Francesco Montanari racconta Ero in guerra ma non lo sapevo: “una storia che pone domande” [VIDEO]
Ero in guerra e non lo sapevo racconta un fatto di cronaca della storia contemporanea cercando di eliminarlo dal contesto politico in cui è stato inserito durante gli anni di piombo al fine di riportare il punto di vista sulla vicenda umana e personale.
In arrivo al cinema una storia che vuole andare oltre il politico per tornare al personale. Ero in guerra ma non lo sapevo, diretto da Fabio Resinaro con protagonista Francesco Montanari e Laura Chiatti, racconta la storia del gioielliere Pierluigi Torregiani ucciso nel 1979 dal PAC. Ispirato al libro omonimo del figlio Alberto Dabrazzi Torregiani e di Stefano Rabozzi, Ero in guerra ma non lo sapevo prodotto da Eliseo Multimedia con Rai cinema è nelle sale cinematografiche il 24, 25 e 26 gennaio 2022.
Il film è ambientato nel gennaio del 1979. Il gioielliere e orologiaio Pierluigi Torregiani è a cena in un ristorante con la figlia più grande Marisa e alcuni clienti, quando irrompono nel locale un gruppo di rapinatori. Per proteggere la figlia Torregiani si lancia su uno dei rapinatori estraendo l’arma che porta con sé, gesto a cui segue una sparatoria che causerà diversi feriti e morti, sia tra i rapinatori che tra i clienti. La vicenda comparirà sulle prime pagine di tutti i giornali che titolano Torregiani come un “giustiziere borghese e fascista”. Nel giro di due settimane il gioielliere entra nel mirino dei P.A.C. e per tutta la famiglia di Torregiani inizia un incubo. Torregiani cerca di far pubblicare una rettifica su tutti i giornali, non vuole la protezione della polizia e della scorta per paura che possa delimitare ancora di più la sua libertà. Il rifiuto di identificarsi come vittima o giustiziere del personaggio cerca di eliminare la storia di Torregiani dal contesto storico a favore di un approccio personale che ha i toni della tragedia greca.
Ero in guerra ma non lo sapevo: intervista video a Fabio Resinaro e Francesco Montanari
Abbiamo avuto modo di scambiare qualche battuta con Fabio Resinaro e Francesco Montanari, rispettivamente regista e protagonista del film. A tal proposito riportiamo di seguito la nostra intervista video, oltre alle dichiarazioni del resto del cast e dei produttori, emerse nel corso della conferenza stampa.
Fabio Resinaro su Ero in guerra ma non lo sapevo: “Credo che una prospettiva più vicina al dramma umano sia la posizione più politica di tutte”
Il regista Fabio Resinaro ci accompagna all’interno di una casa, in un universo domestico, ma all’esterno il conflitto imperversa per le strade. Resinaro afferma di essere da tempo molto affascinato da questa decade e di aver scelto per Ero in guerra ma non lo sapevo un approccio storico realistico: “Si trattava di una sfida il cui linguaggio doveva essere meno stilizzato rispetto al linguaggio a cui sono abituato, proprio perché si trattava di una storia già discussa tra tesi e antitesi. Volevo raccontare questa storia da una prospettiva nuova, che non fosse già stata affrontata”.
Terminata la lavorazione del lungometraggio durante la pandemia Resinaro si è accorto di quanto la storia raccontata fosse importante paragonando la storia mediatica a un “lockdown forzato”. Ero in guerra ma non lo sapevo racconta la storia di un uomo che viene trascinato all’interno di una narrazione che non voleva, afferma il regista: “L’importanza non era cercare quanto era giusto o sbagliato, ma quanto è difficile per una persona divenire un meccanismo del linguaggio mediatico. Quanto questa narrazione può essere invadente, portata avanti da una stampa che mette al centro del mirino una persona simbolo per raccontare e sostenere una tesi, dimenticandosi che sono sempre persone, io volevo esplorare il punto di vista personale e per questo ritengo sia stata la scelta più politica possibile utilizzata finora”.
Francesco Montanari: “Io non interpreto la persona, ma un personaggio”
Il personaggio di Pierluigi Torregiani, interpretato da Francesco Montanari, è un uomo che si carica di immense responsabilità e non vuole rinunciarvi nonostante gli eventi che lo videro protagonista, anche se significava mettere a rischio la propria vita. L’attore ha affermato in conferenza stampa: “L’umanità che raccontiamo è respingente. Egli viene messo al centro di una dinamica più forte di lui e può sembrare ottuso all’interno della storia che raccontiamo, non parlo della persona, ma del personaggio. Torregiani non accetta quanto sta succedendo, pensa di poter gestire tutto, è un uomo pragmatico, un artigiano, vuole provare ad aggiustare un meccanismo esterno e più forte di lui”.
