Intervista a Dimitri Capuani per Pinocchio. Così si fa una scenografia da David!

Una one-to-one con il pluridecorato scenografo romano, fresco vincitore del terzo David di Donatello con il Pinocchio di Matteo Garrone. Una carrellata tra presente, passato e futuro alla scoperta di uno dei mestieri più affascinanti della Settima Arte.

Non c’è due senza tre recita un infallibile detto popolare e Dimitri Capuani ne sa qualcosa. Lo scenografo romano si è da poco aggiudicato un meritatissimo terzo David di Donatello per il Pinocchio di Matteo Garrone. Lo abbiamo raggiunto telefonicamente a margine della cerimonia in remoto della 65a edizione degli Oscar del cinema italiano per un’intervista esclusiva nella quale abbiamo approfondito temi legati al suo mestiere e momenti chiave della sua carriera, tra presente, passato e futuro.

La nostra intervista a Dimitri Capuani, vincitore di tre David di Donatello per le scenografie di Il Racconto dei Racconti, Dogman e Pinocchio

Il tuo pensiero su questa 65a cerimonia in remoto dei David di Donatello e sul premio che ti è stato conferito? Che sapore ha?

Dimitri Capuani - Cinematographe.it

Senza dubbio è stata una cerimonia dalla forma inusuale, inedita e strana. Sinceramente mi aspettavo uno spazio più ampio dedicato alle singole maestranze che poi non c’è stato, magari mandando in onda un numero superiore di contributi visivi che mostrassero delle immagine del candidato e del lavoro svolto, se non di tutti perlomeno di quelli che poi hanno vinto il David di Donatello nelle rispettive categorie. Questo sarebbe stato utile per fare capire allo spettatore non addetto ai lavori che tipo di mestiere fa ad esempio lo scenografo. Detto questo, l’emozione c’è stata lo stesso, perché comunque l’attesa nell’apertura della busta ha creato la giusta suspense. Ma al di là di tutto, questi eventi in generale generano in me uno stato di stress emotivo notevole. Per cui non ti nascondo che per come sono fatto io, molto timido e riservato, stara a casa e vedere tutto dal salotto mi ha dato una sensazione di protezione“.   

Per Pinocchio qual è stato il punto di partenza che ha dato il via al processo creativo? Ci sono state particolari indicazioni da parte di Matteo Garrone?

Dimitri Capuani - Cinematographe.it

Film molto impegnativo, come ci si può immaginare, che ha avuto un’evoluzione piuttosto lunga. Matteo ha iniziato con il mettere insieme delle immagini soprattutto della pittura macchiaiola e il nostro primo incontro è stato proprio concentrato sulla visione e l’analisi di tutto il materiale da lui raccolto. Un materiale che accoglieva la pittura della metà dell’Ottocento, italiana in generale non solo toscana, che si rifaceva al Realismo e che rifletteva quel mondo povero che lui voleva raccontare. Poi un’altra cosa fondamentale è stata la coperta di tutte le illustrazioni di Enrico Mazzanti, l’autore dei disegni della prima edizione in volume di Pinocchio, che a dire la verità conoscevo pochissimo, a differenza di quelli di Attilio Mussino che aveva illustrato la versione di Bemporad della quale conservo il libro a casa, che si colloca nei primi del Novecento e appartiene a tutt’altro genere. C’è da dire che Mazzanti ha lavorato fianco a fianco con Collodi, per cui le sue illustrazioni rispecchiavano in pieno la volontà dello scrittore. Sono state realizzate con la china e il pennino, su carta, e quindi molto essenziali, ma allo stesso tempo forti, d’impatto e precise nel restituire il pensiero e l’immaginario dell’autore. E Matteo ha voluto avvicinarsi il più possibile a quel mondo lì e a quello stile.

Dimitri Capuani - Cinematographe.it

Pinocchio (2019)

Poi c’è stata la fase altrettanto lunga dei sopralluoghi per trovare dei luoghi che conservassero ancora questo senso di incontaminazione, oltre che di magia. Una condizione necessaria questa per dare vita a una fiaba come quella di Pinocchio, che nel suo DNA ha tantissimi elementi magici. La ricerca delle location non è stato per niente semplice. È stato un processo di selezione molto accurato e lento, che abbiamo svolto con un collaboratore di lunga data di Matteo, ossia il location manager Gennaro Aquino.

