Kevin Spacey su Baby Driver: “Il pubblico ama gli antieroi” [INTERVISTA]
Abbiamo avuto la possibilità di intervistare Kevin Spacey durante un incontro stampa per il film di Edgar Wright Baby Driver - Il genio della fuga
Siamo nelle sale eleganti dell’hotel Waldorf Astoria di Roma e attendiamo tutti una persona sola: Kevin Spacey. Ci vengono fatte mille raccomandazioni: niente foto, niente video, niente domande scomode. In fondo l’attore due volte premio Oscar è qui per promuovere il suo ultimo progetto: Baby Driver – Il genio della fuga (QUI la nostra recensione) di Edgar Wright. Nel film Spacey è Doc, un boss specializzato in rapine che sfrutta il talento al volante del giovane Baby (Ansel Elgort) per mettere a segno un colpo dopo l’altro.
Kevin Spacey entra nella sala abitata da pochi giornalisti, pronti ad intervistare una delle stelle più brillanti del fermamento hollywoodiano. Si siede, sistemando la camicia blu, e prende un sorso dal calice di vino bianco che gli è stato prontamente messo davanti. Sul viso quel sorriso beffardo che conosciamo fin troppo bene.
Anni fa, in un’intervista a Hollywood Reporter, parlando delle scelte nella sua carriera, aveva dichiarato che dal quel momento avrebbe accettato unicamente ruoli di rilievo e aveva dichiarato: “Datemi Martin Scorsese, un ruolo vero, oppure andatevene a fanculo”. Conferma questa cosa? Con questa scelta ritiene Edgar Wright un Martin Scorsese?
“Credo di dover mettere la mia risposta nel contesto giusto. Stavo parlando di un momento molto specifico nella mia carriera, quando dovevo muovermi in avanti, salire di livello e per farlo dovevo interpretare parti di un certo tipo. Credo che ora io sia interessato nel ricostruire la mia carriera nei film: in qualche modo, quando mi sono trasferito a Londra per dirigere un teatro sono uscito dalla mente delle persone, perché ad Hollywood se non sei nei paraggi vieni dimenticato. Quello che voglio essere adesso non è altro che una parte importante nel racconto di una storia. Comunque vi posso assicurare che se oggi Martin Scorsese mi offrisse un ruolo, non lo manderei a fanculo.
Adoro i film di Edgar Wright, credo che sia molto intelligente, divertente e brillante. Adoro il suo modo di usare la musica. E poi questo era il ruolo di Michael Cane: come potevo rifiutare un ruolo di Michael Cane”.
Ovviamente non perde l’occasione di sfoggiare la sua splendida imitazione dell’attore britannico.
In Baby Driver è per l’ennesima volta un bad guy. In che modo Doc (il suo personaggio nel film) è diverso dai ruoli precedenti – come David Harken di Come ammazzare il capo e vivere felici? oppure Frank Underwood di House of Cards – che identifichiamo come bad guys? Quali sono gli ingredienti per un cattivo perfetto?
“È la tua opinione [ride]. Non posso rispondere e sai perché? Perché secondo te e probabilmente secondo il pubblico si tratta di un antagonista, ma io non lo vedo in quel modo. Quando interpreto un ruolo non è il mio lavoro giudicare. Il mio lavoro è interpretarlo. Giudicare è il lavoro di qualcun altro, ovviamente. Io devo interpretare una persona. E quello che le persone definiscono cattivo o malvagio, non è qualcosa che puoi recitare. Puoi solo recitare quello che persone fanno o dicono. Quindi non è il mio lavoro.
Credo che il pubblico sia attirato da personaggi complessi, machiavellici, dagli antieroi. Questa cosa accade in televisione e al cinema da sempre, ma credo che negli ultimi 20 anni di televisione, fin dall’inizio dei Soprano, il pubblico adora gli antieroi”.
L’intervista di Kevin Spacey per Baby Driver – Il genio della fuga
Per un attore è più interessante impersonare un basista nelle rapine in banca, un politico corrotto o un grande personaggio a teatro?
“Beh, è come paragonare mele e arance. Ma se dovessi paragonarle, direi che se mele e arance si trovano a teatro, allora io sono la persona più felice sulla faccia della Terra”.
Lei adesso è un modello per molti attori [a questo punto della domanda Spacey si sbellica]. Quali erano e sono i suoi modelli come attori e come persone?
