Damien Chazelle su Il Primo Uomo: volevo creare un documentario familiare
Damien Chazelle ha parlato del suo nuovo film, Il Primo Uomo, a Venezia, in occasione della presentazione alla stampa
Dopo la presentazione alla stampa de Il Primo Uomo, film d’apertura della 75ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, si è tenuta la conferenza stampa dell’ultima opera di Damien Chazelle, che oltre al regista ha visto la partecipazione degli interpreti Claire Foy, Jason Clarke e Olivia Hamilton e dello sceneggiatore Josh Singer. I presenti hanno risposto con garbo e disponibilità alle domande degli addetti ai lavori, desiderosi di conoscere i retroscena di quest’ambiziosa opera sulla vita e sulla carriera di Neil Armstrong, il primo uomo a mettere piede sulla Luna.
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Ad aprire la conferenza è stato proprio Damien Chazelle, di ritorno al Lido dopo il successo di La La Land, che ha così parlato della genesi de Il Primo Uomo: “La mia generazione è cresciuta in un periodo in cui la conquista dello spazio era già avvenuta, e ci è sempre parso che tutto fosse molto semplice. Più imparavo su questo evento e più mi affascinavo, quindi ho deciso di entrare nella storia. Ho dovuto capire come è iniziato e come è proseguita questa avventura.”
Ha poi proseguito il protagonista Ryan Gosling, che si è così espresso sulle sue ricerche per prepararsi a dare vita a un’icona come Neil Armstrong: “I miei riferimenti per Neil sono stati i suoi figli e l’ex moglie. Ho parlato con le persone che lo conoscevano durante l’infanzia e ho frequentato il suo museo. Ho ricevuto tantissimo aiuto e tante risorse su cui mi sono appoggiato. Neil era una persona molto umile e reticente, quindi volevo fare sentire le sue emozioni, quello che provava realmente.”
Ha preso poi la parola Jason Clarke, che ne Il Primo Uomo interpreta l’astronauta Edward Higgins White:
“C’è stata una sensazione quasi di claustrofobia. Damian ha creato capsule molto realistiche in cui è stato difficile farsi chiudere”. Sulla stessa lunghezza d’onda Damien Chazelle, che ha dichiarato: “Ho visto alcune navicelle spaziali e mi sono reso conto di quanto sono piccole. “Ho cercato di rendere fruibile la sensazione dello spazio, un luogo nero in cui entrare, che si vede da dentro una lattina. Una sensazione terrificante, che per me aumenta il fascino verso gli astronauti”.
Ha poi ripreso la parola Ryan Gosling, per parlare della sua esperienza nella vita da astronauta: Mentre mi preparavo a questo ruolo ho dovuto capire l’abc del volo, capire cosa succede. Ho anche capito il motivo per cui lui è diventato un grande astronauta e io no (ride, ndr), e ho voluto fare qualcosa di diverso per raccontarlo. L’astronauta è qualcuno che prende un aereo che non ha mai visto o pilotato e lo porta a un punto di rottura, solo per fare un passo in avanti con la tecnologia.
Il protagonista ha poi proseguito parlando del suo rapporto con Damien Chazelle, che ha ritrovato dopo La La Land: “Lavorando con Damien mi sono accorto che aveva La La Land e Il Primo Uomo in mente contemporaneamente. Entrambi sono film che si prestano al grande schermo e che noi vogliamo vivere in un cinema. Credo che Damien abbia un istinto molto forte per quello che il pubblico vuole vedere, e vuole unire le persone attraverso il cinema, come le ha unite lo sbarco sulla Luna. Credo che sia il suo più grande dono”.
Damien Chazelle ha ripreso la parola per parlare dell’apporto di Steven Spielberg, produttore esecutivo de Il Primo Uomo:
“Spielberg è entrato nel progetto attraverso Josh, che lavorava con lui a The Post, ed è diventato uno dei cofinanziatori del film. È la prima volta che ho avuto contatto con Spielberg, sono cresciuto con lui e con i suoi film. È saltato a bordo come finanziatore, ma quando ci serviva abbiamo chiesto aiuto anche per altri aspetti”.
