Cinzia Cordella su Lola Blue: “mi ha donato un’energia maschile che non avevo”
Cinzia Cordella, attrice di teatro e protagonista del film Lola Blue, si racconta tra solitudine ed "energia maschile".
Cinzia Cordella con il film Lola Blue, presentato al Bif&st 2024, segna il suo esordio cinematografico, la seconda volta davanti alla macchina da presa per il primo lungometraggio della sua carriera. Cinzia Cordella interpreta il ruolo della protagonista, il personaggio appunto di Lola Blue, nel film dal titolo omonimo, scritto e diretto da Eleonora Grilli.
Lola Blue segue il viaggio interiore di una donna alla ricerca del proprio posto nel mondo, forte di un’ironia che la fa apparire a volte cinica a volte elemento distintivo di un pubblico che non sempre riesce a comprenderla a pieno, rappresentando però indubbiamente l’importanza di non scendere a compromessi quando questo diventa sinonimo di andare contro se stessi. Cinzia Cordella interpreta e rappresenta la figura di Lola Blue in tutte le sue caratteristiche e sfaccettature, nella profonda verosimiglianza di una nuova consapevolezza di sé, inizialmente non ricercata, ma che diventa poi punto di arrivo di un percorso denso di ostacoli. Cinzia Cordella, esponente del Teatro Off, ha iniziato la sua carriera d’attrice sul palcoscenico, ricoprendo anche ruoli di coreografa e assistente alla regia, e recitando in spettacoli diretti da registi di fama internazionale, come lo spettacolo Edipo a Colano e Le Troiane, diretti rispettivamente da Rimas Tuminas e da Nikolaj Roshchin. Negli anni Cinzia Cordella ha poi preso parte alle rappresentazioni teatrali La strana coppia, con Claudia Cardinale, e La signora delle mele, dove ha lavorato al fianco di Giuseppe Zeno e Marisa Laurito. Ha poi recitato anche in Occhi gettati e Dignità autonome. Sul piccolo schermo ha vestito i panni di Simona Alfano nella storica e celebre serie tv Un posto al sole e dal 2023 è in scena con lo spettacolo Matrioska, del quale è anche ideatrice, sceneggiatrice e interprete, che è stato un grandissimo successo e che tornerà in scena anche nella stagione 2024/2025. Vincitrice del premio Alessandro Fersen Innovazione e Ricerca e di quello come Migliore attrice al Roma Fringe Festival 2023, Cinzia Cordella ha di recente partecipato a un’altra esperienza teatrale da lei scritta e diretta, dal titolo Quella visita inaspettata. Ecco al nostra intervista all’attrice.
L’intervista a Cinzia Cordella, attrice di Lola Blue
Lola Blue è una donna dalla personalità dirompente, un personaggio protagonista molto forte. Tu come descriveresti e come definiresti Lola?
“Io la definisco come una donna molto fragile. Direi anche che, come tutti i cani spaventati, lei aggredisce prima di essere aggredita. Appare come una misantropa nei confronti del mondo, si isola e si protegge con questa durezza e anche con un cinismo che esprime molte volte nel corso del film. Lo fa perché quello che vede intorno a sé non le piace, non ama ciò con cui viene in contatto e non ama l’umanità che la circonda“.
Cosa hai dato di tuo al personaggio e cosa credi che Lola abbia lasciato a te?
“Lola mi ha donato un’energia maschile che non avevo e che si cerca sempre di tenere a bada. Io sono una persona che tende sempre all’armonia, soprattutto nella relazione con l’altro. Evito le discussioni, e anzi, sono spesso quella che mette pace. In Lola Blue ho quindi dovuto lavorare sulla mia energia maschile, quella più attiva e più violenta. E l’ho portata con me. Perché l’energia maschile mi ha aiutato a dire di no quando c’è n’è bisogno, quindi ad avere anche un giusto equilibrio“.
Il personaggio del film è quello di una comica, un’artista con una comicità molto particolare. Oggi viviamo in un’epoca piena di censure e di paura, con molti temi sui quali è difficile scherzare, anche in base a ciò che è o non è politicamente corretto. Cosa ne pensi relativamente alla comicità, cioè è più difficile oggi il lavoro di un comico?
