Fame: intervista a Giacomo Abbruzzese, regista del film
Originario di Taranto, il regista Giacomo Abbruzzese ci racconta della realizzazione del suo film presentato al Corto Dorico di Ancona.
Presentato nell’ambito della quattordicesima edizione del Corto Dorico, manifestazione cinematografica diretta da Daniele Ciprì e Roberto Nisi ad Ancona, il regista Giacomo Abbruzzese ci ha parlato della realizzazione di Fame – leggi QUI la nostra recensione. Il docufilm, ambientato a Grottaglie, paese a pochi chilometri da Taranto, città natale dello stesso regista, racconta la storia di Angelo Milano (co-regista assieme ad Abbruzzese), fondatore di un festival d’arte urbana che ha avuto luogo nel paesino dal 2008 al 2012. Prima del suo debutto al Corto Dorico, il film ha presenziato anche al Biografilm Festival di Bologna aggiudicandosi l’Audience Award Biografilm Art 2017, il premio del pubblico al miglior film di Biografilm Art.
Giacomo Abbruzzese, tarantino classe ’83, si è diplomato in Francia presso la prestigiosa accademia Fresnoy. Laureatosi nel 2008 in Cinema, Televisione e Produzione Multimediale presso l’Università di Bologna, conta nella sua filmografia cortometraggi selezionati in alcuni dei principali festival internazionali tra cui l’Oberhausen, il Clermont-Ferrand e il Festival du Nouveau Cinéma a Montréal. Tra i suoi lavori più importanti menzioniamo il documentario This Is The Way, vincitore del premio Miglior Documentario al Pancevo Film Festival, in Serbia, o il cortometraggio Stella Maris presentato al Angers European First Film Festival e al Tallinn Black Nights Film Festival.
Giacomo Abbruzzese ci ha raccontato della sua esperienza nella lavorazione di Fame e del suo futuro lavorativo
Come è avvenuto l’incontro con Angelo Milano e come ha avuto origine il progetto Fame?
“Ero andato al Fame festival un paio di volte come spettatore, finendo l’inaugurazione della mostra nel Regno del Male, cioè la festa finale a Studio Cromie, lo studio di serigrafia di Angelo. All’epoca non avemmo occasione di parlarci, ma qualche mese dopo Angelo ebbe per caso l’occasione di vedere uno dei miei film: Fireworks. Mi scrisse un’email molto bella, che terminava con: ‘Io e te ci dobbiamo incontrare’. Da allora diventammo amici e qualche anno dopo, al mare, mi parlò del materiale d’archivio di Fame e decidemmo di cominciare a lavorarci insieme.”
Qual è stato il rapporto con gli abitanti di Grottaglie e qual è stato il loro approccio con la macchina da presa? Si sentivano coinvolti nel progetto cinematografico o lo consideravano totalmente estraneo alla loro quotidianità?
“Per girare con i politici locali ho raccontato che stavo girando un documentario per France3 (una rete pubblica francese) su Grottaglie. Diciamo che ci permetteva di avere un rapporto non prevenuto con loro. Poi in altri casi è stato molto più partecipativo.”
Fame non racconta solo la storia di un festival e dei suoi protagonisti/artisti, ma volge lo sguardo anche ad una terra, il sud, molto lontana dalla frenesia delle grandi città metropolitane del nord Italia. In luoghi come questi che vedono andar via tanti ragazzi in cerca di un futuro migliore, pensi che l’arte, non solo la street art, possa ripopolare questo deserto?
“In realtà l’esperienza di Fame ci racconta che, proprio nella condizione del deserto, è potuto accadere tutto questo.”
L’arte urbana, l’arte di strada, possiede le proprie peculiarità nel proibizionismo dell’atto. Molto spesso, infatti, gli artisti operano abusivamente e senza permessi. Esistono d’altra parte, e solitamente nelle grandi città, spazi che vengono lasciati, per determinati periodi di tempo, alla libertà degli artisti. Cosa pensi di tale pratica? Credi che la street art debba in qualche modo essere autorizzata? E secondo te esiste un confine tra arte di strada e vandalismo?
“Il fatto di essere autorizzata, di avere degli spazi confinati e assegnati, fa sì che perda molto della ragione della sua esistenza. Rischia di diventare un’ennesima arma di propaganda delle amministrazioni e del mercato.”
Concluso il progetto, qual è il momento che ricordi con maggior entusiasmo? E quale pensi sia il messaggio più importante che Fame si propone di dare al pubblico?
“È stato bello lavorarci, e poi forse uno dei momenti più belli è stata la proiezione a Firenze davanti alla Galleria degli Uffizi per l’apertura del festival Lo Schermo dell’arte.”
Hai nuovi progetti in cantiere? Attualmente a cosa stai lavorando?
“In questo momento sono al montaggio di un nuovo documentario, America, e in fase di preparazione del mio primo lungometraggio, Disco Boy.”