Dakota Fanning su Please Stand By: Star Trek per vincere l’autismo e capire il mondo
Dakota Fanning, sorella di Elle, la cui carriera come attrice è iniziata da bambina, ha presentato a Roma insieme al regista Ben Lewin il film Please Stand By. Ecco cosa ci ha raccontato a proposito di autismo, fama e progetti futuri.
Dakota Fanning e il regista Ben Lewin presentano alla dodicesima edizione della Festa del Cinema di Roma la pellicola indipendente tra autismo e passione per Star Trek intitolata Please Stand By, tenero film sul viaggio verso Los Angeles della protagonista Wendy per consegnare la propria sceneggiatura e superare le difficoltà del relazionarsi con la vita “normale” che le ruota intorno.
Wendy è un personaggio particolare, una ragazza determinata, affetta da una forma di autismo che cerca di raggiungere con le sue sole possibilità Los Angeles. Dakota, come ti sei approcciata a questo ruolo?
Penso che interpretare Wendy non sia stata una sfida tanto diversa rispetto a qualsiasi altro personaggio che mi accingo ogni volta ad interpretare. Wendy è affetta da autismo, ma non è soltanto questo, c’è molto di più in questa ragazza perciò mi è piaciuta moltissimo come protagonista, soprattutto perché affronta le proprie difficoltà non permettendo che queste influenzino la sua vita. Poi c’è il suo amore per Star Trek che la spinge fino a Los Angeles. La sceneggiatura era scritta veramente bene, piena di dettagli che mi hanno aiutata a calarmi bene nel personaggio.
Ben, non è la prima volta che il tuo cinema si interessa a storie di donne. Cosa ti attrae del sesso femminile che ti porta a raccontarne quel mondo?
Oramai quasi tutte le storie riguardanti gli uomini sono state raccontate, soprattutto per quanto riguarda la ribellione. Ora le generazioni sembrano molto più interessate alla figura della donna, che per me è un vero e proprio viaggio alla scoperta di un differente modo di guardare il mondo, trovo sia molto originale per quanto mi riguarda. Anche l’esperienza di lavorare con Dakota devo dire che mi ha aperto a tante prospettive. Lei come le altre attrici con le quali ho lavorato mi hanno permesso sempre di esplorare una diversa prospettiva sul mondo.
La protagonista Wendy ha questo affettuoso e presente attaccamento a Star Trek, quale è il vostro personale rapporto con questo filone di intrattenimento e cosa ha significato inserirlo nel film?
Dakota: Wendy usa Star Trek per capire il mondo che ha intorno, per superare le proprie difficoltà. È una sorta di Spock, come lui non riesce a capire le interazioni sociali né come gira il mondo dei sentimenti. Questo personaggio dunque, Spock, diventa il suo traduttore per capire la realtà circostante. Grazie a Star Trek lei riesce a conquistare l’ignoto senza averne paura.
Ben: Nessuno di noi era esperto o un particolare seguace di Star Trek. Ma è stato interessante notare come Star Trek abbia un profondo legame con l’autismo. Possiamo infatti definire Spock come il primo eroe autistico, visto che non è in grado di gestire né ad aver a che fare con le emozioni. Se si esplora l’autismo si può cogliere perfettamente questo legame.
Dakota Fanning: “Il personaggio di Wendy è interessante non solo perché affetto da autismo, ci sono molte cose che mi piacciono di lei.”
Please Stand By è una pellicola fresca che sembra rivolgersi ad un pubblico giovanile, in più alla Festa del Cinema di Roma terrai una masterclass aperta ai ragazzi. Quali sono i consigli che ti appresti a dare a giovani che vogliono intraprendere la tua stessa carriera?
Credo che Please Stand By sia un film bellissimo e non si limiti a parlare soltanto ad un pubblico giovanile, ma di molto più vasto raggio. È sempre bello recitare in un film che possa attirare l’interesse di diverse fasce di spettatori. Più che dare consigli mi auguro di riuscire a rispondere in modo soddisfacente alle domande! In questo settore ogni percorso è quanto mai personale, quindi spero di riuscire a poter chiarire comunque qualche dubbio o curiosità. Per ora l’unica cosa che so di certo è di non avere tutte le risposte.
Dakota, sei diventata famosa già da diverso tempo ormai, muovendo i primi passi nell’industria del cinema quando eri solo una bambina. Pensi che la fama ti abbia sottratto in qualche modo la tua giovinezza e se sì quale è stata la cosa che ti ha mantenuta in equilibrio?
Amo il mio mestiere da sempre e mi risento a volte quando mi viene posta questa domanda, come se la fama abbia dovuto necessariamente avere un impatto negativo nella mia vita. Invece trovo che mi abbia arricchito molto, sia per quanto riguarda l’infanzia che la mia vita in generale. Ad esempio, quando avevo nove hanno ho avuto modo di vivere per cinque mesi a Mexico City, poi altri tre mesi a Hong Kong, questo mi ha permesso di apprendere molto su diverse culture, stili di vita e via dicendo. Perciò posso soltanto dire che sono grata perché mi è stato permesso di realizzare la mia passione. In più ho amici e familiari dentro e fuori questo settore che mi tengono in equilibrio, anche se in fondo non vivo tutti i giorni pensando di essere un’attrice famosa.
Cosa puoi dirci sul futuro progetto dalla regia di Kirsten Dunst alla quale dovresti partecipare e cosa ne pensi del fatto di creare una sorta di “sorellanza” nel mondo del cinema?
Il progetto è ancora in fase di sviluppo, ci sono molte cose da dover mettere insieme quindi non potrei proprio essere più precisa. Posso però dire che amo lavorare con registe donne e creare una sorta di sorellanza come mi è già capitato in passato e come spero accada ancora in futuro. Ovviamente adoro anche i registi uomini, come avvenuto con Ben!