David Lynch si confessa a Roma: fra Los Angeles, l’arte e il rapporto con Fellini
Il resoconto dell'incontro di David Lynch con il pubblico della Festa del Cinema di Roma, a margine della consegna del Premio alla carriera
Dopo la conferenza stampa di cui vi abbiamo già raccontato qui, nel corso della penultima giornata della Festa del Cinema di Roma David Lynch ha incontrato anche il pubblico della manifestazione, che ha deliziato con un memorabile excursus sulla sua carriera e sulle sue fonti di ispirazione, commentando estratti dei suoi film più celebri prima di ricevere il premio alla carriera dalle mani di Paolo Sorrentino.
Ad aprire l’incontro è stato una scena di Eraserhead, che ha dato modo a David Lynch di parlare dell’inizio della sua avventura nel cinema:
Non ero per niente appassionato di cinema in gioventù. La mia ispirazione è stata la città di Philadelphia, che amo per i motivi sbagliati, cioè perché è sporca, corrotta e folle. Amavo anche i suoi colori intensi, gli interni dai colori improbabili, le proporzioni strane delle stanze, i mattoni ricoperti di fuliggine e l’ambiente dominato dalle fabbriche, che è il mondo che troviamo in Eraserhead.
A seguire è stata la volta di Velluto blu, film prodotto da Dino De Laurentiis:
Dino mi ha insegnato a cucinare i rigatoni, che è molto importante. Ho fatto due film con lui: per Dune ho firmato lo stesso senza avere il final cut, anche se sapevo che non era la cosa giusta da fare. Per Velluto blu ho detto esplicitamente che l’avrei fatto solo se avessi avuto la parola ultima. Dino mi ha dato la sua parola e ha mantenuto la promessa. Io non punto sulle improvvisazioni, ma su tante prove, perché dopo la scrittura nascono come frammenti delle idee, che potrei descrivere come penso un rompicapo che sto risolvendo in una stanza tramite qualcuno che mi lancia pezzi da una stanza accanto. La strada che si prende per fare un film deve comunque essere rispettosa dell’idea iniziale, come del resto il cast.
In seguito, è stata mostrata una fondamentale sequenza di Strade Perdute, ambientata in un party, che David Lynch ha così commentato:
Non mi spaventa particolarmente questa scena, mi piace avere ospiti. Strade perdute è stato il primo dei miei 3 film ambientati a Los Angeles, ma questo è l’unico suo collegamento con Mulholland Drive e Inland Empire. Non so come nascono le idee: per una parte della giornata non ne hai, continui a non averne, poi improvvisamente arrivano.
Successivamente è stato il turno proprio di Mulholland Drive, che ha dato occasione a David Lynch di parlare del suo rapporto con la città di Los Angeles:
Sono arrivato a Los Angeles nel 1970. Sono arrivato di notte e la mattina dopo ho visto il sole di Los Angeles, una luce meravigliosa che mi ha fatto quasi svenire. Di questa città amo il fatto che non se ne vedono i confini, che non si hanno limiti e che mi ricorda l’epoca d’oro di Hollywood. Mulholland Drive era nato come un progetto televisivo, ma non c’è differenza fra creare per il cinema per la tv, sono esattamente la stessa cosa. Per la televisione, grazie soprattutto alla tv via cavo, è possibile avere una storia che continui, mentre un film è sempre auto conclusivo. A parte questo, cambia solo la qualità dell’immagine e del suono, ma ogni giorno la tecnologia migliora.
David Lynch ha concluso il suo viaggio all’interno del suo cinema con Inland Empire, il primo lungometraggio in cui ha lavorato in digitale:
La celluloide è una tecnica bellissima, ma la pellicola è pesante, si sporca, si danneggia e si rompe, mentre il mezzo digitale si avvicina sempre di più alla qualità della celluloide. Con il digitale si possono fare milioni di cose dopo aver girato, e questo significa che si schiude un mondo meraviglioso. Mi fa avvicinare alla pittura, perché si può manipolare l’immagine come una tela. Molti pensano che il digitale sia troppo plastico e poco organico, ma adesso i progressi tecnici permettono di avvicinarsi moltissimo a una realtà organica simile.
