Guardiani della Galassia – Volume 3: il cast ci spiega come si dice addio a una trilogia di successo

Incontro con James Gunn, Kevin Feige e il cast di Guardiani della Galassia: Volume 3, il capitolo conclusivo della popolare trilogia Marvel. Nelle sale italiane il 3 maggio 2023.

Ultimo capitolo del fortunatissimo franchise dentro il franchise, Guardiani della Galassia: Volume 3 sbarca nei cinema italiani il 3 maggio 2023 con il suo carico di azione, umorismo, sentimento e qualche parentesi più adulta che non stona con l’atmosfera generale. Qualunque cosa il destino riservi ai Guardiani all’interno del Marvel Cinematic Universe, per James Gunn, che dei tre film è stato padre creativo a ogni livello (regia e sceneggiatura), è arrivata l’ora dei bilanci, perché la sua esperienza alla Marvel si conclude qui e ora. Lo attendono grandi responsabilità ai DC Studios. “Ho cominciato a lavorare ai Guardiani undici anni fa circa. La gente pensa ai film nei termini dell’impatto culturale che hanno avuto e magari vorrebbe sentirmi dire che non me lo aspettavo proprio, un successo del genere. Ma non è così. Devo essere sincero, ci ho sempre sperato, anche perché mi sembrava che questa fantasia spaziale fosse davvero qualcosa di nuovo e diverso. Ho sempre avuto le idee chiare su quale direzione avrebbe preso la storia”.

Guardiani della Galassia: Volume 3 cinematographe.it conferenza stampa

Da un punto di vista più intimo, sentimentale, “ho imparato tanto e sento di essere cresciuto al fianco di queste persone fantastiche, da Kevin Feige alla famiglia che ho costruito sul set. Ripensandoci, non sono le prime eleganti, i grandi momenti, le cose che porterò per sempre con me. Penso piuttosto a quelle piccole parentesi durante le riprese, situazioni apparentemente insignificanti ma sappiamo che non è così. Il difficile, è dire addio ai personaggi. Li amo tutti, per alcuni, come Rocket, provo qualcosa di speciale. Con gli attori è diverso, siamo amici e continueremo a frequentarci. Non posso dire lo stesso dei personaggi, loro devo salutarli una volta per tutte”. Spostando il focus sui personaggi, va detto che il protagonista Peter Quill/Star-Lord comincia il suo cammino in Guardiani della Galassia: Volume 3 in un mood non proprio beneaugurante. “Si sente perso” spiega il suo interprete Chris Pratt “non è più il personaggio dei primi film. Trovo molto interessante una cosa che a un certo punto Mantis gli dice, cioè che deve imparare a nuotare, non a saltare, da una donna all’altra, da una relazione all’altra”.

“Come situazione è abbastanza comune. Peter è fuggito dopo la morte della madre, cercando di farsi scudo dal dolore assumendo le pose e gli atteggiamenti delle icone pop della sua infanzia, sforzandosi di somigliargli. Poi è entrato nei Guardiani, ha cercato di mettersi in contatto con il padre e si è innamorato di di Gamora. Sfortunatamente, li ha persi entrambi. Per questo, si sente un po’ alla deriva”. Continuerebbe a lavorare con il suo regista “per altri tre film, mi chiedete? Sì, senza dubbio. Il punto è che girare un film è un’esperienza molto divertente, ma lo è ancor di più se accanto a te ci sono persone che stimi e a cui vuoi bene. Nel cinema capita spesso che il viaggio sia più interessante della destinazione, con James Gunn è tutto ugualmente fantastico. Quindi sì, lavorerei ancora con lui. E con gli altri”. Tra gli altri e le altre figura anche Karen Gillan. La sua Nebula, dice, “è cambiata molto. Scomparso Thanos dalla sua vita, è come se avesse cominciato a sbocciare, maturando una personalità più leggera”. Grazie al personaggio “ho imparato molto sulle dinamiche tra fratelli e sorelle. Nebula all’inzio è molto gelosa di Gamora, poi si fa via via più compassionevole. Io sono figlia unica, c’erano diversi aspetti di questa relazione che, basandomi sulla mia esperienza, proprio non riuscivo a capire”.