Dimitri Capuani - Cinematographe.it

Pinocchio (2019)

Con lui abbiamo visto l’Italia da Nord a Sud, cercando di capire quali potessero essere i luoghi più adatti dove ambientare il nostro racconto. In tal senso, Pinocchio non è per niente facile da collocare, perché anche se è ambientato in Toscana, nelle pagine si descrivono isole, paesaggi marini, con il mare che è sempre presente nella storia. Proprio per questo, io proposi a Matteo di dare una nuova chiave di lettura, ambientandolo proprio al mare e, infatti, il primo sopralluogo che facemmo fu in Sicilia, nella zona del trapanese, dove c’è una riserva naturale bellissima, quella del monte Cofano. Però al ritorno da quel viaggio, Matteo aveva manifestato delle perplessità riguardo questa presenza così forte del mare. Tuttavia non voleva annullarla completamente, ma ci teneva moltissimo a partire dalla Toscana.

Dimitri Capuani - Cinematographe.it

Pinocchio (2019)

Alla fine il film è suddiviso in tre blocchi, che corrispondono ad altrettante Regioni, con quelli della Toscana e della Puglia che sono i più corposi. Il tutto per assecondare la natura da road movie di un racconto che ha come protagonista un personaggio in costante movimento, che scappa in continuazione ed entusiasta per la vita che gli è stata donata poteva andare dove volesse“. 

Pinocchio dove è stato girato? Itinerario tra le location del film

Cosa Garrone delle idee e dei suggerimenti che hai avanzato ha deciso di accogliere?

Dimitri Capuani - Cinematographe.it

Pinocchio (2019)

Quella della presenza del mare è stata una cosa per la quale mi sono battuto molto, proprio per la rilettura approfondita che ho fatto del libro di Collodi. Ci sono moltissime situazioni nel libro che lo chiamano in causa. Faccio l’esempio del momento in cui Pinocchio incontra la fata adulta, nel cosiddetto Paese delle api industriose. Abbiamo girato quella scena nel cortile di una masseria nell’alta Murgia, quindi abbastanza lontano dal mare, ma in quel caso sono stato piuttosto convinto nel volere rappresentare un borgo marino, così come viene descritto nel testo. E quindi è stato aggiunto il mare in post-produzione e le attività dei personaggi che si vedono sono tutte legate al mare. C’è una specie di piccolo cantiere navale, un costruttore e dei riparatori di reti da pesca, ma anche delle persone che sistemano delle vele e altre che vendono pesce essiccato. Questa è stata una delle cose che Matteo ha accolto con molto piacere“.

Collegandoci a quanto hai detto, qual è il tuo rapporto con la computer grafica?  

Dimitri Capuani - Cinematographe.it

Il Racconto dei Racconti

Non è sicuramente un rapporto conflittuale, ma mi piace utilizzarla quando si vede poco e l’intervento non è invasivo. È utilissima quando è necessario estendere dei set o eliminare delle contaminazioni, come pali della luce, cavi elettrici o qualche palazzina moderna che si può intravedere sul fondo. Anche Matteo è sulla stessa mia linea d’onda a riguardo. Entrambi non impazziamo nel fare un film completamente virtuale, ma se CGI viene utilizzata con delicatezza e parsimonia si possono ottenere degli ottimi risultati, persino pittorici. Questo dipende anche dai collaboratori che hai a disposizione, in questo caso dei digital painters. Noi abbiamo avuto la fortuna di avere per l’intera durata della lavorazione di Pinocchio uno dei più bravi in Italia che è Pietro Scola. Con lui c’è stata una collaborazione sin dall’inizio e devo dire che, anche come accaduto ne Il Racconto dei Racconti, l’intervento della CGI è massiccio ma si vede davvero poco“.   

Tornando a Pinocchio, qual è stata la scena più complessa da realizzare e quale quella che ti ha dato più soddisfazione?

Dimitri Capuani - Cinematographe.it

Pinocchio (2019)

Cominciamo con il dire che tutto è stato più o meno complesso, perché ogni ambiente aveva le sue difficoltà e doveva essere comunque in qualche modo magico. Quindi tutti i set dovevano avere delle particolarità, preservando comunque quel realismo magico che è alla base del cinema di Garrone e il punto di partenza che ci eravamo prefissati, che faceva riferimento alla pittura macchiaiola. Forse tecnicamente per quello che riguarda il mio lavoro, sicuramente la costruzione del ventre e della bocca del pescecane è stata una vera e propria sfida, perché prima di tutto doveva imbarcare continuamente acqua. Poi c’era da fare i conti con i colori giusti da utilizzare, con la vegetazione interna, ma anche la scelta del punto da dove potesse filtrare la luce.

