Intervista a Massimo Cantini Parrini: “Mi piacerebbe confrontarmi con il Settecento”
Abbiamo incontrato il pluripremiato costumista toscano, fresco vincitore del David di Donatello e del Nastro d’Argento per il Pinocchio di Matteo Garrone, a margine dell’evento speciale che il Prato Film Festival gli ha dedicato nel corso dell’ottava edizione.
I costumi creati per il Pinocchio di Matteo Garrone, che gli sono valsi una meritatissima doppietta ai David di Donatello e ai Nastri d’Argento di categoria, sono solo gli ultimi di una meravigliosa e sterminata collezione con la quale negli anni ha vestito i più importanti personaggi del cinema italiano e internazionale. A firmarli il pluri-decorato costume designer toscano Massimo Cantini Parrini, che abbiamo incontrato a margine dell’evento che lo ha visto protagonista nel corso della penultima giornata dell’ottava edizione del Prato Film Festival, laddove ha ricevuto il Premio Città di Prato dopo avere incontrato i visitatori della mostra temporanea dedicata agli abiti di scena e dei bozzetti realizzati per l’ultima fatica dietro la macchina da presa del cineasta capitolino, disponibile sino al 25 ottobre nella suggestiva cornice del Museo del Tessuto. Ecco cosa ci ha raccontato…
Massimo Cantini Parrini: la nostra intervista al pluridecorato costume designer durante il Prato Film Festival
Cosa hai portato nel tuo bagaglio professionale del periodo di formazione al fianco di grandi maestri come Piero Tosi e Gabriella Pescucci?
“Sicuramente ho fatto mia ogni singola lezione che mi hanno trasmesso, diventate strada facendo una parte importante del mio percorso di formazione. Lezioni, queste, che mi hanno permesso di approfondire quello che avevo iniziato a fare con la mia prima insegnante, la storica del costume fiorentina conosciuta a livello internazionale Cristina Giorgetti. Quindi sono arrivato al Centro Sperimentale con un bagaglio già ampio. In particolare, con Piero Tosi ho studiato costume approcciandolo in una maniera diversa, ossia disegnando. Il tutto accompagnato da lezioni di teoria e storia, ma anche da una serie di racconti personali che venivano da anni e anni di carriera alle spalle, perché alla fine a conti fatti sono proprio quelli che ti lasciano qualcosa di cui fare tesoro, molto di più della pratica. Pratica, invece, che ho potuto toccare con mano con la Pescucci, diventando suo aiuto prima e suo assistente poi, lavorando al suo fianco per circa undici anni in numerose produzioni di livello internazionale. Piero purtroppo ora non c’è più, mentre con Gabriella ci sentiamo praticamente ogni giorno per confrontarci sui rispettivi impegni. Ad oggi è grazie alla mia passione, ma soprattutto a loro se sono diventato quello che sono”.
C’è un elemento che ricorre nel tuo modus operandi?
“L’elemento ricorrente è sempre il passato, mentre il presente lo vivo come un fattore tangibile, nel quale si va a innestare, come nel caso di Pinocchio che prende forma e sostanza da una fiaba, anche quello fantastico. Ma di norma quando devo preparare un film vado in un museo che mi piace e anche se l’ho visitato altre volte sono sicuro che guardandomi intorno riesco a trovare l’ispirazione, la suggestione e l’idea giusta per creare nuovi costumi”.
Massimo Cantini Parrini: “Generalmente mi piace partire da elementi già esistenti“
Preferisci lavorare su elementi pre-esistenti o su una tabula rasa?
“Dipende dal tempo che si ha a disposizione, dipende se quelle cose che trovo sono tangibilmente vere e che mi consentono di lavorarci sopra. Generalmente mi piace molto partire da elementi già esistenti, che siano anche solo dei bottoni, ma che possono farmi accendere la lampadina e dare il via al processo creativo. Alla fine gli abiti che vengono fuori da tale processo sono comunque nuovi e la bellezza sta proprio in questo, ossia il ricreare un mondo partendo da quelle cose che ho studiato, che continuo a studiare e che ho sempre davanti agli occhi dalla mattina alla sera”.
