Intervista a Gigi Roccati per Babylon Sisters: “A volte sono stato io lo straniero…”
Intervista al regista e al cast di Babylon Sisters, il film di Gigi Roccati che racconta la voglia di portare al cinema favole tra realtà e finzione.
A Roma il regista Gigi Roccati presenta il suo primo lavoro interamente di finzione, Babylon Sisters, film di donne, opera cinematografica sull’immigrazione e l’accettazione, incontro di culture con un cast multietnico di attori che raccontano le difficoltà di una palazzina pronta alla demolizione. Assieme a due delle protagoniste del film, la piccola Amber Dutta e Nav Ghotra, Roccati spiega lo sviluppo del lavoro e la voglia di raccontare favole. Babylon Sisters uscirà nei cinema il 28 settembre.
Gigi, il tuo percorso nasce dal documentario per approdare ora ad un cinema più di finzione, seppur con tratti di vita vera. Come è avvenuto questo passaggio?
“La mia storia parte da una base documentaristica. Il mio desiderio iniziale era quello di arrivare al cinema portando una carica di realtà, lavorando a delle sceneggiature che mano a mano si trasformavano insieme alle biografie delle persone protagoniste. Sono arrivavo a questo film passando per ultimo che era una storia molto diversa, quindi mi sono ritrovato a girare un film simpatico, più musicale. Mi piace definirlo un glamour di periferia tutto al femminile, è da questa ambientazione poi ho iniziato a cercare i personaggi.”
Quanto ha inciso la realtà nella costruzione della sceneggiatura di Babylon Sisters?
“La vita è fatta di incontri determinanti, stavo viaggiando per Trieste per poter iniziare questo film e lì ho incontrato una persona che ha ispirato il personaggio della babylon sister italiana. Una persona che ci ha aperto le porte del proprio quartiere e in quel momento sono stato investito dalla verità del posto. Persone che ballano in piazza, vecchiette che giocano a carte, era un posto vivo, ma insieme dimenticato. È stato questo l’elemento reale che abbiamo fatto entrare nella storia del film.“
Musicale, commedia, dramma di integrazione e familiare. Babylon Sisters è davvero l’insieme di vari aspetti. Tu in che genere lo inseriresti?
“Mentre realizzavo il film pensavo molto a Monicelli e De Sica, ovviamente senza fare con me paragoni impossibili. Ho preso come riferimento la costruzione di film con cui si potesse ridere e commuovere, andando anche leggermente fuori i paradigma del libro da cui Babylon Sisters è ispirato. Il film ha un anelito positivo, anche i produttori avevano espresso il desiderio che il film avesse un’anima musicale, qui presente grazie al grande cantautore Peppe Voltarelli. Trovo quindi che il film sia un insieme di generi, una commistione tra cinema reale e cinema pop, il poter incontrare il pubblico tramite la storia di persone vere.”
Come è stato dirigere e poter girare con attore del calibro di Renato Carpentieri?
“Non è facile trovare attori di una certa età volenterosi di mettersi in gioco. Con Renato invece è stato diverso, ci siamo messi insieme al lavoro sulla sceneggiatura e sul portare la poesia in scena, il che è una sorta di pazzia perché si rischia di cadere nell’alone del teatro. Volevo che il suo personaggio, il professore Leone, fosse un dei punto di vista con cui si guarda al presente, una lente del nostro vissuto per rivolgersi al futuro.”
Gigi Roccati parla di Babylon Sisters
Sia i personaggi stranieri che il vecchio professore Leone vivono la paura dello sfratto. È vero quindi che oramai non c’è neanche più bisogno di distinzioni razziali, ma si combatte una vera guerra tra poveri?
“Questo che stiamo vivendo è un tempo di nuove cittadinanze in un’epoca di disastrose e gravi immigrazioni. Ecco perché ci siamo potuti permettere di creare una storia dalla tensione positiva che guarda all’integrazione come una condivisione di culture che smuove cittadinanze. A volte è capitato anche a me di essere lo straniero ed essere accolto con benevolenza, il contatto rimane comunque importante. Noi come Italia adesso abbiamo un ruolo difficile, ma straordinario ossia tornare ad essere protagonisti di un momento difficile.”
Amber, sei stata una dei partecipanti di Italia’s got talent ed ora approdi al cinema in un ruolo da protagonista. Come hai vissuto questo passaggio?
“È tutto merito di mia sorella se mi trovo qui, è lei che mi ha iscritto a Italia’s Got Talent e se non l’avesse fatto non starei parlando del film oggi. Devo dire che sono fortunata, ma nella vita non basta questo, bisogna anche impegnarsi non trascurando il divertimento. Da sempre voglio fare l’attrice quindi per me è stata un’occasione e devo dire mi è andata anche troppo bene, pensavo sarebbe stato più difficile, che avrei dovuto fare casting su casting, invece eccomi qui.”
Nav, nel film Babylon Sisters sei la madre del personaggio interpretato da Amber, una donna molto chiusa e molto timida, rispettosa delle regole della sua religione e devota alla famiglia e al marito. È vero che ti sei ispirata a tua madre per rappresentare questo ruolo?
“Il mio personaggio è poco loquace, non ha molti dialoghi nel film infatti. Ha difficoltà come donna e come immigrata, un po’ per colpa del marito e un po’ per colpa della nuova lingua e dei diversi usi e costumi del paese che la accoglie. Per questo ha bisogno del sostegno delle sue amiche, grazie alle quali riuscirà a fare quello che desidera. Come immigrati abbiamo bisogno di una società che ci aiuti, ci sostenga.
Sì, mi sono ispirata a mia madre, una donna arrivata in Italia a trentacinque anni che doveva riabituarsi ad un mondo, resettare tutto e ricominciare da capo. Ha dovuto prendere la licenza di terza media italiana qui, mentre nel suo paese di origine era insegnante. Per me che sono sua figlia è stato più facile, ma ho cercato di ricreare il suo accento, di copiarne i movimenti e i costumi per rappresentare al meglio cosa significa per una persona dover imparare di nuovo a vivere”.
Gigi, c’è qualche progetto al quale inizierai presto a lavorare?
“Sì, inizierò il 29 settembre le riprese della seconda opera dal titolo Lucania, tratta di un contadino che uccide chi gli inquina la terra e scappa con una figlia muta la quale tornerà a parlare durante questa fuga. Volevo raccontare il realismo magico del mondo contadino e la sua terra. Come con Babylon Sister e il prossimo film, penso che il cinema ci può dare la speranza.”