Brave ragazze: Michela Andreozzi e il cast raccontano il film
Michela Andreozzi insieme al suo cast di Brave ragazze presenta il film, tra amicizia, storie vere e la coesione tra Angiolini, Pastorelli, Rossi e D'Amico.
Michela Andreozzi torna alla sua seconda regia e lo fa non solo con un gruppo di affiatate attrici, ma con una storia che l’attrice e cineasta voleva raccontare da tempo. Brave ragazze è, infatti, la versione più o meno romanzata di un caso di cronaca degli anni Ottanta, in cui un gruppo di donne si unirono per trovare la maniera di sbancare il lunario. La soluzione? Quella di fare una rapina, dividendo il ricavato e continuando come sempre le loro vite. A interpretare questo team di personalità agli antipodi eppure unitissime sullo schermo – e sul set – sono Ambra Angiolini, Ilenia Pastorelli, Serena Rossi e Silvia D’Amico, vere “good girls” trasformate per l’occasione in delinquenti, accompagnate dai colleghi Luca Argentero e Massimiliano Vado. A raccontare dell’esperienza delle riprese a Gaeta, della ricostruzione della storia e del forte legame tra le attrici, sono la Andreozzi con il cast stesso, in attesa dell’uscita al cinema di Brave ragazze il 10 ottobre.
Brave ragazze: Michela Andreozzi parla del film insieme ad Ambra Angiolini, Ilenia Pastorelli, Serena Rossi e Silvia D’Amico
Michela, sei alla tua seconda regia. Da dove viene l’idea di queste quattro donne tra amicizia, famiglia e rapina?
“Sono felice che Brave ragazze arrivi al cinema, perché in realtà questa è un’idea che nasce moltissimi anni fa. Il tutto è cominciato con un ritaglio di giornale, si trattava di un’intervista a una di queste rapinatrici che era uscita di galera e raccontava la sua esperienza dopo il periodo di detenzione. E durante l’intervista, sono usciti una serie di aneddoti fantastici, perfetti per un film. Il fatto poi che, queste donne, si siano travestite da uomini perché altrimenti nessuno avrebbe mai creduto che potessero essere in grado di fare un gesto simile mi ha toccata molto, rincorre i temi che a me stanno a cuore. Ovviamente queste rapinatrici hanno fatto delle cose sbagliatissime, a cui noi abbiamo aggiunto la parte con la violenza domestica del personaggio di Serena Rossi. In ogni caso è una storia su cui abbiamo ricominciato a mettere mano più di due anni fa ed è un caso che arrivi adesso su questa nuova onda al femminile.”
Ma il fatto reale è avvenuto in Francia, non in Italia. Come avviene, dunque, la scelta di girare proprio a Gaeta e lasciare l’ambientazione negli anni Ottanta, con ricostruzione del look dell’epoca e il resto?
“Gli anni sono rimasti gli Ottanta perché mi interessava l’idea di esplorare quanto la donna sia cambiata nel giro di quarant’anni o vedere se, almeno per una determinata fascia sociale, le cose sono le stesse tutt’oggi. A Gaeta, poi, ho passato i miei 80s. Ricordo determinati scorci, mia madre che teneva per mano mio fratello in quelle strade. Ho quindi innestato i miei ricordi di quegli anni nel film. Per i costumi c’è stato un lavoro filologico pesantissimo. Non c’è nemmeno un capo ricostruito, sono tutti vestiti direttamente di quegli anni, con un lavoro sul vintage impressionante. Per il look da uomini per le rapine, invece, l’ispirazione me l’ha data una sera al telefono Ambra: mi ha ricordato la copertina di un disco dei Duran Duran e ho trovato che fosse il modo migliore per vestire le attrici. Credo molto in questi scambi tra regista e interpreti, anche perché, essendo anche io un’attrice, capita anche a me di dare consigli.”
Un gruppo, quello delle tue protagoniste, che doveva dimostrarsi molto solidale e unito. Come è venuta, dunque, la scelta di queste quattro attrici?
“Le ho individuate subito perché le avevo già in mente in scrittura. Erano loro. Ambra è una mia amica da un’eternità e volevo assolutamente lavorare con lei, ma sono innamorata di ognuna di loro. Le ho scelte per il loro temperamento che, penso, rispecchi poi bene i loro personaggi. Per quanto riguarda gli uomini del film, Luca l’ho chiamato perché gli sono legatissima e per me rappresenta la figura dell’uomo positivo, che si mette sempre a disposizione della donna. Dirigere mio marito Massimiliano in un ruolo come quello del bruto, invece, è stato divertente.”
Michela Andreozzi: “Era una storia che volevamo raccontare da tempo e sono contenta che finalmente ce l’abbiamo fatta”
E cosa ne pensate, voi attici, dei vostri ruoli in Brave ragazze?