C’è un costume tra i migliaia che hai confezionato al quale sei rimasto particolarmente affezionato e che più identifica il tuo modus operandi?
“In ogni film che faccio mi affeziono a qualche abito che creo, ma non ce n’è mai uno in particolare, anzi a dire il vero quando riguardo le cose che ho fatto rifarei sempre tutto da capo, perché l’appetito vien mangiando e mi capita di ripensare a dettagli o elementi che avrei potuto inserire nel costume di turno. Ciononostante mi affeziono a dei pezzi, perché in ogni abito che realizzo cerco di inserire qualcosa in grado di rimanere impresso nella memoria dello spettatore e che meriti di essere ricordato anche al termine della visione del film”.
Massimo Cantini Parrini: “I lavori più belli che ho fatto sino ad oggi sono quelli realizzati con budget ridotti”
Come cambia e se cambia il tuo approccio al film di turno in base al budget? Quante volte hai dovuto fare di necessità virtù?
“Tantissimi volte. Ogni film ha un budget diverso e purtroppo l’aspetto visivo è quello che in condizioni di ristrettezze economiche viene sempre più penalizzato. E tra l’altro non si capisce nemmeno il perché, visto che poi sullo schermo rappresenta l’elemento più tangibile. Un limite che è di “casa” soprattutto in Italia e che all’estero, invece, viene preso molto più in considerazione. Al netto però ritengo che tra i lavori più belli che ho fatto sino ad oggi sono proprio quelli realizzati con budget ridotti, ma non perché sono stato costretto a inventare chissà quale cosa, bensì per la necessità di andare diritti al punto senza sprechi di stoffe, modelli e idee”.
Tra le tue numerose collaborazioni, quella con Matteo Garrone è sicuramente quella che ti ha dato e che ti sta dando più soddisfazioni e riconoscimenti. Come nasce e si sviluppa il processo di creazione per i suoi film?
“In generale mi ritengo un artista sempre aperto a tutto, pronto ad accogliere i suggerimenti e le suggestioni altrui. Nel caso di Matteo, che è un regista molto aperto al dialogo esattamente come me, c’è sempre un grande confronto prima e durante ogni suo film, che porta ad avere molte carte sul tavolo che poi vengono accuratamente selezionate. Entrambi arriviamo molto preparati agli incontri, portando ciascuno il proprio bagaglio di idee e proposte. La bellezza del lavoro con lui sta proprio nel fatto che tu costumista puoi contare su una visione e una cultura ampie, doti che sono rare in un regista. Alla fine ci sono anche degli incastri magici quando arriva a propormi cose che io avevo già fatto, a riprova di una vera e propria sintonia che cresce film dopo film”.
Massimo Cantini Parrini: “Il lavoro di ricerca è importante per arrivare pronti al taglio del vestito e alla scelta del tessuto giusto”
C’è una corda, un genere o un qualcosa che non ti è stato ancora dato l’opportunità di affrontare e approfondire?
“Mi piacerebbe tantissimo confrontarmi con il Settecento, che è un periodo storico che non ho ancora avuto modo di affrontare. Nel momento in cui mi verrà data l’opportunità di farlo ne sarò felicissimo, ma non cambierà l’approccio e tantomeno il mio percorso di avvicinamento che parte sempre da una lunga documentazione e da uno studio attento che dura almeno due settimane. Un lasso di tempo che mi prendo sempre per chiarirmi le idee su quello che andrò a fare. È importantissimo il lavoro di ricerca per arrivare pronti al taglio del vestito e alla scelta del tessuto giusto”.
Se dovessi identificare con un tessuto, un abito o una tua creazione il momento che stiamo vivendo, cosa utilizzeresti?
“Non lo so. Forse utilizzerei qualcosa che protegge tutti indistintamente, ma che purtroppo ancora non esiste, perché si tratta di un virus talmente insidioso e pericoloso che ci vorranno diversi anni prima che si possano fare degli abiti in grado di difendere al 100% chi li indossa”.