Charlotte Gainsbourg e il tormento di essere una figlia d’arte, “mi vestivo da maschiaccio”
Abbiamo incontrato Charlotte Gainsbourg, figlia e sorella d'arte. L'attrice francese si racconta tra ieri e oggi, tra tormenti e fisicità accettata col tempo.
Incontrare Charlotte Gainsbourg a Milano in occasione delle due anteprime cinematografiche distribuite da Wanted Cinema, Gli amori di Suzanna Adler (diretto da Benoit Jacquot e tratto dall’omonima pièce di Marguerite Duras) e Jane by Charlotte, che segna il suo esordio da regista, significa immergersi in una conversazione nella quale l’artista parla di sé toccando temi di grande attualità e problematiche esistenziali contemporanee.
Charlotte Gainsbourg è figlia d’arte a tutto tondo. Figlia del cantautore Serge Gainsbourg e dell’attrice britannica Jane Birkin, nipote dell’attrice Judy Campbell (sua nonna materna) e dello scrittore Andrew Birkin (suo zio), sorella della fotografa Kate Barry scomparsa nel 2013 e della cantante e modella Lou Doillon. È legata all’attore Yvan Attal, da cui ha avuto tre figli. La Gainsbourg è tra le interpreti più eclettiche non solo del nuovo cinema europeo ma anche del cinema d’oltreoceano. Il suo debutto cinematografico e musicale avviene all’età di 13 anni, esattamente nel 1984 con il film Amore e musica del regista Elie Chouraqu; nel 1986 la sua prima collaborazione musicale con il padre, Serge Gainsgourg, immagine trasgressiva e controversa del cantautorato francese, nella realizzazione dell’album Love on the boat. Ha vinto diversi Premi César, un Prix d’interprétation féminine al Festival di Cannes, un Premio Bodil e un Premio Robert.
Charlotte Gaingsbourg ci attende al Palazzo del Cinema di Milano, bellissima in una t-shirt bianca e un jeans anni ’80. Ci accoglie sorridente; preferisce parlare in francese, è gentile, appare anche timida ma dimostra tanta voglia di raccontarsi.
Charlotte Gainsbourg: intervista all’eclettica e provocatoria attrice francese, figlia d’arte
Jane by Charlotte è un film emozionante, narra del rapporto di una figlia con la propria madre; una madre particolare, Jane Birkin, una donna che ha vissuto tra amori e successo. Nel docufilm emergono caratteri diversi, si raccontano momenti di intima familiarità; Jane scopre la figlia che crescendo cambia la sua fisicità, si stupisce e, con una sensibilità elegante racconta sensazioni ed aneddoti. Ci siamo chiesti, accorgendoci della particolare attenzione che riserva nel “racconto”, quanto esser figlie di una icona di bellezza abbia condizionato i primi approcci con il suo corpo, da adolescente prima, da donna ora.
“Nel film si accenna alla bellezza e all’aspetto fisico, ma se devo parlarne a grandi linee mi sento di dire che da ragazza ho vissuto dei complessi, ad esempio non mi piaceva il mio naso, camuffavo le mie linee vestendomi da maschiaccio proprio perché nella mia famiglia l’estetica è sempre stata un valore, ha sempre avuto un’importanza ben definita. Però io ho imparato a lottare insieme con e non contro il mio aspetto; pian piano ho accettato nel mio percorso di crescita il fatto di non essere perfetta e accettando i complessi che inevitabilmente ho avuto per questo.
Però devo aggiungere anche che oggi è mille volte peggio per le ragazze proprio per l’effetto di amplificazione che hanno i social network rispetto alla corrispondenza di certe idee di fisicità, per le donne oggi è durissimo riuscire a crescere e ad accettarsi in questa società”.
Charlotte Gainsbourg si racconta tra ieri e oggi
L’accettazione di se stessi, dei cambiamenti conseguenti allo scorrere del tempo, sono trattati esplicitamente nel film; Jane con indosso una camicia bianca un jeans e un paio di converse si fa fotografare da Charlotte. È una fotografia nitida, chiara, senza ombre. “Si, esattamente! Riguardo alla bellezza di mia madre, non ho mai ritenuto fosse solo bellezza fisica nonostante in tantissime fashion di moda lo stile di Jane Birkin torna continuamente, dalla frangia al tipo di trucco, alle sue movenze che hanno fatto di lei un’icona degli anni ’70. Questa immagine è riduttiva; il suo charme è l’essenza stessa della persona, oltrepassa anche la sua fisicità. Nel film ho riscoperto mia madre ancora, una donna dalla mentalità attualissima, al passo con i tempi con tanta voglia di vita vera e la bravura nel non cadere in apparenze in cui la sua bellezza avrebbe potuta intrappolarla. Una donna che, nonostante il successo, è rimasta sempre se stessa”.
Nel film Gli amori di Suzanna Adlerinterpreta una donna appartenente all’alta borghesia parigina in lotta tra difficoltà di sopravvivenza e paura di finire in balia di una vita coniugale piatta, movimentata solo da un eccessivo desiderio. Un altro tipo di “angoscia” diviene protagonista anche nel documentario Jane by Charlotte. Una preoccupazione che sua madre per la prima volta le confida è quella di aver scatenato dentro di voi una predisposizione alla malinconia, ma quanto, invece, tormento e angoscia possono essere motore di ispirazione a livello artistico?
“Credo che chi vuol vivere in questo mondo lo debba osservare, se non lo osserviamo non lo viviamo, il dubbio genera curiosità, la curiosità conoscenza, la conoscenza potrebbe implicare tormento e angoscia. Non possiamo fuggire dall’osservazione, dal dubbio, dalla curiosità, dalla conoscenza: sono fondamentali per una vita che possa essere ritenuta piena. Mio padre ha sempre detto che osservare un cielo azzurro e lasciarsi ispirare da esso non ha assolutamente alcun senso. Ci vuole una tempesta, ci vuole un temporale, un continuo tormento che non deve essere a tutti i costi necessario o ossessivo! Altrimenti determineremmo una drammaticità poco naturale delle cose. Quando penso a mio padre, non potrei ricordarlo senza tormenti e angosce, forse proprio lui, il modo in cui ha vissuto, mi ha reso consapevole che questa capacità sia anche una predisposizione necessaria per un artista tanto da diventare compagnia vitale. Alla sofferenza si dovrebbe essere riconoscenti molto più di quanto possiamo immaginare. Ogni qualvolta si presenta nei nostri percorsi, accettarla è già il suo stesso rimedio, in qualche modo è anche inclusiva, non riguarda alcuni o altri, riguarda tutti”.
Il tempo è tiranno e Charlotte Gainsbourg deve lasciarci, deve correre in aeroporto, tornare a Parigi, riaffacciarsi alla finestra della sua quotidianità, ascoltare le voci dei ricordi che la legano alla storia del cinema e della musica: Serge Gainsbourge Jane Birkin, volti indimenticabili e unici di una “rivoluzione culturale” che ha segnato gli anni ’70 e ’80.
A noi rimane l’invito di andare a vedere il suo ultimo film, nelle sale dal 21 Aprile, la cui interpretazione conferma la sua bravura, già eccellentemente provata in
Nynphomaniac sotto la regia di Lars Von Trier, e il suo primo film da regista
Jane by Charlotte, nelle sale dal 16 Giugno 2022.