Montanari e Resinaro sottolineano come il lungometraggio da loro realizzato non sia un docu-film, ma un film che si ispira a una storia vera. “Io non ho cercato di ricreare il vero Torregiani – afferma Montanari – ma solo quanto scritto sulla sceneggiatura. Insieme al regista e al produttore abbiamo cercato di creare un personaggio rappresentativo anche nella sua arroganza. Egli è un uomo intelligente che però non accetta quanto gli sta succedendo, non vuole dare l’immagine di un uomo debole”. Per l’attore suo interprete l’arroganza di Torregiani nasce da quello che percepisce come un tradimento operato dalla stampa che lo espone delimitando la sua libertà e impedendogli di continuare il sua lavoro in sicurezza: “È una crisi identitaria, esistenziale, quella che sta vivendo Torregiani, un uomo borghese, abituato a prendersi cura di sé stesso e della sua famiglia da solo nascondendo le proprie debolezze, cerca di mantenere il controllo di qualcosa su cui non ha potere”.
In merito al personaggio ispirato alla persona che era suo padre, il figlio Alberto Torregiani ha affermato: “L’interpretazione di Pierluigi l’ho trovata d’una sensibilità enorme, Fabio e Francesco sono riusciti a percepire quello che volevo, non desideravo che mio padre venisse rappresentato come un perbenista, che passasse a tutti costi come una vittima sacrificale. Egli era una persona forte dal carattere austero, capace di far fronte a tutte le responsabilità. Quando egli ci adotto nel 1974 aveva un piccolo negozio, da quel momento egli senti l’impulso di creare un futuro più sostenibile per la famiglia, l’ambizione di espandersi, aprendo più negozi nasceva dal desiderio di creare un futuro sostegno economico per i figli. Tutte queste arroganze sono parte del suo sogno, ma non del suo carattere. Il secondo aspetto è quello di un padre che deve nascondere le sue paure. Io ricordo i silenzi, gli sguardi bassi frutto della preoccupazione, il fastidio di avere una scorta, la sua vita scaraventata dentro un incubo fino ad arrendersi”.
La hybris di Torregiani viene meno all’interno delle mura di casa dove vediamo il personaggio a confronto con la moglie Elena, interpretata da Laura Chiatti. Il rapporto matrimoniale rompe la sicurezza e l’impudenza della mentalità borghese del protagonista, come affermato da Montanari, il quale non vuole sottostare a una prepotenza esterna.
In merito all’arroganza respingente del personaggio i Torregiani, Laura Chiatti ha dichiarato che non ha colto nessuna crudeltà nell’interpretazione di Torregiani: “Io ho colto un personaggio forte e impavido, una persona innocente che non può più guardare obbiettivamente la situazione in cui si trova”. A differenza di quanto dichiarato da Chiatti il personaggio da lei interpretato, Elena, è una figura che si pone in scontro e confronto con il marito e i suoi comportamenti come la stessa attrice afferma: “Ella diventa madre in una maniera molto lucida e immediata, per questo motivo non riesce a comprendere il comportamento lascivo, quasi incosciente, del marito di fronte alla gravità di quanto sta succedendo alla sua famiglia”.
Nel corso della conferenza stampa Laura Chiatti ha riflettuto non solo sul suo personaggio e sul lavoro a fianco di Montanari, ma anche sulla stampa e il suo ruolo nelle vicende di cronaca affermando: “Il colpevole nel corso della nostra storia è sempre stato dichiarato dalla stampa, si è colpevoli ancora prima dei processi. È una cosa che danneggia gli esseri umani e che non abbiamo ancora lasciato alle nostre spalle”.
Alberto Torregiani rinforza quanto detto da Chiatti affermando: “Il linciaggio mediatico è stato il fautore dell’attentato di mio padre”. Nel 2006 venne pubblicato a seguito delle numerose battaglie durate anni per la cattura e la carcerazione dei responsabili della morte del padre e del suo ferimento il libro autobiografico sulla sua famiglia e gli eventi del 1979, nonostante ciò nulla potrà porre fine alle ferite del passato. Torregiani, presente alla conferenza stampa di Ero in guerra ma non lo sapevo ha dichiarato: “Il film ha la prospettiva che volevo, lontano dalla stampa e quanto è stato scritto allora, parole che toccano ancora i sentimenti”.
Una storia produttiva lunga quasi un decennio
Il produttore Luca Barbareschi voleva realizzare un lungometraggio sulla storia della famiglia Torregiani da più di dieci anni. “Tutti i film importanti hanno una gestazione lunga – afferma Barbareschi – io volevo realizzare questa storia sei anni fa ma non trovavo nessuno che volesse scrivere la sceneggiatura del film. È una storia di cuore. Questo è un paese che si fonda su un capo espiatorio, ma che non si chiede mai dove sbaglia, noi diamo la responsabilità al singolo. In questa storia viene raccontato un microclima determinante per questo paese. Io non ho mai potuto sopportare che la stampa linciasse una vittima pensando che sia più importante la battaglia politica rispetto a una vita. Contro Torregiani si scrisse molto e dato che mi piacciono le sfide ho voluto raccogliere questa, raccontare questa storia”.
Paolo del Brocco, produttore cinematografico Rai, decise di prendere parte al progetto dopo aver incontrato Alberto Torregiani: “Ho scoperto una storia che andava assolutamente raccontata, una storia umana, ma anche italiana, che si innesta all’interno di un periodo particolare e che emerge dall’atmosfera di questo film”.
In merito alla distribuzione in sala di pochi giorni del Brocco e Barbareschi hanno dichiarato che si tratta di una distribuzione importante che arriverà a un alto numero di sale nella speranza di portare al cinema più persone possibile.