“Credo che un po’ servo del sistema lo devi essere se punti alla popolarità. Io venendo dal Teatro Off sono stata a contatto e conosco molte realtà sperimentali. C’è quindi chi si può permettere di non essere censurato, soprattutto quando metti in scena spettacoli con venti o quaranta spettatori, in quel caso lo puoi fare. Però l’essere schietto e non curarsi del politicamente corretto porta anche dei guadagni diversi, magari inferiori. In televisioni e nei grandi teatri invece devi accettare la censura, a volte per forza. C’è però chi non ci riesce, l’idealista e il vero sognatore non ci riescono“.
Lola Blue sfiora e affronta anche la tematica delle differenze di genere che esistono nel mondo dello spettacolo, come in qualsiasi ambito. C’è una scena, di un’intervista in radio, durante la quale qualsiasi persona si troverebbe dalla parte di Lola, è molto sentita la sua reazione. Quando hai letto quella scena ti sei sentita anche tu dalla parte di Lola o avresti voluto che lei mantenesse la calma e magari riuscisse a rispondere a tono?
“Beh io da attrice ho goduto a fare Lola, perché Lola, rispetto a me, ha il coraggio di reagire e in certi casi ci vuole, come in quell’intervista per esempio. A lei proprio non interessa di sembrare antipatica o di essere messa da parte dopo ciò che dice. Perché lei dice sempre quello che pensa e non ha mai paura di essere sincera e di essere se stessa. In quella scena probabilmente chiunque avrebbe voluto poter reagire in quel modo. Ovviamente capita spesso, da artiste, di dover accettare dei compromessi. Da attrici lo si fa perché si dipende dai giornalisti, dai critici, e dal giudizio degli altri, perché poi ci può anche essere una difficoltà proprio a lavorare. Come succede a Lola, con il suo manager che cerca di farle capire che con quell’atteggiamento entrambi non sarebbero andati da nessuna parte“.
C’è qualche scena o qualche momento sul set che ti è rimasto impresso?
“Sì, un momento molto simpatico e anche molto dolce è stato sicuramente quello con il cane, che si chiama Brando ed è il cane della regista. Lui mi aveva vista solo un paio di volte e mentre giravo una scena con lui presente, dovevo buttare tutto a terra e arrabbiarmi e quando l’ho fatto il cane ovviamente si è spaventato. Lui doveva venirmi incontro e poi scappare. Il problema è che quando è scappato, poi non tornava più. Al tempo stesso però quando, dopo aver scaraventato tutto a terra, io crollavo sul pavimento, piangendo, in quel momento lui mi è venuto vicino, per consolarmi, e quello è stato uno dei momenti più emozionanti. Ci ha praticamente donato un pezzo di scena, un valore in più, perché il momento in cui io sono lì che piango, parlo con lui e lo abbraccio, lui sta lì vicino a me. È stato un momento bellissimo. Ed era tutto improvvisato, non previsto. Spesso quando lavori con gli animali è così, non sai come quello che può accadere“.
Uno dei focus principali di Lola Blue è sicuramente quello della solitudine. È un tema oggi molto sentito e che riguarda moltissime persone, abbraccia anche diverse generazioni. La solitudine di Lola è qualcosa che la porta negli anni a credere di non aver bisogno di nessuno, quindi una contraddizione profonda che è però anche molto realistica.
“Sì, perché si soffre molto della solitudine, senza la relazione con l’altro tante cose non hanno senso, perché ci si convince di stare meglio da soli. Ma spesso è solo paura di essere di nuovo feriti. Lola rinasce proprio grazie alla relazione con l’altro. Lei ha avuto molti traumi infantili, ha vissuto in orfanotrofio, è stata abbandonata dai genitori, è stata vittima di bullismo. Ed è proprio dopo quel guardare negli occhi degli altri, che lei smette di avere paura delle relazioni e dei rapporti umani“.
Lola Blue è una storia che può dare un messaggio di speranza, sotto più punti di vista. Cosa vorresti che il film e il personaggio di Lola potessero trasmettere?
