Edoardo De Angelis su Il vizio della speranza: “la follia è un dovere”
Edoardo De Angelis ha presentato il suo nuovo film, Il Vizio della Speranza, alla Fesat del Cinema di Roma insieme alla protagonista Pina Turco.
Nel corso della seconda giornata di RomaFF13 si è svolta la conferenza stampa di presentazione de Il vizio della speranza, nuovo film di Edoardo De Angelis. Oltre al regista, hanno presenziato i membri del cast Pina Turco, Cristina Donadio, Marina Confalone e Massimiliano Rossi, lo sceneggiatore Umberto Contarello, l’autore delle musiche Enzo Avitabile, i produttori Pierpaolo Verga e Attilio De Razza e il distributore Giampaolo Letta.
Edoardo De Angelis ha aperto la conferenza parlando del suo approccio a Il vizio della speranza:
ho immaginato un inverno dove tutto sembra morto e dove noi accendiamo un fuoco per riscaldarci, aspettando che l’inverno passi e la natura rinasca. Questa è una forma di resistenza. In questo film vince chi resiste all’inverno e chi ha la pazienza di aspettare che qualcosa cambi. Quando qualcosa cambia poi riesce a servire quell’imperativo etico che nasce dalla possibilità, cioè agire.
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Lo stesso regista ha poi parlato di questo progetto in relazione ai suoi lavori precedenti: io per primo ho la tentazione di rifare qualcosa che mi viene bene. Però per fortuna mia moglie, lo sceneggiatore e i produttori sono della gente un po’ folle, che non ama la comodità. Il distributore è il più folle di tutti probabilmente. Sono individui che vogliono superare il limite e sperimentare nuove strade. Credo sia doveroso per chi racconta storie cercare nuove forme di linguaggio che si adattino al sentimento di chi queste storie le deve godere. La follia sembra un’innovazione, ma in realtà è un dovere.
Ha poi preso la parola Enzo Avitabile per parlare del suo lavoro sulla colonna sonora de Il vizio della speranza: lavorare con Edoardo dovrebbe essere facile, ma avevo grande attenzione per questo film. Abbiamo seguito l’idea di non utilizzare un tema più importante rispetto agli altri, cercando una musica oltre ogni definizione, dove l’immagine diventa suono e il suono diventa immagine. Abbiamo utilizzato più possibilità, lavorando più con il cuore che con la testa. Queste musiche vogliono essere devozione laica. L’altro nostro obiettivo è stato quello di non dare ai temi un vestito fisso: ci sono sia canzoni che momenti orchestrali, tutto questo per dare alla musica la massima libertà. Abbiamo cercato una musica che sentisse esattamente ciò che succedeva nel film.
Successivamente, Pina Scotto si è così espressa su Il vizio della speranza, in cui interpreta il ruolo della protagonista Maria:
la speranza è il seme di ogni rivoluzione. La protagonista può scrivere il suo destino. Nullac i sembrava meglio dell nascita di un bambino, che accade da sempre ma è così miracolosa. Ho sent responsabilità e sentivo sfiducia anche da mio marito fino all’ultimo minuto, e ho cercato di dare tutto a un personaggio bellissimo, che mangiava realmente la polvere, che diventa l’emblema di tutti gli uomini e le donne sulla terra.
Ha poi preso la parola Marina Confalone, che ne Il vizio della speranza interpreta un personaggio decisamente spregevole: di solito gestisco il personaggio in autonomia, ma stavolta, conoscendo Edoardo, ho capito che dovevo fidarmi di lui e di quello che mi chiedeva, perché ci avrei guadagnato, anche rispetto a un territorio che già conoscevo. Gli devo tantissimo, perché lui mi ha controllato sempre, e io sentivo questa cura con cui ci mi guidava. Questo personaggio correva il rischio di essere una cattiva troppo dichiarata, invece lui mi avvicinava sempre a Pina e muoveva i miei affetti, anche quelli verso un personaggio così orribile, che vive sulla disgrazia degli altri e che ha bisogno dell’eroina per tirarsi fuori da questo squallore. Tutto questo lo abbiamo fatto su un set organizzato, dolce e con un’atmosfera rilassata.
Ha poi preso la parola lo sceneggiatore Umberto Contarello, che si è così espresso:
Edoardo ha fatto una cosa molto difficile, che era il sogno che nutrivamo, cioè quella di riuscire a scrivere e girare un film fortemente lirico, immerso in qualcosa che di per sé è opposto e nemico della lirica. I bei film fanno viaggi tortuosi, come i fiumi carsici, si inabissano e poi riemergono. Questo ha un’origine precisa. De Angelis mi chiamò e mi disse che doveva avere un tema spirituale, mistico e cristiano. Vedendo il film, mi è sembrato lampante come l’andamento della storia assomigli, non volendolo, a quello di una parabola. Questa parabola, come tutte le parabole, ha un cuore antichissimo, quasi arcaico, perché per essere universali devi essere arcaico.
Questo film, al contrario della vulgata ideologica che ormai attraversa tutti i sistemi mediatici alla moda, riporta al centro il fatto che fare un bambino non dipende dalle condizioni che tu reputi adeguate a fare un bambino. Oggi c’è una volgarissima banalizzazione, secondo il quale un figlio nasce quando ha la culla pronta. Questo film dice che è il figlio che costruisce la culla.
Cristina Donadio ha poi preso la parola per parlare del suo personaggio ne Il vizio della speranza, anche in relazione a quello da lei interpretato in Gomorra:
Scianel l’ho dovuta considerare un archetipo del male, che in effetti era. In questo caso invece sono grata a Edoardo, che mi ha regalato un personaggio tremendo, perché è inconsapevole dell’orrore che mette nel rapporto con la figlia. Un personaggio affetto da una sorta di catatonia esistenziale, che mi ha costretto a un gioco di sottrazione. Se fosse stata una sorta di elettrocardiogramma, sarebbe stato quasi totalmente piatto. Entrare in questa meravigliosa storia mi ha fatto ricordare ciò che già dicevano a proposito de Le mani sulla città, ovvero che tutte le volta che si racconta una ferita aperta tutto ciò che viene fuori è un monito e un incantamento. Anche nel mio personaggio c’è un monito e un incantamento, come in tutte queste anime perse.
Anche Massimiliano Rossi ha preso la parola per raccontare il suo personaggio ne Il vizio della speranza:
quando affronto i personaggi di Edoardo, ho notato che queste persone diventano davvero reali, ma resta una sorta di inconoscibilità di fondo, non ci avviciniamo mai allo stereotipo. Quando finisce il film, i suoi personaggi restano concreti e allo stesso tempo ineffabili. Credo sia giusto così, non bisogna dare forma precisa a ciò che rimane nel pensiero. Il mio personaggio è un uomo buono, lo specchio più piccolo ma ustorio della protagonista. Un personaggio che, come la stessa protagonista, aspetta che qualcosa in qualche modo succeda, e nella vita l’attesa può essere anche fuorviante. Poi però qualcosa succede davvero, perché c’è questo legame ancestrale per cui due destini si uniscono. Questo personaggio può anche essere fastidioso, perché si siede e si autoesclude, ma in qualche modo cerca nell’aria qualcosa, e quando il destino gli presenta la possibilità lui l’afferra.