Dimitri Capuani - Cinematographe.it

Pinocchio (2019)

E in più si doveva muovere e respirare. Insomma, è stata una scena molto impegnativa, in primis dal punto di vista produttivo, tenendo presente che in Italia poche volte hai a disposizione dei budget che ti consentono di realizzare simili costruzioni. Si tratta di un tunnel di 18 metri, realizzato in teatro di posa negli Studios di via Tiburtina, che presentava tutta una serie di rischi che ovviamente abbiamo tenuto a bada. Abbiamo girato quasi al buio, con una quantità d’acqua che ci arrivava praticamente all’altezza delle ginocchia, su un fondo spesso irregolare perché questo ventre doveva avere delle cavità naturali. Quindi c’era anche il pericolo di inciampare. Tutto questo ha creato un certo grado di tensione che ha creato un livello di coinvolgimento nella troupe e ha aiutato la recitazione degli attori. In questi casi si crea una magia bellissima, che poi traspare dal film una volta montato.          

Dimitri Capuani - Cinematographe.it

Pinocchio (2019)

Come soddisfazione, invece, ho molto a cuore la casa della fata turchina bambina, che è stata molto gratificante. Lì è stato molto importante l’intervento di arredamento di Alessia Anfuso in una casa che abbiamo completamente stravolto, una villa abbandonata alla quale abbiamo cambiato totalmente colori e architetture. L’abbiamo resa ancora più abbandonata con interventi di arredamento e pittorici davvero massicci. Mi piace tantissimo il risultato e come l’ha fotografata Nicolaj Brüel, che in quelle scene penso abbia dato veramente il massimo“.    

Negli anni hai avuto la possibilità di lavorare su atmosfere completamente diverse, ma dove ti senti più a tuo agio: nell’immaginifico e nel fantastico oppure nel reale?

Dimitri Capuani - Cinematographe.it

Pinocchio (2019)

Per chi come me ha studiato scenografia all’Accademia si è esercitato spesso su progetti immaginifici che difficilmente pensa possano un giorno prendere forma. Quindi quando nella  carriera ti capita di fare un film come Pinocchio si prova una gioia immensa. Una gioia immensa perché si tratta di un’opera che inevitabilmente deve essere prima disegnata e rappresentata graficamente. Ciò ha molto a che vedere con quello che mi e ci hanno insegnato a scuola: fare il bozzetto scenografico, discuterlo con il regista e da quel bozzetto iniziare a fare con una squadra la progettazione scenografica con gli esecutivi geometrici, per poi passare alle costruzioni. Dopo queste tappe vengono la pittura, le patine e l’arredamento. Insomma le diverse tappe di un processo creativo che abbraccia tutti quanti i reparti della scenografia.

Dimitri Capuani - Cinematographe.it

Dogman

Fare un film come Dogman, invece, richiede un approccio totalmente diverso. È vero che Garrone ha sempre uno stile personale, che in molti definiscono “realismo magico” e che lo porta a raccontare qualsiasi storia sotto forma di “fiaba”, però è anche vero che quel film doveva avere una forte componente realistica. Nonostante le differenze di approccio, pure in quel caso il lavoro di  costruzioni che abbiamo fatto è tanto. Faccio l’esempio del piazzale dove s’incontrano le persone, Marcello detto er Canaro adesca i clienti, Simone il pugile sfreccia sempre a bordo della sua moto e dove il protagonista alla fine porta il corpo senza vita dell’antagonista, quella location all’interno del Villaggio Coppola l’abbiamo praticamente ricreata noi.

Dimitri Capuani - Cinematographe.it

Lì prima era invaso dall’acqua e c’era un porticciolo con una darsena, ma avevamo necessità di costruire da zero un luogo fisico dove collocare i negozi, a cominciare proprio dalla tolettatura e dalla gioielleria adiacente. E di fronte a quei locali ci doveva essere proprio un piazzale, una sorta di nucleo cittadino che doveva fungere da  agorà. Abbiamo approfittato di alcuni interventi idrici del Comune per interrare una parte di questa darsena, creando lì uno spazio ex novo. Quindi anche in quel caso la costruzione c’è ma non si vede. Si tratta però di un altro tipo di scenografia, che deve essere completamente integrata in un contesto ben preciso“.

E allora viene da chiederti: è più difficile lavorare su una topografia pre-esistente o inventare tutto da zero?                

