Bruno Falanga: “La musica per me è il personaggio invisibile di un film”
L’intervista al compositore e produttore musicale campano, realizzata in occasione settima edizione del Saturnia Film Festival, laddove ha vinto il premio per la migliore colonna sonora di Another End.
La terza serata della settima edizione del Saturnia Film Festival, andata in scena nella suggestiva cornice dell’arena a cielo aperto allestita nella piazzetta di Rocchette di Fazio, è stata caratterizzata dalla proiezione di Another End nel concorso opere prime e seconde della kermesse toscana presieduta da Antonella Santarelli con la direzione artistica di Alessandro Grande. Ad accompagnare la pellicola erano presenti il regista Piero Messina e l’autore delle musiche Bruno Falanga. Al compositore e produttore musicale campano è stato attribuito il premio per la migliore colonna sonora e a distanza di qualche ora dalla vittoria di questo importante riconoscimento lo abbiamo incontrato per rivolgergli una serie di domande sul suo percorso artistico e sulla sua idea di musica per film.
La nostra intervista al compositore e produttore musicale Bruno Falanga, vincitore del premio per la migliore colonna sonora al Saturnia Film Festival 2024
Com’è scoccata la scintilla per la musica per film e quando ha capito che sarebbe potuta diventare parte integrante della sua carriera artistica?
“È nato tutto per caso. Sono sempre stato innamorato del cinema e già in giovanissima età nel corso degli studi ho iniziato a ipotizzare di lavorare nel settore, ma non avendo ancora chiara quale fosse la filiera e tutto ciò che vi era dietro ci ho messo del tempo a capire come entrare a far parte di quel mondo. Poi nel 2011 tramite il Conservatorio ho potuto partecipare al Festival di Giffoni di quell’anno dove mi sono ritrovato a collaborare con un gruppo di registi impegnato in un Contest di Air France. In quel gruppo c’era anche Ciro D’Emilio e quella è stata in assoluto la prima volta che ho potuto lavorare come musicista a un prodotto audiovisivo. Fu molto formativo. All’epoca amavo moltissimo ascoltare le composizioni dei grandi autori di colonne sonore, ma ignoravo come si facesse la musica per film. Lavorare in squadra era come avere a disposizione una band e per me che sono un nostalgico del rock è stata un’esperienza bellissima, che fece letteralmente scoccare la scintilla di un colpo di fulmine. È stato dunque amore a prima vista, al quale ho deciso di dare subito un seguito iniziando a collaborare con altri registi ai loro cortometraggi. Essendo un’arte che non si improvvisa ho ripreso gli studi e approfondito questo modo di fare musica per immagini”.
Bruno Falanga: “Per me la vittoria più grande non è tanto scrivere la musica più bella della vita, ma scrivere quella più giusta per il progetto che mi viene affidato”
Da cosa parte il processo creativo di una sua colonna sonora?
“Mi piace tantissimo scrivere e comporre brani ad hoc e il più delle volte il processo creativo inizia addirittura quando l’opera non è ancora stata girata e montata. Con tutti i registi con i quali ho collaborato in questi anni sono sempre partito dalla sceneggiatura, rarissime volte dal prodotto già finito. Questo perché la musica per me è il personaggio invisibile di un film e sbagliare la tipologia o il mood significa sbagliare un personaggio e la scelta di un attore, di conseguenza dare un vestito non adeguato all’opera nel suo complesso. Per me la vittoria più grande non è tanto scrivere la musica più bella della vita, ma scrivere quella più giusta per il progetto che mi viene affidato. Per riuscirci bisogna a mio parere iniziare a lavorarci prima, soprattutto in quei film dalla forte impronta autoriale come ad esempio Another End, Regina o Per niente al mondo. Così facendo dai al regista un’idea più o meno chiara di quello che sarà il suono. Questo è l’approccio che amo e cerco di mettere in atto quando vengo chiamato in causa, anche se purtroppo non è sempre possibile, poiché ci sono volte che mi chiamano in corsa o a montaggio ultimato”.
Bruno Falanga: “Io voglio sentirmi autore di un film, voglio che il fruitore ritrovi in esso il mio suono e la mia sensibilità”
Nel suo processo creativo esiste e segue un modus operandi preciso?
“A cambiare è sicuramente la mole di lavoro, ma l’approccio rimane più o meno lo stesso. Questo semmai muta a seconda del genere e del registro, ma il processo per creare una colonna sonora segue le medesime traiettorie. Faccio l’esempio dell’horror indipendente Strangers, le cui musiche avevano prevalentemente il compito di generare nello spettatore ansia, tensione e terrore, per raggiungere il proprio scopo. Il mio lavoro doveva andare dunque in quella direzione e così è stato. Se invece chiamiamo in causa la commedia allora il mio pensiero va a Gli attassati di Lorenzo Tiberia. Con lui ci siamo divertiti a trovare un suono che identificasse i protagonisti e in quel caso la scelta è caduta sul rock and roll. Ciò ci ha portato a dare vita a una musica potente, ma che al contempo avesse un suono in grado di rendere ancora più bizzarri i personaggi. Purtroppo ho fatto pochissimi documentari, ma tra quelli ai quali ho avuto il piacere di prendere parte c’è Bangarang di Giulio Mastromauro. Si tratta di un’opera molto autoriale, motivo per cui l’ho approcciata come se fosse un film di finzione. Il ché ci ha portato a fare tutto ciò che normalmente si fa in un film di finzione, ossia seguire la drammaturgia e crearne una spirituale e onirica. Per una serie come L’Ora – Inchiostro contro piombo che mi ha portato a collaborare con tre registi diversi fra loro (Piero Messina, Ciro D’Emilio e Stefano Lorenzi) invece ho cercato di realizzare delle musiche che andassero bene per tutti gli episodi. In quel caso c’è stata una lavorazione molto fitta e complessa che ha portato alla stesura della bellezza di ventitré pezzi tematici, ai quali si andavano ad aggiungere tutte le variazioni. Ovviamente il mio sogno nel cassetto è quello di essere riconoscibile, a prescindere dalla lettura del nome nei titoli di testa e di coda. Io voglio sentirmi autore di quel film, voglio che il fruitore ritrovi in esso il mio suono e la mia sensibilità.. È come mettere la propria firma su un quadro”.
