale all’interno di un paesaggio devastato.”
Anche in questo film, come nei tuoi due titoli precedenti, la vicenda è ambientata a Napoli, solo che qui siamo in una città post-apocalittica e distopica, avvolta nel verde della giungla. Napoli per te è un po’ una metafora dell’umanità?
“Napoli è una grande metropoli, ma, allo stesso tempo, conserva aspetti che non sono propriamente da metropoli. È una città che a suo modo anticipa tante questione sociali, è anarchica e storica ma, contemporaneamente, mostra aspetti di modernità. Si tratta di una città che ben interpreta il paesaggio umano nella sua vastità, anche per la capacità che ha di mettere orizzontalmente in relazione miseria e nobiltà o persone di etnie diverse… Napoli la mettiamo al centro di tutto questo, raccontandola a volte per come è a volte esasperandola nei suoi aspetti di spazio e tempo.”
Alessandro Rak e il vasto “calderone” dell’animazione
Pensi che l’animazione sia il mezzo più adatto per raccontare tematiche come quella ambientalista?
“L’animazione può dare molto più spazio e dinamicità all’ambiente, è la pietra filosofale del racconto, è lo strumento più vasto e prestante per dare vita a ciò che la mente umana partorisce. Con questo mezzo si può essere iperrealisti o iperfantasiosi. È un calderone che contiene anche il cinema classico, perché l’animazione decide la sorte di ogni singolo fotogramma, e non può che essere, in questo senso, il mezzo più prestante per dar vita a un racconto come questo.”
La tua esperienza con Mad Entertainment è un unicum nel panorama italiano. Possiamo parlare, secondo te, di “Risorgimento dell’animazione Made in Italy”?
“Se vogliamo parlare di Risorgimento, bisogna attendere che diventi un movimento un po’ più vasto, si deve respirare questa arte in giro. Da parte nostra, noi stiamo cercando di dare il nostro contributo per questo, ma esistono anche altre realtà che si stanno facendo sentire. Il panorama dell’animazione italiana, in questo senso, è ancora abbastanza contenuto.”
Nei tuoi progetti futuri, ti vedi come autore anche di lavori non di animazione?
“A me piace la creatività in generale. Al mondo dell’animazione ci sono arrivato per gradi, con un percorso che è partito dal fumetto fino ad arrivare qui. Quello che mi piace del fare lungometraggi animati è l’idea di lavorare in squadra con altre persone, di pensare a elementi come il disegno, la musica, la tecnologia… l’animazione per me è un grande calderone. Questo, però, non vuol dire che non sia incuriosito da altri mezzi artistici e non escludo nulla per il futuro.”