A seguire, David Lynch ha voluto parlare di due artisti che lo hanno particolarmente ispirato e influenzato. La prima opera a essere mostrata è stata Seated Figure di Francis Bacon
Amo Francis Bacon, che secondo me è uno dei più grandi artisti della storia della pittura. Ho già parlato delle idee, e queste idee possono nascere sia per il cinema sia per moltissime altre cose. A volte riesco a cogliere un’idea che mi entusiasma e la porto su tela. In questo momento per esempio mi piace la pittura infantile. Quando preparo una mostra, mi piacerebbe poter dire che c’è un filo narrativo fra le opere, ma la realtà è che ha volte alcune di loro creano una sorta di secreta unità familiare, ma dopo un po’ che esploro una particolare linea la esaurisco e sono pronto per fare qualcosa di diverso.
La successiva opera mostrata è stata The Illegal Operation di Edward Kienholz, che David Lynch ha così commentato:
Il motivo di questa mia scelta è che Edward Kienholz esplora un tema che mi appassiona come quello dei fenomeni organici. A volte sulla tela applico dei fori e inserisco qualcosa, oppure aggiungo qualcosa alla superficie in modo che emerga qualcosa.
David Lynch ha concluso l’incontro parlando di tre film da lui particolarmente amati. Il primo a essere introdotto è stato Lolita di Stanley Kubrick, che il Maestro ha così commentato:
Credo che questo sia un film straordinario da tutti i punti di vista, privo di qualsiasi difetto o debolezza. Lo amo in tutte le sue espressioni: amo gli umori che evoca, la recitazione e l’evoluzione dei personaggi. Per me non ha importanza come si sia arrivati a questa bellezza, ma solo che ci sia.
Il film successivo è stato Viale del tramonto di Billy Wilder, a proposito del quale David Lynch si è così espresso:
Io lo vedo come un film triste, che parla di desideri non realizzati. Billy Wilder tra le altre cose era straordinario per il suo senso dei luoghi. Ricordiamo questa casa bellissima, che ha una sua personalità e ci riporta all’era d’oro del cinema. Tutti i personaggi di questo film desiderano qualcosa che non riescono a ottenere. Uno in particolare si chiama Gordon Cole, come il personaggio da me interpretato in Twin Peaks. Billy Wilder lavorava alla Paramount, e dovete sapere che percorrendo la strada per arrivare agli studi si incrociano immancabilmente due strade: una si chiama Gordon e l’altra Cole. Sono sicuro che Wilder abbia chiamato il personaggio Gordon Cole proprio per questo motivo.
Tornando su Mulholland Drive, film con diversi temi comuni a Viale del tramonto, David Lynch ha fatto un breve cenno al suo rapporto con i sogni:
Io amo la logica dei sogni, che il cinema è in grado di esprimere, ma amo anche le cose concrete. A volte le astrazioni ti permettono di conoscere qualcosa che conosci ma che non riesci a esprimere, come quando cerchi di raccontare un sogno a un amico.
Inevitabile, prima delle consegna del Premio alla carriera nel tripudio dei presenti, un omaggio di David Lynch a Federico Fellini, anticipato da un breve estratto di 8½:
Federico Fellini è uno dei più grandi maestri del cinema di ogni tempo. Mi ha sicuramente ispirato e per me le sue sono opere d’arte. L’ho incontrato due volte. La prima è stata per merito di Marcello Mastroianni: mi trovavo a cena con lui, la Mangano e Isabella Rossellini. Gli dissi che ero appassionato di Fellini, e lui il giorno mandò una macchina a prendermi per una giornata intera a Cinecittà con Federico. Stava girando Intervista, con il direttore della fotografia Tonino Delli Colli. Fellini mi portò al ristorante e una delle cameriere aveva un seno enorme come quelli delle donne dei suoi film. Anni dopo ero a Roma per girare uno spot, con Delli Colli alla fotografia. Ci siamo messi a chiacchierare, e mi disse che Fellini era ricoverato in un ospedale al nord, ma stava per essere trasferito a Roma. Io gli chiesi di andarlo a salutare.
Era una serata molto calda e c’erano soltanto la nipote, Tonino e Vincenzo Mollica. Nell’ospedale c’erano due letti singoli e nel mezzo Fellini su una sedia a rotelle vicino a Mollica. Mi sono messo a chiacchierare con loro due e con Tonino. Ho tenuto la mano a Fellini, abbiamo parlato tanto e mi ha raccontato di come fosse intristito da quello che succedeva nel mondo del cinema, perché l’entusiasmo si stava trasferendo alla televisione e si erano dimenticati di lui e del cinema. Lasciando la stanza gli dissi che tutto il mondo stava aspettando un suo nuovo film, ma pochi giorni dopo entrò prima in coma, poi morì. Vidi Vincenzo Mollica molti anni dopo, e mi disse che dopo la mia uscita dalla stanza Fellini gli aveva detto: “questo è un bravo ragazzo”.