Bruno Falanga: “È importante che la musica si sposi bene anche con la fotografia, perché come essa esprime un colore tramite il suono”
In che modo cambia il suo approccio in base al progetto che le viene affidato?
“Cambia sulla base dei progetti, perché dietro ciascuno di essi ci sono artisti con visioni e sensibilità diverse. La maggior parte di quelli ai quali ho collaborato in questi anni sono progetti fortemente d’autore, motivo per cui alla base vi era già una spiccata sensibilità. Ovviamente il mio primo approccio consiste nella lettura del soggetto e della sceneggiatura se ultimata, capire i personaggi e parlare con il regista per carpire da lui quali sono le sue volontà. In quel momento mi faccio virtualmente nella testa un film che deve essere ancora girato e inizio a fare delle proposte di musiche che ritengo possano andare bene. E molte volte queste stesse musiche poi prenderanno vita insieme alle immagini o quantomeno serviranno a indicare la giusta via da percorrere. È importante che la musica si sposi bene anche con la fotografia, perché come essa esprime un colore tramite il suono. L’avere avuto la fortuna di studiare la musica del Novecento che noi tutti conosciamo come contemporanea, mi ha dato la possibilità di approfondire anche i timbri degli strumenti che io classifico come dei colori su una tavolozza attraverso i quali dipingo le immagini”.
Bruno Falanga: “Penso che quella di Another End sia la colonna sonora che più rispecchia la mia idea di musica per film e la mia poetica”
Quando ritiene che la musica da lei composta si sia sposata alla perfezione con le immagini e quale delle colonne sonore da lei firmate rispecchia di più la sua poetica?
“Credo e spero che in Another End di esserci riuscito, laddove ho fatto di tutto per fare in modo che la musica richiamasse il film e viceversa. Nell’opera seconda di Piero Messina ho avuto lo spazio e i mezzi giusti per fare in modo che ciò accadesse. Lì ho potuto dare il mio contributo a una colonna sonora che conteneva anche dei brani già editi che si sposavano alla perfezione con la musica originale da me composta. E poi c’era anche la straordinaria regia di Piero che insieme al mio di lavoro ha dato origine a una potentissima drammaturgia. Attualmente penso che questo sia anche il progetto che rispecchia di più la mia idea di musica per film e la mia poetica. È stato quello che mi ha dato più soddisfazioni e anche quello più duro. Poi però non posso non citare quanto realizzato per il secondo film di Ciro D’Emilio, Per niente al mondo, e per Regina, l’esordio nel lungometraggio di Alessandro Grande. Nel primo ho potuto per la prima volta mescolare un linguaggio contemporaneo con una musica elettronica molto sperimentale. È stata anche quella un’esperienza molto formativa che ho potuto condividere con il music producer Emilio De Virgilio, con il quale abbiamo prodotto a quattro mani la colonna sonora. Mentre per il secondo c’è stata una sperimentazione sul violoncello e gli arpeggi, ma la cosa più bella ed emozionante è stata ascoltare dei brani scritti da me cantati dal vivo sul set dalla giovane protagonista del film, Ginevra Francesconi. Nello specifico mi sono trasformato in un sound writing per scrivere una canzone che il personaggio dedicava alla madre che non c’era più e per farlo ho dovuto immedesimarmi nelle emozioni e nei sentimenti di una quindicenne”.
Bruno Falanga: “Quando si tratta di scrivere musica sembro la persona più sicura del mondo, mentre quando si tratta di relazioni umane sono tutto il contrario”
Cosa pensa abbia spinto registi importanti del panorama nostrano a scegliere di affidare a lei le colonne sonore dei propri progetti? C’è qualcosa che la caratterizza al punto da puntare su di lei e sulla sua poetica?
“Non saprei, perché quando si tratta di scrivere musica sembro e probabilmente lo sono la persona più sicura del mondo, mentre quando si tratta di relazioni umane sono tutto il contrario. Mi piace pensare che la mia sensibilità o la mia dedizione al lavoro dia loro sicurezza. Ma in generale spero che piaccia loro l’uomo che c’è dietro al compositore. Ed è ciò che riscontro nel momento in cui tutti i registi con i quali mi sono trovato a lavorare per la prima volta poi sono diventati dei miei grandi amici. Questo vuol dire che si sono trovati bene con me anche umanamente e che al di là del lavoro sono nate anche delle relazioni”.