Massimiliano Gallo e Vanessa Scalera su Filumena Marturano: gioie e paure del confronto con Eduardo De Filippo

Martedì 20 dicembre 2022, in prima visione su Rai Uno, va in onda il film Filumena Marturano, trasposizione filmica del capolavoro teatrale di Eduardo De Filippo, diretta da Francesco Amato. A interpretare Filumena Marturano e Domenico Soriano sono Vanessa Scalera e Massimiliano Gallo, volti amati dal pubblico televisivo per Imma Tataranni – Sostituto procuratore – di cui Amato è regista. Nel cast ci sono anche Nunzia Schiano, Marcello Romolo, Francesco Russo, Giovanni Scotti e Massimiliano Caiazzo.

Partendo dal passato per raccontare la modernità

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All’incontro con la stampa il regista Amato presenta l’adattamento televisivo di cui è anche autore della sceneggiatura assieme a Filippo Gili e Massimo Gaudioso, racconta di come non abbia mai avuto dubbi sul cast e sul fatto di realizzare questo lavoro, spaventoso sempre ancor di più per uno che non è napoletano. Nelle sue parole c’è profonda stima per il cast, amici oltre che attori ed è per questo forse che, da un certo punto di vista, non è stato per niente difficile lavorare alla realizzazione.

“Abbiamo usato come riferimento drammaturgico non solo la commedia originale, ma abbiamo lavorato anche sull’adattamento che Eduardo fece per il film del 1951, per scorporare l’impostazione teatrale di questa storia e cercare di intercettare un linguaggio cinematografico e televisivo che tenesse conto della possibilità insita nel testo di trovare elementi di contemporaneità, facendo riferimento a quell’immaginario che gira attorno a Filumena e Soriano e che riguarda la loro storia d’amore in una chiave di dipendenza sentimentale tra questi due personaggi.”

Vanessa Scalera si cala con tutta sé stessa nel personaggio di Filumena, non senza timore però, perché interpretare un testo del genere può spaventare anche chi lo conosce a memoria (“Mi sono confrontata con Francesco, che mi ha molto aiutata perché anche lui, dietro la macchina da presa, ha una responsabilità enorme. All’inizio avevo paura, poi Francesco mi ha dato una chiave che mi ha permesso di dimenticare se possibile, anche se risuoneranno sempre in me, i primi piani di Sophia Loren, e mettere a disposizione del personaggio le mie caratteristiche di attrice. L’aiuto di Max e Francesco ha reso il viaggio molto più facile. Questo ruolo sarà interpretato da quelle che ora sono le giovanissime attrici. Filumena andrà avanti nel tempo, io spero di essere una Filumena possibile e non improbabile”), anche chi ha un talento enorme. Scalera dice però che parlare con Amato e sapere che sul set avrebbe ritrovato Massimiliano Gallo l’ha rassicurata e a quel punto si è gettata anima e corpo in questo viaggio.

 Scalera: “Io mi confronto con un ruolo enorme, con le più grandi attrici italiane, il primo sentimento infatti è stata la paura, poi la felicità. L’aiuto di Max e Francesco ha reso il viaggio molto più facile. Mi ha dato una chiave che mi ha permesso di dimenticare se possibile, mi ha detto di dimenticare le altre performance, se possibile, anche se risuoneranno sempre in me, i primi piani di Sophia Loren, e mettere a disposizione del personaggio le mie caratteristiche di attrice. Questo ruolo sarà interpretato da quelle che ora sono le giovanissime attrici. Filumena andrà avanti nel tempo, io spero di essere una Filumena possibile e non improbabile.”

La tenerezza, il perdono e la fragilità

Il film Filumena Marturano di Amato parla di tenerezza e di perdono, un rapporto fatto anche di dipendenza e di bisogno dell’altro nonostante tutto.

Scalera: “Abbiamo lavorato su un aspetto fondamentale, il perdono, che porta alla tenerezza, Filumena e Domenico sono due esseri umani che hanno fallito per buona parte della loro vita, il loro è un rapporto di coppia a tratti anche aggressivo, nella fase discendente, ma alla fine si guardano e si perdonano, perdonano soprattutto se stessi, in un’età già matura della vita.”

Massimiliano Gallo è un infantile e vanesio Domenico Soriano, un uomo cresciuto ma che non vuole prendersi le proprie responsabilità. Nell’attore c’è tutto quel paradigma napoletano, la storia del teatro, di una famiglia. 

Gallo: “Volevamo raccontare le fragilità di questi due personaggi straordinari. Scavando nel testo di Eduardo abbiamo trovato tantissimi significati ancora di grande attualità. Uno di questi è la fragilità dell’essere umano, l’essere fallibili. Soriano rincorre a lungo questo periodo infantile e Filumena è di una modernità incredibile, fa impressione pensare che Eduardo abbia scritto e descritto il femminile in questo modo negli anni ’50.”

E poi continua: “Quando sono in scena con Vanessa ci piace accordare gli strumenti e aspettare il suono dell’altro per guardarci negli occhi. Volevamo rispettare il testo di Eduardo, poi Francesco, Filippo e Maurizio hanno fatto un lavoro eccellente nella messa in scena. Volevamo far passare la bellezza, la fragilità della coppia e tematiche sempre attuali come la paternità. Vanessa ha interpretato Filumena in modo straordinario.”

