Il Processo: gli autori e il cast parlano della serie di Canale 5 con Vittoria Puccini
Il regista, i produttori, l'head writer e i protagonisti presentano la nuova serie tv co-prodotta da Mediaset e Lucky Red, Il Processo.
Il Processo, co-produzione Mediaset e Lucky Red (per la quale si tratta anche dell’esordio nel mondo della serialità), con il sostegno del Comune di Mantova, è una serie tv composta da 8 episodi scritta da Alessandro Fabbri, con la collaborazione di Laura Colella ed Enrico Audenino, e interamente diretta da Stefano Lodovichi. Durante la presentazione della serie TV alla stampa abbiamo avuto modo di capire meglio alcuni dettagli legati all’atteso e ambizioso progetto, uno dei primissimi esempi di legal thriller italiano. Oltre al regista, agli sceneggiatori e ai produttori, erano presenti anche gli attori protagonisti Vittoria Puccini, Francesco Scianna, Camilla Filippi e Roberto Herlitzka.
Il Processo: il primo legal drama di Canale 5 targato Mediaset e Lucky Red arriva in prima serata dal 29 novembre
Il primo a prendere la parola è Daniele Cesarano, autore, sceneggiatore e ora direttore fiction di Mediaset, che ha raccontato la genesi del progetto: “Dal più classico degli incontri al “bar sotto casa” con Serena Sostegni di Lucky Red, con lei che, con la bozza del progetto, voleva convincermi a fare un legal e io che ero fermamente convinto dell’impossibilità dell’impresa, data la natura e il modus di svolgimento dei processi nel nostro Paese. Fortuna volle però che io chiesi a lei il favore di presentarmi i The Jackal, in cambio del quale le promisi di leggere lo scritto. In realtà lo lessi anche perché sapevo che era scritto da Alessandro Fabbri, un astro nascente della sceneggiatura italiana, verso il quale, dato il mio precedente lavoro, nutrivo ancora quel senso di competizione che c’è sempre nell’ambiente. Risultato: lo lessi con la ferma volontà di stroncarlo e invece mi sono trovato a “rosicare” tantissimo perché non solo era bellissimo, ma funzionava. Superato lo stato d’animo, sono tornato ad essere un felicissimo dirigente Mediaset con in mano un lavoro bello, intrigante e dotato del cosiddetto “turning page”, quel meccanismo che ti impedisce di smettere di voltare pagina per capire come va a finire, fondamentale per la narrazione odierna. Da lì in poi il mio ruolo è stato in realtà solo quello di coadiuvare il lavoro di una produzione già molto solida e con le idee chiare.”
Vittoria Puccini: la protagonista de Il Processo parla del suo personaggio: una pm complessa e affascinante
Dopo l’introduzione e i ringraziamenti di rito è arrivato il turno di Vittoria Puccini, il volto principale della serie, la quale si è espressa sul suo ruolo e sul lavoro dietro il suo personaggio: “Per me è stata una sorpresa questa serie perché avevo da poco finito un altro lavoro e non pensavo sinceramente di tornare così presto su un altro progetto, ma quando ho letto la sceneggiatura sono completamente impazzita, in primis dalla storia e poi dal personaggio di Elena Guerra. Una donna complessa e affascinante, apparentemente dura, ma in realtà provata da un trauma segreto che si porta dentro da tantissimo tempo e che non ha mai avuto la forza ed il coraggio di affrontare, ma che, grazie a questo processo, dovrà finalmente tirare fuori. Mi sono molto documentata per interpretarla, vedendo documentari, tra i quali quello sul processo di Yara (Gambirasio), tra l’altro seguito da una donna pm molto tosta, molto dura, simile in qualche modo ad Elena, e parlando con tanti pm, sia uomini che donne (un uomo mi ha anche confessato come le pm di donne siano più brave perché più meticolose). Ho così scoperto che il pubblico ministero fa in realtà tanti lavori diversi”.
“Il suo ruolo richiede sensibilità, psicologia, fermezza, ma anche umanità: devi tenere sempre un filo solido con chi hai di fronte, tendendo e ammorbidendo la presa secondo i casi, perché se si spezza è finita” – ha detto l’attrice – “A livello personale è stato una sorta di coronamento di un primo sogno lavorare in questo progetto, dato che il mio primo desiderio era fare l’avvocato, anche se, naturalmente, non ho mai dato neanche un esame. È stato molto bello avere a che fare con Stefano (Lodovichi), perché sebbene la lavorazione sia stata intensa e durissima (dopo il primo giorno di riprese durante il processo mi sono detta, appunto, “fortuna che non ho finito giurisprudenza”), la sua energia è stata sempre trasportante.”