Veterani e matricole: il cast di Guardiani della Galassia – Volume 3 racconta cosa significa lavorare su un set di James Gunn

Guardiani della Galassia: Volume 3 cinematographe.it conferenza stampa

Tocca a mr. Marvel in persona, il grande capo, Kevin Feige, spiegarci che “i Guardiani sono stati in assoluto il primo film cui abbiamo pensato. Figuratevi che all’epoca non c’erano nemmeno gli Avengers, solo questa fantasia spaziale, come l’ha chiamata James”. Tirato in ballo, James Gunn precisa che “la scelta di girare il film servendoci di set enormi dipendeva da questo: secondo me, la CGI in queste situazioni ti fa un po’ perdere l’equilibrio. Preferisco sempre affidarmi a soluzioni pratiche, credo che anche il pubblico lo apprezzi di più”. Kevin Feige riflette a posteriori sul senso del cammino di cui Guardiani della Galassia: Volume 3 è il tassello conclusivo. “Il nostro intento era girare una serie di film che fossero in grado di parlare, sia alle persone che sono cresciute con i fumetti dei Guardiani, sia a quelle che non ne sapevano nulla e magari li hanno scoperti tramite il trailer o i poster. Credo siano la maggioranza. Ora, è vero che quando hai a che fare con personaggi meno conosciuti puoi concederti qualche libertà in più, consentitemi però di dire che James ha costruito la sua storia guardando sempre ai fumetti”.

Pom Klementieff ha vinto il cuore dei fan con l’interpretazione di Mantis, l’unica indiscussa bussola morale dei Guardiani. “Non penso mai solo a Mantis, piuttosto a Mantis e a James Gunn, perché James mi ha cambiato la vita. Lei è un personaggio fantastico, il collante che tiene tutti uniti, una creatura dotata di straordinaria empatia e anche abbastanza strana, mi piace molto!”. Lavorare sul set con un regista che mette la musica al centro di tutto è stato “bello, ti aiuta. Mantis ha saputo evolversi. All’inizio era questo insetto nervoso che se ne andava in giro sfregandosi le mani, quasi fosse il signor Burns o una mosca! Poi, con il tempo, ha acquisito un’inedita sicurezza”. Interpretare un personaggio il cui superpotere è l’empatia “mi è piaciuto. Mi ha anche allontanata dai fumetti, credo che lì fosse un po’ diversa. Quello che amo in lei è che non si adatta al prototipo della donna forte dei film d’azione. Non che abbia nulla contro quel tipo di personaggi, credo però ci sia spazio anche per psicologie differenti”.

Sean Gunn, con il suo Kraglin, ha scalato posizioni nella gerarchia dei Guardiani, acquisendo una certa importanza nella storia; il tipico personaggio cui ti rivolgi quando hai bisogno di qualcosa. “Kraglin, come gli altri, prova a fare i conti con se stesso. Trovo che, in un certo senso, il nostro percorso sul set, il percorso di noi attori intendo, abbia rispecchiato quello dei personaggi. All’inizio mi sentivo ai margini perché il personaggio era secondario e io ero solo il fratello del regista e via dicendo. Con il tempo, ho scoperto di poter giocare un ruolo importante in questa storia, proprio mentre Kraglin aumentava il suo spazio“. Il cattivo di giornata è il temibile Alto Evoluzionario, interpretato da Chukwudi Iwuji. “Eravamo a Vancouver e stavamo girando Peacemaker (la serie Dc di James Gunn, ndr) quando James mi ha preso da parte e mi ha detto che mi voleva per la parte dell’Alto Evoluzionario. Devo aver borbottato qualcosa, ero molto colpito. Fino a quel momento i film Marvel ero abituato a vederli nella sala vicino casa”.

La musica lo ha guidato. “La prima cosa che ho letto, del film, era una scena in cui l’Evoluzionario ascoltava l’opera. Sono quindi tornato con la memoria alle arie che amo, cominciando a modellare la personalità di questo scienziato pazzo che di notte se ne va in giro per il suo castello ad ascoltare la musica perché è insonne, senza riposo, tanto è consumato dalle sue ossessioni. Mi è anche tornato in mente l’Enrico IV di Shakespeare. Il mio è il classico cattivo che si crede Dio”. Will Poulter fa il suo esordio nell’universo Marvel nelle (dorate) vesti di Adam Warlock. Guardiani della Galassia: Volume 3 è un debutto ansiogeno, spiega l’attore britannico, “perché conoscevo la serie, ero un fan. Chiaro che all’inizio uno avverte quel genere di pressione. Ma devo dire che James Gunn è bravo a creare un ambiente di lavoro positivo. E poi sono stati tutti fantastici con me. Anche i miei familiari” continua “dovete sapere che lavorano tutti o quasi nel sistema sanitario, medici, infermiere, dico sempre che sono loro i veri supereroi. Non conoscevano i film, se li sono visti entrambi in rapida sequenza. Mi hanno davvero supportato”.

