Intervista a Marco Bellocchio: il viaggio di Sangue del mio Sangue
Colto, gentile, dal grande carisma: Marco Bellocchio, regista straordinario, ci rivela il viaggio temporale e avventuroso dietro al suo ultimo capolavoro Sangue del mio Sangue.
Federico, un giovane uomo d’armi, viene sedotto come il suo gemello prete da suor Benedetta che verrà condannata ad essere murata viva nelle antiche prigioni di Bobbio. Nello stesso luogo, secoli dopo, tornerà un altro Federico, sedicente ispettore ministeriale, che scoprirà che l’edificio è ancora abitato da un misterioso Conte, che vive solo di notte.
Il film è giocato molto sulla dualità ma, sicuramente, uno dei temi portanti di Sangue del mio Sangue è l’Amore con la A maiuscola: è una percezione corretta?
Sicuramente l’amore è il punto di partenza, perché si può parlare di una delusione d’amore: questa suora costretta alla prigionia del convento si innamora e fa innamorare di sé il confessore che però non ha il coraggio di separarsi dalla sua identità. Una cosa che si poteva capire, anche perchè nel ‘600 non era facile potersi spretare facilmente; il destino era quello di fuggire in America su un bastimento oppure una condanna grave: in questo caso il rischio di condanna sarebbe stato orientato più sulla suora piuttosto che sul sacerdote perchè c’era sempre l’idea della donna come potenza demoniaca che seduceva il povero confessore ma, essendo uno puro, non cedette mai e preso dalla disperazione si suicidò. Quindi il fratello giunge al convento per riscattare la memoria del fratello morto e in qualche modo per strappare dalla disperazione la madre ma viene turbato, viene sedotto da questa suora; diversamente dal fratello la respinge, si ferma, rinnega il proprio sentimento e la suora finisce murata viva.
L’Amore del secondo episodio è più una nostalgia di un sentimento: il vecchio vampiro in qualche modo sente ancora qualcosa per la ragazza, sente che la sua giovinezza, la sua bellezza, la sua purezza, la sua innocenza decreteranno anche la sua fine naturale. In questo senso si può parlare sicuramente di Amore, poi però sul finale è come se l’amore venisse messo da parte e il senso è una affermazione di libertà quasi oltre l’Amore: lei (la suora) ha un’energia talmente grande che può difendere anche il proprio corpo e la propria immagine; una volta liberata materialmente e fisicamente la sua immagine è talmente forte che annienta il cardinale che l’aveva rifiutata 30 anni prima e va verso la libertà.
Il personaggio di Federico trova difficoltà ad inserirsi all’interno di una realtà sia nel primo atto storico sia nel secondo atto moderno: cosa ci può dire a riguardo?
Drammaturgicamente l’attore è lo stesso ed è lo stesso personaggio con notevoli differenze, in particolare ovviamente storiche. In realtà è la storia di una trasformazione, dove quest’uomo irrequieto si trasforma in un piccolo truffatore insieme ad un presunto milionario di origine russe; io ho voluto rappresentare come se le due storie avessero dei temi in comune, uno spazio comune, un paese comune, una prigione comune ma non necessariamente ci fossero delle corrispondenze precise e perfette tra i personaggi della prima parte e quelli della seconda. Diciamo che tra la prima e la seconda, il tema predominante è il potere: allora era il potere assoluto della chiesa cattolica che poteva decidere la vita e la morte di chiunque, il secondo è un potere già frantumato, un potere già in crisi non necessariamente della chiesa cattolica ma sicuramente di una chiesa e di un potere politico che in qualche modo hanno gestito non in modo cruento il potere e amministrato quella realtà dello stesso paese del primo episodio. È il potere che in qualche modo risulta essere il filo comune tra il primo e il secondo episodio.
Il passaggio finale che ci riporta il personaggio dell’inizio diventato cardinale dopo essersi fatto prete, in qualche modo scombina ancora il tipo di drammaturgia classica, afferma e rappresenta quella che è la libertà, l’immagine libera di questa donna che in qualche modo distrugge, polverizza e annienta, sia il vecchio vampiro attraverso la figura della giovane ragazza, sia il vecchio cardinale: i due detenenti del potere vengono annientati e scompaiono.
Come è nata l’idea della storia di Sangue del mio Sangue visto che, oltre a dirigere il film, è anche autore della sceneggiatura?
Prima di tutto l’epilogo costituiva un cortometraggio fatto cinque anni prima che è stato poi inserito dopo, facente parte di quell’esperienza che io ogni tanto faccio, di un laboratorio a Bobbio in cui creo un breve film con un gruppo di giovani che vogliono partecipare a questo corso. Ogni anno ci si inventa una storia, individuando dei luoghi: io ho scoperto queste prigioni abbandonate, allora questa possibilità mi ha fatto ricordare il personaggio della Monaca di Monza che è un personaggio molto conturbante, un personaggio il cui destino mi ha molto colpito. Partendo da questa storia, che poi nel film è la fine, con un finale opposto a quello che è storicamente accaduto, io ho voluto raccontare poi quello che è accaduto prima: perché questa suora viene condannata ad essere murata viva; sempre a partire da questo luogo, da Bobbio, sentivo la necessità di raccontare anche il presente e da qui è nata la storia ispirata in modo vago a “L’ispettore Generale” di Gogol.
Prima ha parlato di Drammaturgia, una drammaturgia che è stata totalmente stravolta; la pellicola ricorda anche lo stile della Commedia dell’Arte in cui i personaggi si “riciclano” nei due atti. Quanto è legato alla commedia dell’arte stravolgendo la regia classica di Bellocchio a cui siamo abituati?
Non ci ho mai pensato. La domanda è molto interessante legata al fatto che gli stessi attori portano in scena ruoli diversi in entrambi gli atti, anche se la Commedia dell’Arte è basata sull’improvvisazione, sulle maschere che improvvisano. In questo senso, pur non avendoci mai pensato, può essere una connessione con l’Arte in generale.
Può rivelarci qualcosa del suo ultimo progetto Fai Bei Sogni tratto dal libro omonimo di Massimo Gramellini?
È stato un lavoro molto lungo, complesso e faticoso. Abbiamo terminato le riprese, a breve inizieremo il montaggio sperando di far uscire il film la primavera prossima; il cast è conosciuto e perfettamente in parte, il libro è stato rispettato nei suoi temi principali però ovviamente, siccome i linguaggi sono diversi, ci saranno anche delle variazioni. Speriamo, lo spero veramente, di non deludere i tanti appassionati del libro, riuscendo a far capire che sono due cose diverse però i temi, i grandi temi, sono quelli.
Sangue del mio Sangue di Marco Bellocchio, con Roberto Herlitzka, Pier Giorgio Bellocchio, Lidiya Liberman, Fausto Russo Alesi, Alba Rohrwacher, Federica Fracassi, Alberto Cracco, Bruno Cariello, Toni Bertorelli, Elena Bellocchio, Ivan Franek, Patrizia Bettini, Sebastiano Filocamo, Alberto Bellocchio e con l’amichevole partecipazione di Filippo Timi è al cinema dal 9 settembre, distribuito da 01 Distribution.