“Sono stato abbastanza fortunato da avere una madre che adorava il teatro, il cinema e che mi ha introdotto ad una varietà di talenti incredibili che sono diventati i miei modelli. Henry Fonda, Katharine Hepburn, Spencer Tracy, Cary Grant, Jimmy Stewart [che non perde occasione di imitare], Betty Davis, la lista è davvero lunga. Sono stato abbastanza fortunato da avere Jack Lemon nella mia vita quando ero molto giovane e l’occasione di lavorare con lui in diverse occasioni, è stato una persona di enorme influenza. Joseph Papp, che gestiva il festival Shakespeare in the Park a New York, Alan Pakula, uno dei primi registi che si è battuto per me… Questi sono alcuni degli uomini che hanno influito su di me”.
In Italia lei è doppiato in tanti film da Roberto Pedicini. Ha mai sentito la sua versione italiana? Cosa ne pensa del doppiaggio, visto che anche lei si è cimentato più volte?
“Prima vi chiederei: chi altro doppia oltre a me? [gli viene risposto “Jim Carrey”] Lo chiedo perché ho incontrato un uomo al Festival di Berlino, una volta, che è venuto da me, molto eccitato di conoscermi, e mi ha detto: ‘Io sono te!’. Io l’ho ringraziato, credevo si riconoscesse in me in qualche modo, ma lui mi ha interrotto: ‘No, io sono te. Io faccio la tua voce in tutti i film in Germania. Faccio anche Robert De Niro e Sean Connery!’. Allora io gli ho chiesto: ‘Se faccio un film con Sean Connery e Robert De Niro, tu devi doppiare due persone?’. Non ho mai incontrato la mia controparte italiana, ma mi assicurerò di non fare mai un film con Jim Carrey”.
Ci sono dei ruoli che lei non prende in considerazione? E parlando di antieroi, crede che nella vita reale valga la stessa cosa dei film? Crede che sia finito il tempo del buonismo e che le persone siano attratte da modelli negativi?
“Gli unici personaggi che non voglio interpretare sono quelli scritti male. Non mi censuro per quanto riguarda i ruoli che posso interpretare. Le persone a volte hanno l’idea che gli attori se ne rimangano seduti a scegliere le loro parti: ‘Faccio interpretare questo a George Clooney, quest’altro lo faccio, questo sarà Brad Pitt’… non è così. Puoi interpretare solo le parti che ti vengono offerte e quelle che sei disponibile a fare: la scelta è già abbastanza limitata. Ma sono aperto a ogni tipo di ruolo. Niente mi spaventa, se non la stupidità.
Per la seconda parte della domanda: non posso parlare per le altre persone. Credo che questo sia un modo furbo per farmi una domanda politica e non ci casco”.
Kevin Spacey: “Ecco com’è recitare a tempo di musica”
In Baby Driver avete recitato a tempo di musica, com’è andata?
“Quando ti danno il copione per la prima volta, ascolti anche tutti i brani della colonna sonora, perché Edgar ha già scelto tutta la musica. Quindi la lettura della sceneggiatura è davvero sexy. Quando si gira, poi, Edgar vuole che tu ti muova effettivamente a tempo di musica. Ti mettono un auricolare ed è come se qualcuno ti desse il tempo; quando iniziano i dialoghi la musica si ferma e vai avanti. È come una danza”.
In Baby Driver la sua voce è al centro di uno dei brani che il protagonista mixa all’interno del film. Cosa ne pensa?
“Adoro il fatto di far parte di un mixtape, voglio essere un mixtape. È stato molto figo. E credo che pubblicheranno una specie di colonna sonora dove il brano sarà presente”.
Come vive il ruolo di produttore in progetti recenti come Manhunt – Unabomber?
“Quello che adoro del lavoro di produttore è che sei un facilitatore. Il tuo lavoro è quello di unire le persone, di scegliere il giusto regista, gli attori migliori, il giusto sceneggiatore. Guardi mentre le cose si evolvono e ti fidi delle persone che hai assunto, li lasci lavorare e gli lasci completare il progetto. Credo che sia una cosa bellissima vedere il progetto che prende forma e questo vale anche per Unabomber che credo sia una serie fantastica”.
Lei ha interpretato diversi ruoli: dal padre di famiglia che si masturba in doccia al politico amorale. Qual è stato quello più difficile da interpretare?
“Mi piace come l’hai descritto. La masturbazione è stata parecchio difficile. Credo che sia sciocco per un attore parlare di quanto un ruolo sia arduo. Non è arduo. È fottutamente divertente. È un piacere, una gioia, ho l’occasione di andare al lavoro tutti i giorni e di fingere di essere qualcun altro. Una volta ero a teatro con un one-man show e il mio personaggio aveva questo monologo dove raccontava che suo padre l’ha costretto a lavorare fin da piccolo in un campo di patate in un caldo torrido. Dopo le prime picconate si è arreso, è diventato avvocato e non ha lavorato un altro giorno nella sua vita”.