La preparazione e il confronto

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Regista e protagonisti hanno fatto un lavoro meraviglioso, provando e riprovando e questo è sicuramente uno dei punti centrali della riuscita dell’opera.

Scalera: “Siamo partiti anche facendo un lavoro con le prove, come si fa a teatro, settimane prima di iniziare a girare, Francesco ha messo lo scotch sul pavimento per indicare dove sarebbero stati gli ambienti, in modo che potessimo già muoverci nella casa di Filumena e Domenico. Noi veniamo dal teatro e lui dal cinema quindi questo è stato un matrimonio perfetto. Sul set sapevamo esattamente come muoverci negli spazi. Io e Massimiliano arriviamo dal teatro, il regista dal cinema, quindi è un matrimonio perfetto. L’ultima settimana c’è stata anche una preparazione fisica perché faceva molto caldo e gli attori indossavano i costumi d’epoca”.

Amato parla anche di quanto abbiano discusso sul testo, si siano confrontati per comprendere quale fosse la scelta migliore (il finale con la battuta di Soriano per il regista poteva sembrare fin troppo retorico ma dopo aver ragionato, riflettuto, girato la scena, si è arrivati alla conclusione che quella era proprio l’unica scena possibile, il tema dell’aborto riguardo la scena della Madonna delle rose). Proprio l’atteggiamento con cui hanno affrontato le scene, dettato dalla conoscenza perfetta che regista e attori avevano del testo e dello spazio in cui lavoravano, fa sì che le emozioni possano scorrere. La matrice teatrale rendeva le scene estremamente lunghe, permetteva di riviverle nello stesso momento in cui accadevano e questo dava la libertà di modificare alcune cose (ci sono alcune scene anticipate, altre posticipate, altre ancora eliminate e altre ancora aggiunte).

Gallo poi continua dicendo: “Io credo che i testi vadano messi in scena, altrimenti si va a sminuire la figura di Eduardo autore, poi vanno giudicati per quello che sono. Noi come attori siamo chiamati a fare il nostro lavoro con onestà intellettuale e dedizione a quel lavoro che va comunque messo in scena”.

Ad aggiungere un punto in più molto interessante per comprendere meglio la costruzione e la messa in scena dell’opera Amato dice: “Ho preso come modello di riferimento un certo cinema asiatico, ho cercato di trovare il paesaggio visivo dentro il primo piano dell’attore e nel muro che sta alle sue spalle, creando una profondità e filtrando l’immagine dei protagonisti attraverso una molteplicità di quinte e l’uso dei riflessi. A Napoli in particolare ci sono pochissime tracce dell’epoca, il 1950, da un punto di vista visivo, e ho preso a modello di riferimento un certo cinema asiatico il cui massimo esponente è Wong Kar-wai. Lui racconta l’epoca ad Hong Kong e a Singapore con un muro scrostato alle spalle del protagonista. Quindi ho scelto un paesaggio visivo dietro al primo piano dell’attore, dandogli profondità filtrando la sua immagine attraverso una molteplicità di quinte e l’uso dei riflessi, ci sono molti specchi, per allargare”.

Vanessa Scalera, la lingua e le pause, Francesco Amato e il valore dell’opera eduardiana

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Per Vanessa Scalera c’era un ostacolo ancora più grande da superare: quello del dialetto, della lingua napoletana. Una prova ardua che l’attrice ha brillantemente superato dimostrando quanto la formazione teatrale di un’attrice sia importante.

“Avevo più coach che mi ha seguito e un regista che condivideva con me il fatto di non essere napoletana. Mi sono approcciata studiando ossessivamente e dimenticando le inevitabili imprecisioni. Il napoletano è una tagliola in un bosco: se ci caschi in qualche modo ti tagli. Io mi sono confrontata con tantissimi dialetti e nessuno mi ha mai detto che non potevo perché non ero abruzzese o materana o romana. Ma il napoletano è una lingua. Ho capito che non dovevo avere paura e che se mi fissavo troppo sul napoletano rischiavo di perdere l’interpretazione. Avevo due coach fantastici che mi riprendevano quando mi usciva mezzo accento salentino e poi l’orecchio di Max.”

Il film ha un ritmo molto intenso e l’interpretazione di Scalera (“sono una macchina a benzina anche Filumena lo è”) è emozionante e piena di intensità anche grazie a questa sua naturalezza. Se il teatro è fatto di pause, Amato, dopo aver chiesto alla sua attrice di respirare, non ha concesso il tempo, proprio per fare in modo che tutto ciò che c’era dentro il testo fluisse attraverso il suo corpo, ha diretto anche le virgole e le pause, come ricorda lei. Questa precisione si percepisce.

Amato dice infine: “La qualità di questo testo credo che stia nella semantica di una relazione maschile-femminile di dipendenza. È un testo anomalo nella produzione di Eduardo, che alla famiglia attribuisce spesso sentimenti di rancore. Questo, forse perché dedicato alla sorella, è un testo d’amore, in cui Eduardo è molto generoso. L’essere una grandissima storia d’amore lo rende universale, fuori dal tempo. Sarà sempre attuale”