Dimitri Capuani - Cinematographe.it

Pinocchio (2019)

Senza alcun dubbio è più difficile lavorare su qualcosa di pre-esistente, ma per quanto mi riguarda anche più stimolante. La sfida sta nel non modificare o stravolgere troppo l’elemento originario. È bello intervenire, mantenendo però una certa organicità dell’architettura nativa. È molto più facile avere tabula rasa, il cosiddetto foglio bianco“.     

Ci saranno sicuramente difficoltà diverse, ma praticamente come cambia – e se cambia – il lavoro quando ti approcci a film con budget più ridotti come ad esempio I figli della notte?

Dimitri Capuani - Cinematographe.it

The Games Maker

Chiaramente in film di quel genere, con un budget molto piccolo a disposizione, il lavoro cambia totalmente perché non si passa attraverso tutta quella filiera della quale abbiamo parlato in precedenza per film come Pinocchio e Il Racconto dei Racconti, oppure il kolossal fantasy di Juan Pablo Buscarini, al quale ho lavorato in Argentina dal titolo The Games Maker. Ciononostante il mio approccio non cambia, perché prima di tutto mi deve appassionare la sceneggiatura e la devo sposare interamente. Mi devo trovare in sintonia con il regista e nel caso de I figli della notte c’è stata una bella affinità con Andrea De Sica, che reputo una persona che conosce benissimo il cinema, per il quale nutre una grandissima passione. Questo per dire che anche in film più piccoli c’è sempre la possibilità di fare qualcosa di significativo, di più intimo e che ci si può divertire nel realizzarlo.

Dimitri Capuani - Cinematographe.it

Land

Penso anche a Land di Babak Jalali, pure in quel caso una pellicola con un budget ridotto che però ci ha dato molte soddisfazioni. Lì abbiamo ricreato una piazzetta dove gli indiani trascorrevano parte della giornata, con delle baracche e dei negozi che vendevano alcolici e super alcolici. È stato bello trovare quella location così magica e vestirla nuovamente. In questa tipologia di progetti c’è anche la possibilità di avere un rapporto più stretto e diretto con il regista e gli altri reparti, poiché le troupe sono numericamente ridotte e questo porta a un continuo scambio di idee“.

Qual è allora la vera sfida per uno scenografo?

Dimitri Capuani - Cinematographe.it

Pinocchio (2019)

Per quanto mi riguarda è l’avere il tatto e la sensibilità di non imporre la propria personalità, quando questa è troppo in contrasto con la sceneggiatura. Bisogna mettersi al servizio dello script e della visione che vuole dare il regista.  Chiaramente è bello che nel vedere un film si riesca a riconoscere lo stile di uno scenografo, ma non si devono oltrepassare certi limiti“.   

Esiste un filo rosso, un elemento ricorrente, che rende riconoscibile il tuo stile?  

Dimitri Capuani - Cinematographe.it

Dogman

“Bisognerebbe chiederlo al pubblico, ma forse un elemento ricorrente nel mio modo di lavorare è l’intervento di tipo organico che sono solito fare con le cose del posto. Faccio l’esempio di Dogman, le cui scenografie sono nate utilizzando materie locali. Per patinare pareti, superfici, mobili e grafiche abbiamo usato la terra e la sabbia che c’erano sul piazzale antistante ai negozi, diluendola con un collante. E con quelle stesse materie abbiamo rivestito tutto, persino i costumi. Anche le maioliche presenti nella toletta le ho recuperate da una vecchia piscina abbandonata posta a 50 metri di distanza. Questo permette di dare una sensazione di verità e Matteo adora questi elementi. Lì forse c’è il mio stile, nel recupero dell’esistente.   

Dimitri Capuani - Cinematographe.it

Dogman

Io penso che un film sia fatto di dialoghi e di primi piani, ma c’è sempre qualcosa dietro gli attori, che può essere una parate o una tenda. Quel qualcosa, qualsiasi esso sia e per quanto banale possa essere, deve avere un carattere che può venire da un colore o da una texture che a sua volta può rispecchiare un momento drammaturgico o il carattere del personaggio e dell’attore che lo interpreta. Questo è qualcosa che ho acquisito lavorando con Matteo. Sempre per Dogman ha mandato me e l’arredatrice Giovanna Cirianni a casa di Marcello Fonte per vedere come viveva, quali sono gli oggetti dei quali si circonda, come si muoveva e quali sono i suoi spazi. Questo rappresentava per me una novità, che ci ha permesso di ricreare un modo che a Marcello era molto familiare. Nella casa che abbiamo scelto per il film, lui si è sentito molto a suo agio. Il livello di interazione con ciò che lo circondava è cresciuto in maniera esponenziale“.   