Ambra Angiolini: “Il mio personaggio è una donna sciolta da tutto ciò che c’è di più scontato, a partire dal fatto che abbia due figli e li cresca da sola senza il padre. È una che si inventa la vita, senza raccontarsi però mai alcuna favola.”
Ilenia Pastorelli: “Chicca è un personaggio bellissimo, pieno di sfaccettature. Poi è qualcosa di diverso nella mia carriera. Solitamente interpreto sempre “la fidanzata di…” o “l’amica di…”, sempre donne subordinate alla figura di un uomo. Questa volta, invece, faccio parte di un gruppo di donne e Chicca è lo spirito ribelle. Una donna che si interroga anche su se stessa, sulla propria sessualità, sempre ricercandosi nelle sfumature. In più questa volta ero senza tacchi e senza trucco, quindi mi sono potuta veramente divertire. Michela mi ha scritto davvero un personaggio figo, che mi ha tolto un po’ della mia femminilità in eccesso.”
Serena Rossi: “Maria, il mio personaggio, è una donna devota, alla Madonna e al marito cattivissimo. Ma questo gruppo di amiche saprà salvarla ed è questo che mi commuove sempre del film, perché le sue amiche voglio veramente proteggerla, anche quando lei non pensa di averne bisogno. Attraverso il percorso che affronterà nel film, Maria saprà trovare la libertà. Devo dire che è un personaggio che ho amato molto. In più, avendo praticamente convissuto a Gaeta, dove nessuna tornava a casa propria la sera e dove abbiamo fatto colazioni, pranzi, cene e qualsiasi cosa insieme, con le altre colleghe abbiamo iniziato a conoscerci davvero. È stato molto bello e, in più, questo ci ha permesso di lavorare con grande rispetto le une per le altre.”
Silvia D’Amico: “La cosa bella di noi quattro attrici è come, ognuna di noi, è diversa dall’altra. E il messaggio, che mi sembra alquanto nuovo, è che proprio un gruppo di donne, anche così differenti tra loro, se unite possono creare una vera forza. È qualcosa che abbiamo vissuto in prima persona a Gaeta. Nessuna di noi si conosceva eppure è nata la magia. E Michela è stata molto brava a capire questo e a dirigerci utilizzando i nostri punti forti.”
Luca e Massimiliano, come avete fronteggiato queste “amazzoni” sul set e come è stato lasciarsi guidare da loro?
Luca Argentero: “Sono stato felice di prendere parte a questo progetto. Sostengo moltissimo il punto di vista di Michela sul cinema e il suo modo di raccontare storie. Sia nel corto in cui mi ha diretto, sia in Brave ragazze ho ritrovato quel profondo sentimento con cui vuole raccontare la femminilità. Nulla nel film è lasciato al caso, nemmeno un personaggio strumentale come potrebbe essere il mio. Questo essere così scrupolosa la rende una grande regista ed è importante che nel nostro cinema ci sia una donna così. Per il mio ruolo, devo dire, mi è piaciuto subire un’altra piccola trasformazione. Con i baffi ero identico a mio padre quando era giovane! Per quanto riguarda il cast, avevo già lavorato singolarmente con ognuna di queste quattro donne e poterle ritornare tutte insieme in questa pellicola è stato come mettere un punto in questo momento della mia carriera.”
Massimiliano Vado: “Prima di tutto vorrei dire che sono sposato con Hulk. Ogni giorno mi sveglio e trovo Michela che sta già lavorando. È una persona in perenne tempesta che dedica la vita per il lavoro. Fortunatamente il ruolo che interpreto nel film, quello del violento, non rispecchia la nostra vita coniugale. Per diventare credibile ho anche assunto peso e con il trucco abbiamo modificato un occhio rendendolo semi chiuso. Dietro a ogni scena, però, c’è l’attenzione precisa di Michela e credo si veda la sua assoluta dedizione. Mette talmente tanta anima nel suo lavoro che ci costringe a metterla anche a noi.”
Qual è, infine, il cuore del film per voi?
M.A.: “È questa banda di donne e la solidarietà che le sostiene. Era questo il messaggio che volevo comunicare: insieme si è più forti, si fanno grandi cose. Magari sbagliate, ma insieme.”
A.A.: “Vedo Brave ragazze come un film gentile e la gentilezza è piuttosto rara di questi tempi. È tutto una schifezza oggi e non c’è altra maniera per definire quello che stiamo vivendo, per questo il lavoro di Michela sembra quasi un’opera futurista, che guarda a un domani in cui c’è del buono in tutti e più unione e solidarietà, per quanto il film parli di rapine e altrettante cose sbagliate.”
S.R.: “Il vero cuore è Michela e l’amore che ha dedicato a ogni personaggio.”