Come vengono scelte le canzoni del film e, soprattutto, come si interpreta un cane parlante

Guardiani della Galassia: Volume 3 cinematographe.it conferenza stampa

Coerentemente con i primi due film della trilogia, anche Guardiani della Galassia: Volume 3 è un mix di personaggi in carne e ossa e animazione. Non si sa mai da che parte della barricata si finirà. Immaginate lo stupore di Maria Bakalova, quando scopre di essere stata scritturata in un film di James Gunn, certo, ma per interpretare un cane. Un gran bel cane, Cosmo, va detto che la giovane attrice bulgara è in buona compagnia perché la trilogia “camuffa” dietro le sue animazioni nomi molto noti del cinema contemporaneo, sia la voce di Vin Diesel prestata a Groot o quella di Bradley Cooper per Rocket (le movenze del personaggio appartengono invece a Sean Gunn). “Volete sapere che effetto mi ha fatto scoprire che avrei interpretato un cane? Ero più eccitata che se fosse stata un’umana” scherza Maria Bakalova “all’inizio non avevo idea di come regolarmi. Poi ho pensato, è un cane, posso permettermi di essere un po’ sopra le righe. La chiave è tornare bambini, recuperare quel tratto di immaginazione infantile che tutti conosciamo – ok, oggi sono un cane, oggi sono una farfalla, oggi sono un fiore – questo genere di cose. Poi, per calarmi meglio nella parte, ho osservato quanti più cani potevo, ci ho parlato, ho anche abbaiato!” Il suo approccio non è passato inosservato.

Ancora James Gunn, stavolta in lode dell’etica del lavoro di Maria Bakalova. “Intendiamoci, per quanto possiamo essere amici, questo rimane un lavoro. Così, non appena suona la campanella, fuggiamo tutti dal set perché abbiamo mille altre cose a cui pensare, me compreso. Maria, invece, arriva con due giorni di anticipo, resta sul set tutto il giorno, tutti i giorni. Quando deve recitare recita, poi torna nel suo cantuccio a godere del lavoro dei colleghi. Non era l’attrice principale del film, ma credo che nessuno mi sia stato accanto quanto lei. Oltretutto, è una vera gioia lavorarci insieme”. La musica, per il senso del cinema di James Gunn, è molto, tanto, tutto. “Sono consapevole che, data la popolarità dei miei film, le canzoni che scelgo avranno un certo impatto sul pubblico. Già mentre scrivo la sceneggiatura ho in mente i pezzi da usare, poi c’è sempre tempo per cambiare qualcosina. Nel primo film mi appoggiavo molto a classici pop/rock degli anni ’70, andando avanti abbiamo allargato lo sguardo sugli ’80, i ’90, i primi 2000. Non ci sono necessariamente i miei artisti preferiti, mancano i Replacements, non c’é Alice Cooper (in realtà c’è, ndr).

Ogni occasione è buona per perfezionare la lista. “Ho una lista di pezzi che potrei tendezialmente utilizzare, mi basta ascoltarne uno qualsiasi che la mia immaginazione comincia a lavorare. La discriminante è che la musica sia in grado di servire bene la causa del film. Ci sono canzoni che sono state in lizza per tutti e tre i Guardiani, anche bellissime, ma che non ho mai usato perché non si adattavano alla storia”. Per Kevin Feige non è un problema che il regista abbandoni con il terzo film l’universo Marvel. “Ha sempre avuto un ampio margine di manovra, anche in termini di come le sue scelte potranno impattare sul futuro della serie senza di lui. Riguardo alla morte di alcuni personaggi, ne abbiamo discusso per i primi due film ma, dal momento che questa è sempre stata pensata come una trilogia, nel terzo avrebbe potuto muoversi come meglio preferiva”. Parlando di similitudini tra Adam Warlock e se stesso, Will Poulter racconta che “mi trovavo, con il personaggio e sul set, nella stessa situazione di Sean. Ero il nuovo arrivato e dovevo imparare ad ambientarmi. Lo stesso per Adam”.

Sean Gunn chiude il suo percorso nei Guardiani con due personaggi nel bagaglio, Kraglin e Rocket. “La cosa che ho imparato, pensando alle difficoltà tecniche di questo lavoro, mi viene in mente soprattutto Rocket, è l’importanza della collaborazione. Non diventi attore perché pensi di essere speciale, ma perché pensi lo siano gli altri”. Com’è stato l’ultimo giorno sul set per Chris Pratt? Ha fatto un discorso di commiato, glielo hanno chiesto? “Non era questione di chiedermelo o no, perché se avessi voluto farlo nessuno me lo avrebbe impedito. La mia preoccupazione principale, in tutti questi anni, è stata di evitare i rimpianti. Mi sono sempre sforzato, sul set, di essere presente, di vivere il momento. Essere presente e spingere gli altri in questa direzione, il punto è questo. Chiudo la mia esperienza con un grande senso di gratitudine”.