Douglas Trumbull: “Kubrick è un genio, Ridley Scott un visionario”
Douglas Trumbull ci spiega nel dettaglio come è cambiato il cinema, gli effetti speciali e le differenze tra i grandi registi con cui ha avuto modo di lavorare come Stanley Kubrick, Ridley Scott, Steven Spielberg e Terrence Mallick.
Classe 1942 (ma non li dimostra per niente), pioniere degli effetti Speciali, regista, scienziato, candidato per ben tre volte ai Premi Oscar per il suo lavoro in pellicole di culto come 2001: Odissea nello Spazio, Incontri Ravvicinati del Terzo Tipo e Blade Runner, senza contare il suo contributo per gli effetti di Star Trek del 1979 e The Tree of Life di Terence Mallick. Un pioniere, un sognatore, un grande innovatore.
Stiamo parlando del grande Douglas Trumbull, premiato con l‘Oscar al merito tecnico-scientifico nel 1993 e con il Gordon Sawyer Award nel 2012. A conti fatti Trumbull è una delle personalità più importanti della storia del cinema, per quanto magari meno noto al grande pubblico, ma le sue invenzioni, la sua sagacia, il suo sapere essere innovatore e sperimentatore hanno fatto si che alcuni film siano entrati nella storia del cinema anche grazie a ciò che ha saputo creare con fantasia e tenacia.
Presente a Trieste per ricevere il Premio Urania 2018 all’interno del Trieste Science+Fiction Festival 2018, si è concesso in un’intervista dove ha tracciato un quadro storico e culturale del cinema di oggi e di un tempo per ciò che riguarda la sua esperienza e la sua visione della settima arte.
La nostra intervista a Douglas Trumbull al Trieste Science+Fiction Festival 2018
Trumbull, lei ha cominciato negli anni sessanta, da un piccolo studio, ora siamo nel 2018, cosa è cambiato nel mondo degli Effetti Speciali?
“È cambiato tutto con l’avvento del digitale, ora esiste solo quella realtà, il non digitale è già oggettivamente estinto, non vedo come il cinema possa farne a meno. Non è un caso che ormai più che di film si possa parlare di “flix”, di qualcosa di diverso proprio come medium, come forma d’arte anche. Non si gira più, tutto è digitale, non c’è più la pellicola.
Anche gli effetti ormai sono a disposizione di tutti, anche solo con un semplice PC, non c’è bisogno di avere interi studios come capitava (e capita tutt’ora a volte) a chi fa il mio mestiere.
Tutto è diventato molto più economico, più accessibile, più facile…”
Vi aspettavate, lei ed i suoi colleghi delle passate generazioni, un momento in cui gli effetti speciali avrebbero avuto un’importanza così grande?
“No naturalmente no. Non potevamo prevederlo. Oggi il cinema è solo effetti speciali, il che talvolta diciamocelo, va a discapito del contenuto, della narrativa. Ma io credo ripeto, che si possa tranquillamente parlare anche di un altro medium oggi come oggi, non più di cinema.”
Che cosa ha voluto dire per lei, che cosa vuol dire ancora oggi creare effetti speciali?
“Sostanzialmente è la parte più interessante di fare un film, è il creare per l’iter narrativo ma anche per il pubblico qualcosa che non c’è, che non esiste se non a livello di sceneggiatura; in assoluto lo ritengo il momento più difficile della creazione. Si tratta di un aspetto che mi ha sempre affascinato, perché mi permette di avere un controllo sul progetto, di interfacciarmi con il regista, le sue idee, di avere un potere decisionale.
A conti fatti si tratta spesso di risolvere dei problemi (per questo ti pagano!), cercando al contempo di dare spettacolarità, per me poi spesso ha voluto dire andare oltre al visione del regista, anticiparlo in un certo senso.”
Lei ha lavorato con alcuni registi che son considerati divinità. Stanley Kubrick, Steven Spielberg, Ridley Scott, Terrence Mallick… che ci può dire di loro? Cosa li rendeva differenti l’uno dell’altro?
“Kubrick era un genio, un uomo di una intelligenza sopraffina, tutto per lui partiva da un’idea, da un qualcosa che aveva dentro e che voleva sviluppare. Nel profondo è sempre rimasto un intellettuale con la cinepresa. Sono stato fortunatissimo a cominciare con lui il mio percorso professionale a poco più di vent’anni.
Ridley Scott invece è molto diverso, di base è un vero e proprio visionario, un regista ed un artista molto più visivo, con una grande capacità di regia, che esprime sé stesso tramite una sorta di pittura in movimento.
Spielberg l’ho sempre visto come un sognatore, un temerario, si è preso rischi incredibili nella sua vita, vuole sempre creare qualcosa di nuovo. Per lui ciò che conta è la storia, così come il sapere coniugare realtà e finzione, la fantasia con l’atto pratico della creazione.
Mallick tra i quattro è sicuramente quello che è più legato al concetto di improvvisazione, di adattabilità, lo paragonerei ad un pittore impressionista, che dipinge reclamando una visione personale della vita, dell’universo, del cinema in questo caso.”
Lei da molto tempo ormai si è legato al cinema indipendente, alla sperimentazione, ai documentari. Che futuro vede per le nuove generazioni ed in particolare per la fantascienza?
“Assolutamente positivo. Ormai la tecnologia ha ampliato le possibilità, anche dal punto di vista economico per fare film non servono più tutti i soldi che una volta erano l’ostacolo più grande. La nuova tecnologia legata al mondo dei video-game ha dato un’enorme aiuto alla sperimentazione e alla ricerca di nuove modalità di espressione.
La fantascienza sicuramente gioverà di tutto questo. Rimane il genere di maggior popolarità tra i giovani.”