Intervista al regista Marco Ponti: da Santa Maradona ad Io che amo solo te
Per Marco Ponti, glorioso regista di Santa Maradona, grazie al quale ha conquistato il prestigioso David di Donatello per il miglior regista esordiente, e dal 22 ottobre al cinema con l’intenso e solare Io che amo solo te, con protagonisti i promessi sposi Riccardo Scamarcio (Damiano) e Laura Chiatti (Chiara), il cinema non è una passione dell’ultimo minuto ma una vera e propria vocazione che lo accompagna da sempre, prima dell’età in cui si maturano ricordi consapevoli: Già alle elementari nei temi parlavo ossessivamente dei film che andavo a vedere o che mi piacevano– ci ha raccontato – una passione veramente dal primo minuto, cosa che rassicura nei momenti in cui ci si lascia travolgere dalle tante altre cose della vita.
Torinese, classe 1967, di cose nella vita, in effetti, Marco Ponti ne ha già fatte tante: sceneggiatore e regista per teatro, tv e cinema (suoi anche A/R Andata + Ritorno e Passione Sinistra), scrittore di fumetti e regista di videoclip, nel corso della nostra piacevole chiacchierata ci ha raccontato come ha spaziato attraverso questi differenti campi, sullo sfondo di una poetica sempre ben definita. Scoprite di più leggendo l’intervista esclusiva che Cinematographe ha realizzato per voi!
Marco Ponti: il mio cinema si nutre di tante forme d’arte
Quali sono per te le differenze fondamentali, anche per quanto riguarda la libertà espressiva, fra i vari linguaggi artistici (teatro, tv, cinema) attraverso i quali ti sei destreggiato nel corso della tua carriera di regista e sceneggiatore?
Il teatro l’ho frequentato relativamente poco ma è stata per me una grandissima scuola di scrittura, perché lavorare ad un testo che ogni sera va in scena ti dà un feedback immediato sulla qualità dello spettacolo e ti permette di apportare degli aggiustamenti. Così come tradurre dei testi teatrali, ho tradotto dall’inglese un Romeo e Giulietta per Gabriele Vacis, recentemente è stata pubblicata da Einaudi la mia traduzione di alcuni testi teatrali di uno dei fratelli Cohen, ed è fantastico perché per fare una buona traduzione devi ritrovare quello spirito, quel respiro e “parlabilità” del testo originale, è come andare a scuola o mantenersi allenati in palestra. In televisione, invece, ho fatto poco, ho collaborato come scrittore di una serie diretta dal mio amico Lucio Pellegrini, La Strana Coppia con Luca e Paolo. È stato bello farlo per un regista amico, anche se in qualche modo la responsabilità viene raddoppiata. Ricordo una puntata in cui era protagonista Beppe Battiston, ho scritto delle gag davvero sceme (ride, n.d.r.). In una in particolare Battiston era un santone new age che si chiamava “L’uomo di cui c’era bisogno”, ed il suo assistente di conseguenza aveva cambiato nome in “L’uomo di cui ha bisogno l’uomo di cui c’era bisogno”. Se ci penso rido ancora adesso e dico “come ho fatto a dare a Lucio una cosa così scema”! In realtà ha funzionato benissimo ma credo che una cosa così avrei potuto scriverla solo o per me o per un amico. Il cinema, infine, si nutre delle altre cose che da sole per me non avrebbero senso – ho fatto anche dei fumetti, ad esempio – ma il cinema si nutre di quell’energia lì, se non ci fosse lui quell’energia sarebbe quasi a vuoto, un movimento per me marginale, al quale non mi dedicherei.
Il tuo primo grande successo, Santa Maradona (2001) è centrato sul debutto nel mondo del lavoro e dell’amore, con tutte le incertezze e le inquietudini del caso; in Io che amo solo te i riflettori sono puntati in qualche modo su una fase successiva della vita, in cui gli ultimi dubbi devono lasciare spazio alla concretezza, che qui assume la forma del matrimonio. In entrambe le pellicole, la realizzazione dei protagonisti sembra dover passare necessariamente per qualche piccolo inganno… Si può mentire a fin di bene?
Sia in Santa Maradona che in Io che amo solo te, i personaggi sono volti verso un obiettivo che possiamo considerare positivo, trovare un posto nel mondo, una relazione che sia sensata ecc. e per raggiungere tale obiettivo a me viene da far prender loro una strada fuori dalle regole. In Santa Maradona il chiaro riferimento è al gol di mano fatto da Maradona: sappiamo che “non si fa” ma gli ha permesso di vincere e farla franca, questo è lo spirito. In Io che amo solo te troviamo un’evoluzione di quello spirito: il film presenta le grandi dinamiche dell’amore, in questo caso tra marito e moglie ma anche tra fratelli o tra padre e figlio. Sarebbe banale, consolatorio e riduttivo pensare che per essere buoni bisogna essere buoni, per essere buoni a volte devi cambiare le regole del gioco in corso, barare, ci sta anche la menzogna e il tradimento perché la vita poi è così, altrimenti saremmo un popolo di Santi, invece siamo anche “navigatori, artisti e poeti” (cit.)…trovami un poeta che dica la verità!
Io che amo solo te sembra pure voler riabilitare il dubbio nella vita delle persone, che non sempre arrivano a raggiungere i loro obiettivi in piena pace con loro stesse. Quanto sono importanti i dubbi e le incertezze nella vita e nel lavoro di un regista?
I dubbi sono fondamentali, basta non farli veder troppo agli altri. Bisogna tenerseli per sé, però guai a non averli. Il punto è che nessuno ha simpatia per un comandante di nave che ha dei dubbi su come tenere il timone, l’incertezza non lo rende più umano agli occhi della gente, anzi. Se hai dei dubbi devi tenerli per te, cercando di far in modo che divengano il carburante per le sicurezze future.
Il nostro sito ha una sezione dedicata all’incontro tra cibo e cinema: Cinematografood. Quale cibo non può mancare nel banchetto di nozze di Chiara e Damiano?
Un gran piatto di crudo di mare, nella piena tradizione di Bari e dintorni! L’ho amato sia all’interno del film che per mangiarmelo io. In Puglia c’è un’accoglienza fantastica, nonostante io arrivi da una regione, il Piemonte, che non scarseggia certo in quanto ad accoglienza. I pugliesi, però, ti fanno sentire proprio a casa, e questa è una cosa preziosissima.
Che progetti hai per il futuro?
Avendo avuto un periodo relativamente lungo di tranquillità durante il quale mi sono dedicato alla scrittura, ho i prossimi quattro progetti pronti, si tratta solo di capire bene come scandirli e collocarli; stanno tutti aspettando e ognuno alza la manina per dire “scegli me, scegli me”! Vediamo quale di questi andrà avanti, anche perché c’è sempre spazio per l’imprevisto. Come direbbe Luca Bianchini (autore del romanzo Io che amo solo te, dal quale il film è tratto, n.d.r.), “Dimmi che credi al destino”, e il destino a volte sorprende…