“Sicuramente l’attenzione da parte del sistema a capire che le persone sole hanno bisogno di integrazione. Nel film, come nella vita, accade tutto un po’ come una magia. Spesso la vita ci offre delle occasioni per uscire dall’isolamento. Nel caso di Lola Blue è un contratto che rischia di essere annullato e che per tornare ad essere rispettato, il suo manager la manda in questo centro di riabilitazione. Per Lola questa diventa una vera e propria rinascita, perché, appunto, spesso la vita ci offre possibilità di rinascita e integrazione, di relazione con l’altro e bisogna sempre coglierle“.
La rabbia e quindi anche alcune situazioni del passato di Lola che scopriamo nel corso del film potrebbero derivare da un fraintendimento di ciò che lei stessa vuole per il proprio futuro.
“Sì, anche se non so quanto Lola lo sappia inizialmente. È come se dopo che la vita le ha dimostrato che può esistere e si può trovare la bellezza nell’altro e nel vivere i rapporti, lei capisce come i contatti umani portino tutti a una purezza, come accade a lei nel rapporto con gli altri personaggi. Ed è proprio questa genuinità di ognuno di loro che la fa sentire protetta, che le mostra l’altra faccia della medaglia dell’umanità. A quel punto si rende conto che preferisce godersi il viaggio piuttosto che accettare tutti quei compromessi della carriera artistica che non fanno parte di lei. Lola non cambia come donna, fino alla fine, non scende a compromessi, preferisce cambiare strada. Al tempo stesso lei ama il palco: quando entra in quel teatro vuoto, il suo sembra un addio, perché come artista ha un amore immenso per il teatro. E quella sua relazione sincera con il teatro, con il palco è proprio la sua purezza ritrovata“.
Questa è la prima esperienza cinematografica di fronte alla macchina da presa per la realizzazione di un film. Venendo dal teatro, passando poi alla televisione con Un posto al sole, dove interpreti Simona e arrivando quindi anche al cinema, qual’è la stata prima differenza che hai visto e sentito tra queste tre forme di recitazione così diverse, ma anche così simili?
“In tutti e tre i casi io non guardo mai l’orologio, non mi viene mai voglia di scappare e mi piace tantissimo interpretare i miei personaggi. Ciò che mi diverte di più come differenza è che mentre a teatro posso entrare nel personaggio in silenzio, senza vedere né sentire quello che accade intorno a me, al cinema, sul set, ci sono sempre venti o trenta persona che sono intorno a me. Io faccio quindi spesso finta di essere da sola e questo è molto divertente. Nel cinema e nel teatro però, soprattutto se hai un ruolo da protagonista, hai tutto il tempo per entrare nel personaggio. A teatro fai molte prove con il regista, al cinema invece le fai da sola e prima delle riprese. Lo studio del personaggio è quindi molto più approfondito. Mentre in televisione ci sono tempi diversi, è tutto molto più rapido. La televisione è veramente una grande scuola, perché devi intercettare le energie del personaggio, metabolizzarle, e spesso le scene ti vengono date il giorno prima del set“.
Tra i prossimi progetti teatrali, oltre al seguito di Matrioska che ha avuto un grandissimo successo, cos’altro c’è in programma?
“Il seguito di Matrioska, dove in scena come c’è Gabriele Guerra, è un progetto sul potere divino che è dentro di noi e sui principi della fisica quantistica. Nel primo spettacolo c’erano diverse citazioni a Shakespeare, che è sempre stato un profondo conoscitore dei segreti dell’universo. Per questo, volevo approfondire proprio i temi shakespeariani, in particolare quello dell’invisibile che ci circonda. E abbiamo scelto quindi di portare in scena l’Amleto e Ofelia. In realtà c’è anche un gioco di parole dietro, perché il titolo del seguito di Matrioska è I Am Off, che sono le iniziali di Amleto e Ofelia. Io vengo dal Teatro Off e l’ho sempre adorato. È un teatro artigianale, dove fai tutto da sola, vai in giro con valigie in spalla, porti le scene con te e ti muovi tantissimo. Credo che sia un’altra grande scuola per un attore, lo spettacolo è tuo fino in fondo. Ti occupi della scenografia, sei l’attore, a volte pulisci il palco e quindi si crea un amore più profondo, totalizzante“.