Lo stesso regista ha poi parlato della toccante sequenza in cui i figli salutano Neil Armstrong in partenza per la sua missione con due approcci agli antipodi, uno molto affettuoso e l’altro quasi intimorito: “Abbiamo scoperto nelle nostre ricerche che Janet ha costretto Neil a sedersi con i figli e parlare della sua partenza, sottolinenando che avrebbe potuto non tornare indietro. Volevamo dare importanza all’evoluzione della scena e non siamo riusciti ad avere quello che volevamo fino all’ultimo momento. Uno dei due figli era troppo piccolo, l’altro voleva capire il costo che quest’impresa avrebbe avuto, da qui le reazioni diverse. Abbiamo voluto pensare anche alle persone che Neil ha lasciato sulla Terra ad affrontare la sua partenza”.
Lo sceneggiatore Josh Singer ha poi parlato dell’importanza della famiglia di Neil Armstrong per il film: “Ci hanno aiutato davvero molto, ci hanno dato dettagli, spiegandoci come funzionava la parte tecnica e chi fosse Neil. Noi siamo andati ancora più a fondo del libro che ha scritto Neil, ci siamo incontrati con Janet e i figli, dandole una copia della sceneggiatura e chiedendole di fare annotazioni”. Sulla stessa linea anche Olivia Hamilton, che ha dichiarato: “Ho parlato con i figli di un altro astronauta per capire come comportarmi, tutti avevamo ben chiaro il lato eroico dell’astronauta ma non il coinvolgimento emotivo della famiglia”.
A seguire, è intervenuta Claire Foy, autrice di una grande interpretazione nei panni di Janet, la moglie di Neil: “Io volevo concentrarmi sul modo in cui i figli vedevano mamma e padre. Abbiamo chiesto loro se si ricordassero chi raccontava le favole la sera, chi gli faceva il bagno chi faceva il poliziotto buono e chi quello cattivo. Non riesco a immaginare cosa significhi essere persona di cui qualcuno vuole raccontare la storia, ma sono stati molto gentili con noi, e ce l’hanno praticamente consegnata nelle mani”.
Damien Chazelle ha ripreso la parola per parlare del suo approccio alla storia di Neil Armstrong:
“Questa storia non è la mia. Tutti i film che ho fatto prima parlavano di esperienze mie personali, questa invece è un’esperienza che tutti noi condividiamo, ma nessuno di noi è andato sulla Luna o nello spazio. I dettagli della storia non mi erano familiari, e ho dovuto trovare un modo per entrare in contatto con ciò. Ci sono aspetti che sono riuscito a capire a livello, ma altri in cui ho dovuto mettermi nei panni e capire la vita di un altro, creando comunque una storia personale. Il nostro obiettivo era di creare quasi un documentario familiare”.
Il regista ha poi parlato del lavoro sul suono, componente fondamentale de Il Primo Uomo: “Abbiamo avuto a disposizione un team per il suono, che ha utilizzato il casco di Armstrong. Il respiro che sentite è fatto attraverso il vero casco di Neil. Le tute indossate sono vere, è sorprendente che esistano ancora: per quanto mi riguarda, credo sia meglio usare gli originali rispetto alle riproduzioni. Ci sono elementi molto stilizzati, che gli astronauti non avrebbero sentito, tipo i ruggiti dei leoni, ma per il resto il nostro team del suono ha fatto un lavoro molto realistico”.
Ryan Gosling ha poi chiuso la conferenza parlando di Neil Armstrong: “Neil era una persona estremamente umile, come molti astronauti, volta per volta ha spostato l’attenzione da se stesso a chi ha reso possibile la missione, rendendo chiaro che lui era solo la punta dell’iceberg. Non credo che si vedesse come un eroe americano, altri l’avranno visto così, ma lui non si vedeva così. Molte scelte sono stata fatte per render omaggio a Neil e a come era lui in vita”.