A proposito di insegnamenti e di maestri, cosa ti sei portato dietro nel bagaglio professionale della lunga collaborazione con Dante Ferretti?

Dimitri Capuani - Cinematographe.it

Il Racconto dei Racconti

L’enorme bagaglio tecnico e professionale accumulato negli anni trascorsi al suo fianco su importantissimi set internazionali, caratterizzati da un grande impegno costruttivo e scenografico, mi è servito per affrontare con più sicurezza e padronanza dei mezzi lavori complessi come Pinocchio, Il Racconto dei Racconti o The Games Maker. E di questo sarò sempre grato a Ferretti per l’opportunità che mi ha dato di seguire tutti i processi di costruzione di questi film dall’inizio alla fine. Mentre dal punto di vista più teorico, quello che mi porterò sempre dietro come insegnamento è il fatto di non porre mai dei limiti alla fantasia all’inizio del processo creativo. Quando devi fare un bozzetto, fai esattamente quello che ti passa per la testa. Hai letto una sceneggiatura, rappresentala graficamente. Poi ovviamente a seguito delle varie riunioni che fai con il regista e con l’organizzatore si capisce cosa si può fare e cosa no“.

Quali sono i tuoi punti di riferimento del passato?                  

Dimitri Capuani - Cinematographe.it

Alba tragica

Ce ne sono diversi, uno su tutti è Ferdinando Scarfiotti, il primo scenografo italiano ad andare a lavorare oltreoceano e veniva addirittura chiamato dall’estero per delle consulenze estetiche. Per lui era stato creato il ruolo di graphic consultant. Ha preso parte a numerosi e prestigiosi film degli anni Settanta e Ottanta tra cui L’ultimo imperatore di Bernardo Bertolucci, con il quale ha vinto l’Oscar. Poi un altro che ho iniziato ad apprezzare sin dagli anni dell’Accademia è Alexandre Trauner, scenografo di quel realismo francese degli anni Quaranta e di film come Alba tragica. Le sue scenografie erano dei veri e propri quadri, con degli elementi che richiamavano anche l’Espressionismo“.

Ti piacerebbe lavorare a qualche progetto seriale?

Dimitri Capuani - Cinematographe.it

Mi spaventa molto il metodo di lavoro utilizzato nelle serie, perché ho paura che venga meno la qualità a causa dei tempi serrati delle produzioni. Non so come si possa lavorare in Italia su dei progetti seriali, anche se devo dire che sono un abitudinario fruitore e specialmente quelle britanniche mi sembrano molto accurate dal punto di vista scenografico. Poi onestamente se c’è una cosa bella di un film è che ha una durata abbastanza limitata. È un’esperienza talmente intensa che è anche bella quando finisce. Delle serie mi spaventano queste tempistiche dilatate. In questi anni mi sono giunte delle offerte, ma le ho rifiutate. Ho potuto farlo perché per fortuna avevo delle proposte di progetti cinematografici“.     

E il teatro…

Dimitri Capuani - Cinematographe.it

Pinocchio (2019)

Il teatro lo considero come un punto d’arrivo. Mi piacerebbe prima o poi approdare al teatro lirico in primis, poiché adoro l’associazione musica e scenografia. Tra l’altro ho iniziato proprio con il teatro lirico, perché appena diplomato al Centro Sperimentale ho cominciato a collaborare con Franco Zeffirelli ad alcune opere in veste di disegnatore. In generale sono un grandissimo appassionato e ai tempi dell’Accademia di Belli Arti studiavamo molto la scenotecnica teatrale. Quindi è una cosa che rimane sempre nel cuore“.         

Non ci resta che chiudere con l’immancabile domanda ti rito: cosa bolle in pentola e a cosa stai lavorando?

Prima dello stop imposto dall’emergenza Covid-19 avevo iniziato a collaborare al nuovo film di Emanuele Crialese, una co-produzione italo-spagnola che annovera nel cast tra gli altri Penélope Cruz. Ovviamente non posso rivelare nessun dettaglio della trama. Al momento è tutto fermo, ma con il mio reparto eravamo in una fase avanzata della progettazione e stavamo lavorando già da alcuni mesi. Si tratta di un’opera molto impegnativa dal punto di vista scenografico, perché prevede delle costruzioni ed è ambientata negli anni Settanta. Spero che si riesca a riprendere presto perché è un progetto davvero molto interessante, per il quale Emanuele, che non fa film da alcuni anni, è davvero molto entusiasta“.