Intervista a Stefano Lodovichi: regista di In fondo al bosco
In fondo al bosco, secondo film del cineasta italiano Stefano Lodovichi e prima produzione cinematografica di Sky arriva al cinema giovedì 19 novembre. Dopo averlo visto in anteprima e recensito per voi, abbiamo avuto la fortuna di scambiare due chiacchiere con il regista, che ha accettato con molta disponibilità di rispondere alle nostre curiosità, svelandoci i dettagli della sua nuova pellicola con Filippo Nigro, Camilla Filippi e Teo Achille Caprio.
Intervista a Stefano Lodovichi: sono un bambino che assorbe quello che vede come una spugna […] In fondo al bosco è figlio delle atmosfere tipiche dei grandi film di genere che mi hanno educato al bello
In fondo al bosco predilige un tema cupo e atmosfere tipicamente thriller: qual è la ragione di questa scelta?
L’idea è nata durante i sopralluoghi per la scrittura del mio primo film Aquadro. Ero con Davide Orsini in Trentino Alto Adige quando ci siamo imbattuti nella festa dei Krampus. Quei diavoli che sfilavano tra le valli innevate delle Dolomiti ci sono rimasti dentro finché, con l’aggiunta di Isabella Aguilar, abbiamo deciso di raccontare una storia che fosse adatta a quelle maschere e all’ambiguità inquietante delle atmosfere montane. Il thriller ci sembrò quindi il genere più adatto da esplorare pur modificandolo in base ai nostri gusti e alle nostre esigenze narrative. Per questo In fondo al bosco non è un semplice thriller ma vive di componenti mistery e noir.
Si tratta, di fatto, della prima produzione originale di Sky per il cinema: ha sentito la pressione, durante la lavorazione, per una responsabilità di questa portata? Com’è stato lavorare con un colosso dell’intrattenimento come Sky?
Lavorare con Sky ti fa capire che non soltanto è possibile ma è doveroso cercare storie importanti da raccontare. Storie che non guardino soltanto ai confini italiani ma che possano essere interessanti per un pubblico internazionale. Confrontarsi con Sky è quindi parlare con il suo pubblico, un pubblico educato ed esigente che ha la possibilità di scegliere cosa guardare tra i grandi film che passano ogni giorni.
Il film evoca echi di registi importanti come Hitchcock, Polanski, Nolan: quanto c’è di questi Mostri Sacri nella Sua cinematografia?
I mostri sacri sono i naturali riferimenti di chi sa che è agli inizi di un percorso. Sono prima di tutto uno spettatore e come tale forse sono ancora un po’ un bambino che assorbe quello che vede come una spugna. Ci sono grandissimi film che mi hanno educato al bello e un film come In fondo al bosco è ovviamente figlio di quelle atmosfere tipiche di grandi film di genere. Sono cresciuto con il cinema americano di intrattenimento. Ma se penso a Spielberg non penso a un regista che, parlando a un grandissimo pubblico, si è limitato. Anzi, ha avuto la possibilità di raccontare le sue storie a tutti e nel farlo ha cambiato la storia del cinema. La mia voglia è la stessa, cioè quella di raccontare storie a più persone possibile.
Si è sentito libero, durante la lavorazione, di sviluppare la Sua idea originale?
Il percorso del film è stato il solito percorso di sviluppo e scrittura di un’idea. Insieme a Sky e Onemore Pictures abbiamo portato avanti il film che volevamo fare.
La tematica di fondo della pellicola è quanto mai attuale: si aspetta che il film possa avere un impatto a livello sociale sulla nostra quotidianità?
Non credo che avrà un impatto a livello sociale. Mi auguro che se ne parli ma come film. La storia del film è una storia universale, una storia di vite spezzate e di solitudine.
La Sua prima opera, Aquadro, raccontava la storia di due adolescenti apparentemente come tanti ma che nascondevano oscuri segreti: In fondo al bosco rappresenta un allontanamento da quel primo film o più una evoluzione?
È sicuramente un’evoluzione. È l’evoluzione dell’ambiguità che nasce da ragazzi e cresce dentro di noi e finisce, spesso, per guidare le nostre azioni. La ricerca, se volessimo indicarla come tale, è proprio quella di cercare di capire fin dove può spingersi l’uomo.
È soddisfatto dell’interpretazione dei protagonisti, Filippo Nigri e Camilla Filippi? Com’è stato dirigerli?
Lavorare con loro è stato incredibile. Hanno portato la loro esperienza e sensibilità all’interno della storia. Da grandi professionisti e persone meravigliose, hanno contribuito allo sviluppo e alla ricerca delle sfumature dei personaggi, mettendosi al servizio delle esigenze produttive o delle mie richieste artistiche. Si sono fatti guidare da me in un percorso di condivisione e scambio continui.
Progetti futuri?
Sono tantissimi. Tanti quante le idee che mi girano in testa appena mi sveglio. Sto pensando anche a un film d’avventura per un pubblico anziano. Una sorta di Indiana Jones per un pubblico over 75, ambientato in Toscana. Ma non posso dire più di questo anche perché non sempre le idee riescono a concretizzarsi.
Grazie per aver chiacchierato con noi!
Grazie a voi. Buona visione a tutti!
Ringraziamo Stefano Lodovichi per le sue risposte e la sua disponibilità. Se vi abbiamo incuriositi, non vi resta che andare al cinema e guardare In fondo al bosco.