Il giro degli attori è continuato con Camilla Filippi, la quale ha sottolineato la progressiva e sorprendente trasformazione dei personaggi durante il proseguo degli episodi, la forza della storia e l’importanza di lavorare con un regista che non permette mai a nessuno di adagiarsi durante il lavoro.
A chiudere ci ha pensato invece Francesco Scianna, che ha fatto eco alle dichiarazioni della Filippi, sottolineando la cura maniacale del cast tecnico, nonostante i tempi televisivi, la bravura del regista e la tridimensionalità della scrittura dei personaggi: “Vorrei soffermarmi anche io sul lavoro degli sceneggiatori: raramente si ha la possibilità di lavorare su dei personaggi così complessi e questo è prezioso ed importante per un attore perché permette di confrontarsi su piani diversi.”. Per finire ha aggiunto qualche dettaglio sulla preparazione del suo ruolo, per il quale ha visto diversi documentari e avuto un colloquio con un avvocato penalista.
Il regista su Il Processo: “il bello di questa storia è che ogni personaggio meriterebbe uno spinoff”
È il turno del regista Stefano Lodovichi: “I meriti principali per la realizzazione della storia va a chi la storia l’ha scritta, perché senza scrittura non c’è possibilità di diventare grandi e non ci si può mettere sullo stesso piano delle cose che noi per primi amiamo guardare. Questa è una serie dal respiro internazionale, che non può essere confinata in nessun tipo di confine. Se dovessi citare un solo punto di forza della storia è la sua costante liquidità, che permette allo spettatore di vedere una cosa da un punto di vista e poi dal suo opposto. Entrando nello specifico, fin dalla scrittura la storia è stata pensata per essere raccontata da due punti di vista, che io ho soltanto estremizzato, portandoli sullo schermo in maniera sempre più stretta e concentrata. Non esiste niente al di fuori dei loro sguardi e ciò porta alla domanda: può esistere una verità se partiamo da due punti di vista così stretti? Sottolineo infine l’importanza di avere avuto degli attori con una sensibilità tale da riuscire a riscrivere la storia durante le giornate di lavoro. Spesso riporto l’idea di attore a quello di un campanellino, che, se sei fortunato, suona e riesce a farti squillare qualcosa in testa. Questo è stato il caso. Rubo infine una battuta a Camilla (Filippi): il bello di questa storia è che ogni personaggio meriterebbe uno spinoff.”
Nel finale ha preso la parola l’head writer e principale penna della serie, Alessandro Fabbri: “È stata un scommessa. Scrivere un legal è un casino, specialmente in Italia, dove una serie di questo genere non c’è, e la prima difficoltà è stata inventarsi inventarsi una formula tale da far funzionare i bisogni di un genere adiacente al giallo, ma con le sue specificità: i colpi di scena e le svolte narrative devono emergere durante il processo e non durante le indagini. La soluzione che abbiamo trovato è partita dalla domanda: che cos’è la giustizia? La prima riga di sceneggiatura. Elena Guerra dice che è un meccanismo, ma tale meccanismo è fatto da persone, quindi fallisce, è piena difetti ed è viziata da motivi personali. Da qui l’idea di raccontarla attraverso lo sguardo di due sfidanti, con al centro l’imputata, e, attraverso essi, parlare anche di chi la fa, di chi la costruisce questa giustizia, per poi concentrarsi sul ruolo dell’imputata e sullo svolgimento del processo in sé, che ha sempre calamitato l’opinione pubblica italiana. Partendo da questo c’è stato un grande lavoro di studio (per me di ripasso dato la mia laurea in giurisprudenza), in cui si è cercato di rispettare la sensibilità tutta nostrana e allo stesso tempo cavalcarne l’onda. Abbiamo così scoperto la possibilità di raccontare un processo italiano, così diverso da quello americano che ci ha culturalmente sempre bombardato, attraverso la potenza della corte d’assise, che ha diritto di voto pari alla giuria, e la maggior rilevanza del duello tra i due avvocati contendenti, molto liberi di esprimersi.”
Il Processo andrà in onda su Canale 5 dal 29 novembre per un totale di 8 episodi in 4 prime serate.