Io sono ancora qui: Walter Salles e Fernanda Torres parlano del film sui desaparecidos e di “come reinventarsi dopo una tragedia” [VIDEO]

Come si sopravvive alla tragedia? Nella nostra intervista al regista e all'attrice protagonista di I'm still here (Io sono ancora qui) si parla del film, basato su una storia vera.

Presentato in anteprima all’81ª Mostra del Cinema di Venezia, I’m still here, dal titolo italiano Io sono ancora qui, sta riscuotendo sempre maggior successo e in Brasile è già uno dei film più acclamati degli ultimi anni. Candidata ai Golden Globe, la straordinaria Fernanda Torres, si è aggiudicata l’ambita statuetta come Miglior attrice in un film drammatico. La popolarità di I’m still here è così inarrestabile e il 30 gennaio 2024 il film arriverà anche nelle sale italiane. Diretto dal regista, sceneggiatore e produttore cinematografico brasiliano Walter Salles, Io sono ancora qui affronta un tema e un periodo delicato, un momento storico sempre più trattato sul grande schermo. Si tratta dei Desaparecidos, quelle migliaia di persona arrestate per motivi politici, sospettati, senza alcuna prova, di attività contro il regime. Con sequestri, detenzioni, interrogatori e torture che avvenivano in segreto, senza testimoni, nel buio delle case o delle celle dove veniva portato chiunque rappresentasse una possibile minaccia contro la dittatura dell’epoca. Quello che è accaduto ai Desaparesidos è rimasto nell’ombra per decenni.

Le persone delle quali si sono perse le tracce, non sono state mai più ritrovate, non si sa cosa sia loro accaduto e quando siano stati uccisi, perché l’unica certezza è che siano stati detenuti in campi di concentramento, torturati, assassinanti e fatti sparire. Con salme e scheletri che sono poi stati rinvenuti anni dopo, e alcuni invece mai più ritrovati. I’m stille here racconta ciò che hanno vissuto i familiari di uno degli uomini arrestati: moglie e figli che hanno aspettato un ritorno che non sarebbe mai più avvenuto. Il tentativo, negli anni, di sapere qualcosa, con la verità che si faceva strada e il ricordo che mai svaniva. Partendo da una situazione di benessere, calore familiare, amore e vita quotidiana, in I’m still here si percepisce da subito la paura e le pressioni di un regime autoritario. Emozioni velate che esplodono poi con l’arresto del personaggio di Rubens Pavia, interpretato nel film da Selton Mello. Fernanda Torres interpreta Eunice, moglie di Rubens e madre dei loro cinque figli, che lotta per la verità e per tenere unita la famiglia, costretta successivamente a lasciare Rio de Janeiro, abbandonando la propria vita, ancora ignara di come siano andate le cose, ma consapevole di una realtà che doveva accettare.

I’m stille here: video intervista al regista Walter Salles e all’attrice protagonista Fernanda Torres

Premiato all’81ª Mostra del Cinema di Venezia con il Premio Osella per la Migliore sceneggiatura e con il premio collaterale Green Drop Award, I’m still here è ancora in lista per entrare nella shortlist degli Academy Awards 2025 come Miglior film internazionale. Walter Salles, regista precedentemente di altri successi come I diari della motocicletta, Cattive acque, e moltissimi altri, ha sottolineato la peculiarità del film, e cioè il differente punto di vista, che si concentra su coloro che aspettano, che vengono in qualche modo lasciati. Si tratta infatti di una delle caratteristiche del film che lo rendono unico, che mostrano l’intenso dramma di chi vive nell’attesa, senza sapere né capire e di chi, da un giorno all’altro, scopre verità senza precedenti, senza potersi opporre a quanto accaduto. “I film che parlano di Paesi in cui vi è stata una dittatura raramente vengono raccontati dal punto di vista di chi ha subìto una perdita, e questo ci è sembrato estremamente importante da mostrare“, ha dichiarato Walter Salles. Fernanda Torres, assoluta protagonista del film, ha definito I’m still here una storia su “come reinventarsi a seguito di una tragedia“, oltre a narrare la tragedia stessa, “e di come si resiste nel tempo“, riferendosi in particolare alle numerose ellissi temporali presenti nel film che insistono su un altro punto fondamentale di quel periodo storico. E cioè su come il dramma dei Desaparecidos sia rimasto a lungo sepolto, taciuto e segreto, e abbia dovuto aspettare quasi trent’anni anni prima di essere riconosciuto come un crimine contro l’umanità.

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